1 Professioni intellettuali e contratto d'opera
La disamina del complesso problema della responsabilità civile del sanitario include un accenno alla nozione di professione intellettuale che emerge dal codice civile e soprattutto dall'elaborazione dottrinale.
La professione intellettuale, per dirla con il Cattaneo[1], consiste in quelle attività, di particolare pregio per il loro carattere intellettuale, che trovano il loro elemento qualificante proprio nella prestazione dell'opera puramente creativa, a significare la peculiarità che si ravvisa nell'apporto offerto dall'intelligenza e dalla cultura del professionista medesimo.
L'ulteriore elemento caratterizzante, rappresentato dall'autonomia di azione nella prestazione dell'opera professionale, va inteso non in senso assoluto, al punto da renderlo equivalente al concetto di libera professione, poiché se è vero che il libero professionista è sempre anche professionista intellettuale, non è vero il contrario, ben potendo quest'ultimo, come nella pratica spesso accade, prestare la propria opera inquadrato in un rapporto di lavoro subordinato; su tutti l'esempio del medico dipendente dell'ente ospedaliero.
Si segnala altresì il carattere della discrezionalità quale elemento caratterizzante la categoria in esame, che rappresenta la libertà di esercitare la propria professione, ben inteso anche nel caso di inquadramento in un rapporto di lavoro subordinato, con piena autonomia in ordine alle modalità di estrinsecazione dell'attività stessa. Tale aspetto risulta poi di tutta evidenza ed importanza nella professione intellettuale del sanitario anche in funzione delle sue prerogative e responsabilità.
E ancora, l'art. 2232 cod. civ., al primo comma, mette in luce un'altra essenziale caratteristica, ossia il carattere personale della prestazione, alludendo al rapporto fiduciario che si instaura tra il professionista e il suo cliente, avendo quest'ultimo diritto che il professionista presti personalmente la propria opera. Nell'adempimento della propria prestazione il professionista potrà poi avvalersi dell'ausilio di sostituti o ausiliari[2], sempre comunque sotto la propria responsabilità e direzione, in modo da non far venir meno la peculiarità del succitato legame.
Il trattamento che il codice civile riserva ai professionisti intellettuali, in considerazione della peculiarità della loro prestazione, consiste sia di aspetti "favorevoli", rappresentati ad esempio dalla disciplina contenuta negli artt. 2233 e 2234 cod. civ.[3] relativamente al compenso nonché alle spese ed agli acconti, ovvero nel disciplinare la responsabilità dello stesso art. 2236 cod. civ. -anche se l'interpretazione giurisprudenziale ha gradatamente eroso l'ambito di applicazione- sia da aspetti non certo di favore quale quello che emerge dalla lettura dell'art. 2237 cod. civ.[4] sulla facoltà di recesso del cliente. Invero, come rilevato dal Gabrielli, il trattamento di favore riservato al cliente -il quale, recedendo, non è tenuto a risarcire alla controparte il lucro cessante, a termini di contratto- si giustifica infatti in forza della tradizione, la quale, sottolineando il carattere liberale dell'attività dispiegata dal professionista, comporta per quest'ultimo una serie di privilegi, per solito favorevoli, ma eventualmente anche odiosi[5].
Nella maggior parte dei casi quindi, il professionista esercita la propria attività in esecuzione di un contratto d'opera intellettuale[6]
disciplinato dagli artt. 2229 e segg. cod. civ., concluso con il cliente al momento in cui quest'ultimo gli conferisce l'incarico. Oltre agli obblighi stabiliti dagli artt. 2224 e 2232 cod. civ., il professionista ha degli ulteriori obblighi[7] che gli derivano dalle regole di correttezza, nonché dall'interpretazione del contratto secondo buona fede, infine dalla sua integrazione secondo gli usi e l'equità.
Peraltro il professionista può esplicare la propria attività anche inquadrata in un rapporto di lavoro dipendente, ad esempio con l'ente ospedaliero, in tali casi essendo con quest'ultimo che il paziente conclude un contratto[8]; pertanto il Servizio Sanitario Nazionale sarà tenuto ad erogare una prestazione medica del medesimo contenuto di quella che avrebbe dovuto erogare il medico libero professionista[9], trattandosi comunque, limitatamente -ben inteso- a ciò che riguarda l'intervento del medico, di contratto d'opera di un professionista intellettuale[10]. Peraltro la dottrina più recente ha variamente argomentato in tema di configurazione di una fattispecie complessa, rintracciabile sulla scorta di una valutazione globale della prestazione erogata dalla struttura organizzata, per l'esame della quale si rimanda a quanto scritto più oltre, nella sede più opportuna.
Avv.
Nicola Todeschini
www.studiolegaletodeschini.it
membro dello Studio Legale
Consumerlaw
[1]
G. CATTANEO, La responsabilità del professionista,
Milano, Giuffrè, 1958.
[2]
Sul punto si veda il paragrafo relativo alla responsabilità per fatto degli ausiliari.
[3]
Art. 2233. - Compenso
Il
compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe
o gli usi, è determinato dal giudice, sentito il parere dell' [associazione
professionale] a cui il professionista appartiene. In ogni caso la misura del compenso
deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione.
Gli
avvocati, i procuratori e i patrocinatori non possono, neppure per interposta persona,
stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle
controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni.
Art.
2234. - Spese e acconti
Il
cliente, salvo diversa pattuizione, deve anticipare al prestatore di opera le spese
occorrenti al compimento dell'opera e corrispondere, secondo gli usi, gli acconti sul
compenso.
[4]
Diversamente, la disciplina più generale del contratto d'opera di cui all'art. 2227 cod.
civ., pone il mancato guadagno della controparte a carico di chi esercita la facoltà di
recesso.
Art. 2237.
- Recesso
Il
cliente può recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d'opera le spese sostenute
e pagando il compenso per l'opera svolta.
Il
prestatore d'opera può recedere dal contratto per giusta causa. In tal caso egli ha
diritto al rimborso delle spese fatte e al compenso per l'opera svolta, da determinarsi
con riguardo al risultato utile che ne sia derivato al cliente.
Il
recesso del prestatore d'opera deve essere esercitato in modo da evitare pregiudizio al
cliente.
[5]
Sul tema del recesso unilaterale si veda G. GABRIELLI, Vincolo contrattuale e recesso unilaterale, Quaderni
di giurisprudenza commerciale, n. 76, Milano, 1985, 79.
[6]
M. ZANA, Responsabilità del professionista, in
Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma, 1991. A. e S.
BALDASSARRI, La responsabilità civile del
professionista, Milano, Giuffrè, 1993, 7 e segg.
[7]
C. ASSANTI, Le professioni intellettuali e
contratto d'opera, in Tratt. dir. priv., P. Rescigno,
XV, Torino, 1986, 1493.
[8]
A titolo esemplificativo si legga la massima di Cass. civ., sez. III, 24 marzo 1979 n.
1716, QL'accettazione del paziente
nell'ospedale, ai fini del ricovero oppure di una
visita ambulatoriale, comporta la conclusione
di un contratto d'opera professionale tra il paziente e l'Ente ospedaliero, il quale assume a proprio carico, nei confronti
del paziente, l'obbligazione di svolgere l'attività diagnostica e la conseguente
attività terapeutica in relazione alla specifica situazione del paziente preso in cura. Poiché a questo rapporto contrattuale non partecipa il
medico dipendente, che provvede allo
svolgimento dell'attività diagnostica e della conseguente attività terapeutica, quale
organo dell'Ente ospedaliero, la responsabilità' del predetto sanitario verso il
paziente per il danno cagionato da un
suo errore diagnostico o terapeutico è soltanto extracontrattuale, con la conseguenza che
il diritto al risarcimento del danno
spettante al paziente nei confronti del
medico si prescrive nel termine quinquennale
stabilito dal comma 1 dell'art. 2947 c.c.f.
Cirielli c. Bisaro e altro, in Giust. civ. Mass.
1979, fasc. 3; in Giust. civ. 1979, 1440, I; in Resp. civ. e prev., 1980, 90; in Riv. it. medicina legale, 1981, 880.
[9]
C. ASSANTI, op. cit., 1488 e segg.
[10]
Cfr. Cass. civ., sez. III, 1 marzo 1988 n. 2144, ove si legge che: Q
Nel servizio pubblico sanitario, l'attivita' svolta dall'ente pubblico gestore del
servizio a mezzo dei suoi dipendenti, nell'adempimento del dovere verso il privato
richiedente (titolare del corrispondente diritto soggettivo), e' di tipo professionale
medico; similare all'attivita' svolta, nell'esecuzione dell'obbligazione (privatistica) di
prestazione, dal medico che abbia concluso con il paziente un contratto d'opera
professionale. Ed appunto per questa similarita', perche' quella svolta dall'ente pubblico
a mezzo dei medici suoi dipendenti e' attivita' professionale medica, la responsabilita'
e' analoga a quella del professionista medico privato. Con la conseguenza che vanno
applicate, analogicamente, le norme che regolano le responsabilita' in tema di prestazione
professionale medica in esecuzione d'un contratto d'opera professionalef.
Balestra c. Scanga e altro, in Resp. civ. e prev.,
1988, 992 (nota); in Giur. it., 1989, I, 1,300;
in Dir. e prat. assicur., 1989, 298 (nota).