14 La
responsabilità professionale del medico dipendente
del Servizio Sanitario Nazionale
Per
affrontare la disamina del problema di emergenza non certo antica, seguirò soprattutto,
dato il pressoché silente atteggiamento di dottrina e giurisprudenza, antecedente alla
fondamentale sentenza della Corte di Cassazione n. 2144 del 1988, il ragionamento della
Suprema Corte nella predetta sentenza, nonché i commenti dottrinali che ne sono seguiti[1].
La scelta che
l'interprete si trova a dover operare è strettamente ricollegata all'analisi dell'art. 28
d.p.r. 761/79 nei suoi rapporti con la disciplina del codice civile in merito alle
professioni intellettuali.
Infatti
l'art. 28 d.p.r. 761/79, rinviando al t.u. degli impiegati civili dello Stato,
introdurrebbe una differente disciplina per i medici dipendenti pubblici rispetto a quelli
privati, comportando l'obbligo del medico dipendente di rispondere personalmente dei danni
arrecati ad altri nell'esercizio delle proprie attribuzioni solo se si tratti di danno
ingiusto -violazione di un dritto soggettivo commesso con dolo o colpa grave- mentre negli
altri casi il terzo danneggiato potrebbe soltanto agire contro la pubblica amministrazione
che avrebbe poi facoltà di rivalersi nei confronti del proprio medico dipendente.
La disparità
di trattamento che ne deriverebbe, invero non del tutto comprensibile, potrebbe superarsi
considerando l'art. 28 norma generale e valorizzando la specialità della disciplina
dettata dal codice civile in merito alle professioni intellettuali, che troverebbe
pertanto applicazione anche in riferimento ai medici dipendenti.
Ebbene, nella
sentenza in commento il ricorrente ha invocato per l'appunto l'applicazione dello statuto
per gli impiegati civili dello stato. Ma la risposta della Suprema Corte è stata netta:
Il motivo e'
destituito di fondamento.
E'
amministrazione pubblica l'attivita' concreta svolta dallo Stato o da altro ente pubblico
per la realizzazione di interessi generali. Nell'ambito di tale attivita', indirizzata al
conseguimento di quei fini, lo Stato o altro ente pubblico esercita poteri pubblicistici,
che possono incidere, direttamente o indirettamente, su diritti soggettivi di privati.
Diversa e' la
natura dell'attivita' svolta dallo Stato o da altro ente pubblico nello svolgimento di un
servizio pubblico. I servizi pubblici, assunti ed organizzati dallo Stato o da altro ente
pubblico, che li gestisce, sono predisposti a vantaggio e nell'interesse dei privati, che,
fattane richiesta, ne usufruiscono. Non esiste, in tal caso, una posizione di potere dello
Stato o dell'ente pubblico che gestisce il servizio; a differenza dell'attivita'
amministrativa svolta per la realizzazione di interessi generali.
Il privato, fattane richiesta, ha un diritto
soggettivo alla prestazione del servizio pubblico in suo favore; e al diritto soggettivo
del privato corrisponde, ed e' correlato, il dovere di prestazione dello Stato o del
diverso ente pubblico in favore del privato richiedente. A seguito e per effetto della
richiesta, si costituisce, quindi, un rapporto giuridico, di natura pubblicistica, tra il
privato e lo Stato o il diverso ente pubblico, strutturato dal diritto soggettivo del
primo alla prestazione del servizio pubblico e dal dovere del secondo di eseguire la
prestazione.
Quanto poi
alla configurazione, nell'alternativa tra responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale, del rapporto, la Suprema Corte esclude che si tratti di responsabilità
extracontrattuale, giacché sussiste, al contrario, un rapporto giuridico all'interno del
quale la prestazione viene prestata. Inoltre il riconoscimento che l'attività prestata è
certo di tipo professionale, e del tutto simile a quella posta in essere dal libero
professionista, porta ad affermare la necessità di un'interpretazione analogica e
dell'applicabilità quindi delle regole che disciplinano la responsabilità professionale
medica in esecuzione di un contratto d'opera professionale. Poste queste premesse
l'applicabilità anche dell'art. 2236 cod. civ. sembrerebbe essere conseguenza immediata.
Sgombrato il
campo dai dubbi che assillavano la configurabilità del tipo di prestazione dei medici
dipendenti, la Corte di Cassazione passa ad analizzare i rapporti tra la responsabilità
dell'ente e quella del medico, fondando la propria ricostruzione sulla lettura dell'art.
28 Cost., conseguendone l'affermazione della responsabilità del medico oltre a quella
dell'ente, e valutando la medesima tipologia di attività anche in capo al medico
dipendente, ne deduce l'applicabilità delle norme sancite nel codice civile.
Altre pronunce
successive[2], basandosi sulla presente, hanno
confermato l'impostazione che si è cercato d'illustrare, spingendosi anche alla disamina
dei casi simili[3].
Ma per
un'analisi più approfondita del tema si rimanda a quanto osservato più oltre in tema di
responsabilità civile degli enti ospedalieri, al capitolo quinto.
Concludendo, e
riprendendo il filo del discorso relativo alla configurabilità del concorso di
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, potrebbe dirsi che l'ente ospedaliero
risponde nei confronti del paziente danneggiato secondo i canoni della responsabilità
contrattuale, dato il rapporto giuridico esistente, mentre il sanitario che in particolare
ha prestato la propria opera nella fattispecie, risponderà secondo lo schema della
responsabilità extracontrattuale per il danno cagionato, non sussistendo, in capo allo
stesso, responsabilità fondata su un pregresso rapporto giuridico diretto con il paziente
danneggiato. E ancora, in adesione alla teoria del cumulo di responsabilità può dirsi
che il paziente potrà scegliere se agire nel confronti dell'ente ospedaliero anche per
illecito extracontrattuale, essendo stato comunque colpito un bene tutelato erga omnes
anche a prescindere da un rapporto giuridicamente rilevante con l'ente ospedaliero
medesimo.
La scelta,
ben inteso, avverrà sulla scorta di una valutazione del danneggiato che terrà conto
delle differenze di disciplina, dell'eventuale decorso del termine prescrizionale più
breve, anche se l'auspicato avvicinamento dei criteri di disciplina delle due forme di
responsabilità potrà forse in futuro allineare ancor di più le stesse, anche per il
tramite di appositi interventi legislativi.
In conclusione
è opportuno accennare all'azione di rivalsa dell'ente ospedaliero nei confronti del
medico dipendente, una volta accertata la responsabilità di quest'ultimo e osservare che
la giurisdizione spetta alla Corte dei Conti[4]
.
Avv. Nicola
Todeschini
www.studiolegaletodeschini.it
membro dello Studio Legale
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[1] Si tratta della Cass. civ., sez. III, 1 marzo 1988 n.
2144, Balestra c. Scanga e altro, in Resp. civ. e
prev. 1988, 992 (nota), in Giur. it., 1989,
I,1,300, in Dir. e prat. assicur., 1989, 298
(nota), nonché soprattutto in Foro it., 1988,
2296 con nota di A. PRINCIGALLI.
[2] Cfr. Cass. civ. sez. III, 27 maggio 1993, n. 5939:
<<La responsabilita' dell'Ente ospedaliero,
gestore di un servizio
pubblico sanitario, e del medico suo dipendente per i danni subiti da un privato a
causa della non diligente esecuzione della prestazione medica, inserendosi nell'ambito del rapporto giuridico pubblico (o privato), tra
l'ente gestore ed il privato che ha
richiesto ed usufruito del servizio, ha
natura contrattuale di tipo professionale. Ne consegue che la responsabilita' diretta dell'ente e quella del medico, inserito organicamente nella organizzazione del servizio,
sono disciplinate in via analogica dalle
norme che regolano la responsabilita' in tema
di prestazione professionale medica in esecuzione
di un contratto di opera professionale, senza che possa trovare applicazione
nei confronti del medico la normativa prevista dagli art. 22 e 23 del d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3 con riguardo
alla responsabilita' degli impiegati civili dello Stato per gli atti compiuti in violazione dei diritti dei
cittadini.>> Panfili c. Boghi, in Giust. civ.
Mass., 1993, 933 (s.m.);Cass. civ. sez. III, 22 novembre 1993, n. 11503, Guglielmini
c. Usl, in Rass. dir. civ., 1995, 908 nota
(VENNERI).
[3] Cfr., per il caso della clinica privata, Tribunale
Napoli, 15 febbraio 1995: <<Il ricovero di un paziente in una casa di cura privata e' caratterizzato dalla nascita di un contratto a prestazioni
corrispettive avente ad oggetto, da parte dell'ente, l'obbligo di porre in essere
un'attivita' sanitaria polivalente non
dissimile, nella sostanza, da
quella apprestata da un ospedale, costituendo la prestazione
del medico operante il profilo essenziale e
maggiormente qualificante della suddetta attivita'
e a
nulla rilevando che il medico operi in quel centro una o infinite volte. Ne
consegue che, in caso di erronea esecuzione dell'operazione
chirurgica, la casa di cura privata risponde
ex art. 2049 c.c. solidalmente con il medico
dei danni
prodotti, essendo sufficiente che vi
sia un potere di direzione e vigilanza
dell'ente privato sull'attivita' del medico, in virtu'
di un rapporto non occasionale ma non necessariamente
di lavoro subordinato, che puo' essere anche
temporaneo e non continuativo.>> Cosentino c. Magli e altro, in Foro napoletano, 1996, 76; in Gius. 1996, 87 (s.m.).
E ancora si veda Tribunale Roma 28 giugno 1982:
<<L'attivita' che un chirurgo, libero
professionista, svolge presso una casa di cura privata, quanto
meno in
virtu' di un non
occasionale rapporto d'esecuzione d'opere, comporta,
per sua natura, un vincolo di dipendenza, sorveglianza e vigilanza tra la casa
di cura committente ed il chirurgo preposto; ne consegue che, in caso di danni derivanti da un intervento chirurgico erroneamente eseguito per
imperizia dell'operatore, oltre alla responsabilita' di costui verso il paziente per il fatto illecito
(ex art.
2043 c.c.) sussiste, con vincolo
solidale, la responsabilita' contrattuale (ex art. 1218 e 1228 c.c.) ed extracontrattuale
(ex art. 2049 c.c.) della predetta casa di
cura>>. G Z c. A F e altro, in Temi romana,
1982, 601 (nota).
[4] Cfr. Cass. civ., sez. un., 15 luglio 1988 n. 4634: <<Spetta alla giurisdizione della corte dei conti l'azione di rivalsa promossa da ente ospedaliero (poi trasformato in U.S.L.) nei confronti del dipendente a seguito d'intervenuta condanna al risarcimento dei danni arrecati a terzi (nella specie lesioni personali provocate da un medico nel corso di un intervento chirurgico), atteso che l'art. 103 cost. attribuisce al giudice contabile tutte le ipotesi di responsabilita' per danni arrecati agli enti pubblici da persone aventi con questi vincoli d'impiego o comunque di servizio, come conseguenza della violazione di tali rapporti, tra i quali rientrano, in carenza di esplicite deroghe legislative, i rapporti tra U.S.L. e propri dipendenti>>. Lucherini c. Comune Roma in Riv. corte conti 1988, fasc. 4, 236.