12 Il nesso di causalità
L'individuazione in capo al sanitario di una
responsabilità in ordine all'evento dannoso verificatosi è strettamente legata alla
riconducibilità causale[1] dell'evento
all'azione od omissione del sanitario.
Il tema fondamentale del nesso di causalità assume,
anche e soprattutto in questa disamina, un ruolo del tutto peculiare, stante
l'implicazione con altri temi qui appena accennati, quale il problematico
rapporto tra medici legali o comunque specialisti che operano anche come consulenti di
parte o d'ufficio da un lato e gli altri operatori sanitari dall'altro.
Ai fini della
corretta determinazione del rapporto di causalità, trovano applicazione, anche in sede
civilistica, i principi espressi nelle norme penali di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen.,
in conformità con quanto affermato dalla giurisprudenza della Cassazione[2].
Il nodo che il disposto normativo lascia irrisolto, e
sul quale dottrina e giurisprudenza hanno prodotto gli sforzi interpretativi più
consistenti, è quello dell'esatta configurazione del rapporto tra evento dannoso e
l'azione od omissione. Secondo la formulazione tradizionale della teoria[3] della condicio sine qua non sono
<<causa>> dell'evento gli antecedenti senza il verificarsi dei quali l'evento
non si sarebbe prodotto, individuati sulla scorta del processo della c.d. eliminazione
mentale secondo il quale la condotta è condicio sine qua non dell'evento <<se non
può essere mentalmente eliminata senza che l'evento stesso venga meno>>[4].
Pertanto sarà da analizzare, sotto il profilo
etiologico, l'iter etiopatogenetico, riferendosi al modello della c.d. sussunzione sotto
leggi scientifiche, secondo il quale l'antecedente storico assume rilievo, dal punto di
vista della ricerca etiologica, quando può affermarsi, sulla scorta delle risultanza
scientifiche, che entra a far parte del novero di quegli antecedenti che, secondo una
<<successione regolare, omogenea e conforme ad una legge dotata di validità
scientifica>>, determinano eventi del tipo di quello in concreto verificatosi.
Il rilevo che l'art. 1223 cod. civ.[5], relativo al risarcimento del danno
da inadempimento -richiamato dall'art. 2056 cod. civ. e pertanto applicabile anche al
risarcimento in materia di responsabilità aquiliana- limiti il risarcimento medesimo alla
<<conseguenza immediata e diretta>>, non attiene, come osservato dal Barni[6], alla necessità di intravedere un
criterio cronologico e di congruità, ma indica piuttosto i contorni del contenuto della
responsabilità stessa. E di tale impostazione sembra essersi appropriata anche la Corte
di Cassazione[7] quando ha affermato che <<ai fini del sorgere dell'obbligazione di risarcimento, il nesso di
causalità tra fatto illecito ed evento dannoso può essere anche indiretto e mediato, essendo all'uopo sufficiente che il primo
abbia posto in
essere uno stato di cose senza
il quale il secondo non si sarebbe prodotto e che il danno si
trovi con
tale antecedente necessario in un rapporto eziologico
normale e non fuori
dell'ordinario>>.
In conclusione il criterio della regolarità casuale
fungerebbe da correttivo del criterio espresso dall'art. 1223 cod. civ., nel senso di
ricomprendere nell'area dei danni risarcibili
anche quelli che, pur essendo mediati e indiretti, <<rientrano tuttavia nella serie
delle conseguenze normali ed ordinarie del fatto [
]>>[8].
Le connessioni
con la configurazione del regime eventualmente diversificato dell'onere della prova
saranno trattate nel paragrafo successivo.
Sotto il profilo medico-legale il nodo della
questione, al quale ritengo opportuno accennare, è per dirla con un'espressione del Fiori[9], <<il problema della
discendenza da un fattore causale di rilevanza giuridica>>. Se infatti l'iter
patogenetico del danno, che è il percorso tra l'evento dannoso e la sua etiologia[10], in talune circostanze risulta
palese e scientificamente certo, in altri casi si consegue solo agli esiti di uno studio,
quello per l'appunto patogenetico, sui ritmi, tempi e modi di sviluppo.
Quindi il compito del medico legale, nella sua
funzione di ausilio alla decisione del giudice, è quello di verificare la causalità
materiale dal punto di vista etiopatogenetico, nonché la causalità giuridica sotto il
profilo della responsabilità giuridicamente rilevante. Ma non potendosi conseguire di
norma giudizi improntati alla certezza sull'iter patogenetico del danno, soccorreranno il
medico legale e la successiva valutazione del giudice i criteri che discendono
dall'applicazione del principio della probabilità statistica, al quale ha attinto
copiosamente la stessa giurisprudenza[11].
Nell'ottica
dell'adeguamento di tali metodologie alle nuove tecniche di elaborazione dei dati e di
consultazione delle basi di dati, può risultare d'ausilio, alla formulazione di
valutazioni probabilistiche, anche l'elaborazione che il calcolatore è in grado di
offrire all'operatore che lo consulti, soprattutto, come in questo caso, quando ci si
trovi a porre in essere giudizi che tanto più sono consapevoli quanto più possono, sotto
questo profilo, essere il risultato della valutazione di una quantità di dati più
consistente possibile. Il vero ostacolo, o meglio la vera professionalità dell'interprete
di questi dati, così come elaborati dalla macchina, sta nella capacità di farne un uso
che funga da ausilio all'applicazione di consapevoli criteri di valutazione, senza
dimenticare che comunque l'elaborazione elettronica dei dati può tenere in considerazione
solo le varianti che sono state inserite preventivamente, e che pertanto fornisce
risultati di operazioni matematiche da valutarsi congruamente.
Il rischio che
secondo alcuni autori[12] si cela
dietro l'introduzione del criterio probabilistico nella valutazione del nesso di
causalità, è quello di estremizzare la
valutazione, confondendo la ricorrenza del dovere del medico d'intervenire per tentare di
salvare il malato, con l'individuazione del nesso di causalità.
Si intende con ciò affermare che se da un lato il
dovere del medico d'intervenire per salvare il malato sussiste anche quando le
probabilità di guarigione sono minime, altra dovrebbe essere la valutazione in termini
probabilistici ove si volgesse l'attenzione alla ricorribilità del nesso di causalità
tra la condotta del medico e l'evento dannoso. La necessità di configurare e adeguare la
teoria della condicio sine qua non, pur integrata dalle valutazioni in termini di
probabilità, si pone sul piano anche dell'individuazione e valutazione -in senso
negativo- di fattori eccezionali che turbino il processo di causalità che si dice
adeguata, volendo in tal modo significare l'esigenza che non siano imputati all'azione od
omissione del sanitario quegli eventi dannosi che non rientrano nel normale sviluppo
etiopatogenetico, in quanto <<anormali e atipici>> ovvero eccezionali,
giacché posti al di fuori del processo causale anzidetto.
Avv. Nicola Todeschini
www.studiolegaletodeschini.it
membro dello Studio Legale
Consumerlaw
[1] A. E S.
BALDASSARRI, La responsabilità civile del
professionista, Coll.: il diritto privato oggi, Milano, 1993, 653 e segg.
[2] Cass. civ.
sez. III, 15 gennaio 1996, n. 268: <<Nel caso che l'evento dannoso si ricolleghi
a piu' azioni o omissioni, il
problema del concorso delle
cause trova soluzione nell'art. 41 c.p., secondo cui, in presenza di una pluralita' di fatti imputabili a
piu' persone, a tutti deve riconoscersi
un'efficacia causativa ove abbiano determinato una situazione tale che senza di essi
l'evento, sebbene prodotto dal fatto avvenuto per ultimo,
non si sarebbe verificato. Qualora, invece, la causa
sopravvenuta sia stata da sola
sufficiente a determinare l'evento, questa puo' assurgere a causa efficiente esclusiva, in quanto,
inserendosi nella successione dei
fatti, toglie ogni legame tra le cause remote e l'evento. (Nella specie, sei uomini spingevano, di notte, lungo il
ciglio della strada, una betoniera; sopraggiungeva un motociclo che, benche'
il trasporto fosse segnalato mediante una lampada bianca, andava
a scontrare contro la betoniera; questa
perdeva equilibrio e schiacciava uno degli uomini che la trasportava, causandone la morte.
La S.C., in applicazione dell'enunciato
principio, ha confermato la sentenza del merito,
la quale aveva escluso che l'instabilita'
propria della betoniera potesse costituire una causa
sopravvenuta di per se' idonea a determinare l'evento e ad interrompere il nesso di causalita' con l'investimento ad opera del
motociclista, attribuendo, pertanto la responsabilita' del fatto, per il 40%, a
quest'ultimo e, per il
60%, alla
vittima ed ai suoi compagni).>>
Vianello c. Busetto e altro, in Giust. civ.
Mass., 1996, 48; in Danno e resp.,1996,
521.
Cfr. anche Cass.
civ. sez. III, 27 maggio 1995, n. 5923: <<In materia di responsabilita'
aquiliana, il rigore del principio dell'equivalenza delle cause, posto dall'art. 40
c.p., in base al quale, se la produzione
di un evento dannoso e' riferibile a
piu' azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza
causale, trova il suo temperamento solo nel principio della causalita' efficiente,
desumibile dal
comma 2 dell'art. 41 dello stesso
codice, in base al quale l'evento dannoso deve
essere attribuito esclusivamente all'autore della
condotta sopravvenuta, solo se questa azione
risulti tale da rendere irrilevante le altre cause
preesistenti, ponendosi al di fuori
delle normali linee di sviluppo della serie causale gia' in atto >>. Onesto e
altro c. Min. difesa, in Giust. civ. Mass,
1995, 1093.
[3] M. BILANCETTI,
La responsabilità penale e civile del medico, II
ediz., Padova, 1996, 51 e segg.
[4] Ibidem, 52.
[5] Art. 1223. - Risarcimento del danno
Il risarcimento del
danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal
creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.
[6] M. BARNI, Il rapporto di causalità materiale in medicina legale,
Milano, 1991, 30 e segg.
[7] Si tratta
della Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 1989 n. 65, Fondi c. ENEL, in Giust. civ. Mass., 1989, fasc. 1.
[8] Cass. civ. ,
sez. lav., 19 luglio 1982, n. 4236, in Giust. civ.,
1983, I, 523; Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 1987 n. 7467, Violini c. D'Alberto, in Giust. civ. Mass., 1987, fasc.10.
[9] A. FIORI, Un discorso nel metodo, in Riv. It. Med. Leg., 7, 1985, 687 e segg., così
come citato da M. BARNI, op. cit., 30 e segg.
[10] Ibidem, 33 e segg.
[11] Cfr. Cass.
penale sez. IV, 17 gennaio 1992: <<In tema di
responsabilità per colpa professionale del medico, nella ricerca del nesso
di causalita'
tra la condotta dell'agente e
l'evento, al
criterio della certezza degli effetti della condotta lesiva si puo' (e
si deve, occorrendo) sostituire il criterio della probabilita',
anche limitata, di tali effetti e della idoneita' della condotta a produrli;
ne consegue
che il rapporto di causalita'
sussiste anche quando l'opera del sanitario, se
correttamente e tempestivamente intervenuta, avrebbe avuto non gia' la certezza,
bensi' soltanto serie ed apprezzabili
possibilita' di successo, tali che la vita del paziente sarebbe stata, con una certa
probabilita', salvata (nella specie, trattasi
di omicidio colposo per tardiva
diagnosi di infezione tetanica in donna
sottoposta a taglio cesareo; i giudici di merito avevano ritenuto il nesso causale tra la
condotta omissiva del medico e l'evento
letale, sussistendo la probabilita' del 30%
che un corretto e tempestivo intervento
terapeutico avrebbe avuto esito positivo)>>. Silvestri e altro, in Dir. famiglia, 1992, 580 (nota); e in Nuova giur. civ. commen., 1992, I, 358 (nota).
E ancora: Cass. pen.
sez. IV, 11 novembre 1994: <<In tema di colpa professionale, sussiste responsabilita' del
medico che colposamente ometta un intervento chirurgico necessario, quando
anche esso non
sia tale da garantire in termini di certezza
la sopravvivenza del paziente, se vi
sia una
limitata purche' apprezzabile probabilita'
di successo, indipendentemente da una
determinazione matematica percentuale di questa.>> Presta e altro, in Cass. pen., 1996, 1442 (s.m.);
Cass. civ. sez. III,
16 novembre 1993, n. 11287: <<Con riguardo alla sussistenza del
nesso di causalita' fra lesione personale ed
un intervento chirurgico, al fine
dell'eventuale responsabilita' risarcitoria dell'autore di tale intervento, ove il ricorso
alle nozioni di patologia medica e medicina
legale non possa fornire un grado di certezza assoluta, la ricorrenza del suddetto rapporto di causalita'
non puo' essere esclusa
in base
al mero rilievo di margini di relativita', a fronte di un serio e ragionevole
criterio di probabilita' scientifica.>> Dettori c. Pistoro, in Giust. civ. Mass., 1993, fasc.11;
Cass. civ., sez.
lav., 20 dicembre 1986 n. 7801: <<Per accertare
se una condotta
umana sia o
meno causa, in senso giuridico,
di un determinato evento, e' necessario stabilire un confronto
tra le conseguenze che, secondo un giudizio di probabilita' "ex ante", essa era idonea a provocare
e le conseguenze in realta' verificatesi, le quali,
ove non prevedibili ed evitabili, escludono il rapporto eziologico tra il comportamento umano e l'evento,
sicche', per la riconducibilita' dell'evento ad un
determinato comportamento, non e' sufficiente che tra l'antecedente ed il dato
conseguenziale sussista un rapporto di sequenza, occorrendo invece che tale rapporto integri gli estremi di sequenza
costante, secondo un calcolo di regolarita' statistica,
per cui l'evento appaia come una conseguenza normale dello antecedente [
].>>
Balotta c. Federazione Italiana consorzi agrari, in
Giust. civ. Mass., 1986, fasc. 12.
[12] M.
BILANCETTI, op. cit., 59.