5 Spunti di riflessione sul concetto di diligenza

 

Il concetto di diligenza, richiamato dall'art. 1176 cod. civ.[1], riassume in sé il complesso di cure e cautele che dovrebbero fondare il comportamento di ogni debitore al momento di soddisfare la propria obbligazione, avuto riguardo alla natura del particolare rapporto e alle circostanze di fatto che lo caratterizzano. Come chiarisce Rodotà[2], pur essendo il concetto di diligenza un criterio obiettivo, va visto ed interpretato nell'ottica del particolare rapporto, in funzione della sua specialità e della natura dell'attività esercitata, come prescritto dall'articolo sopra richiamato.

Inoltre è proficuo, secondo l'Autore citato, considerare i rapporti tra tale concetto e quelli di correttezza e buona fede, rispettivamente sanciti dagli artt. 1175 e 1375 cod. civ.[3], per apprezzarne la reciproca interferenza. Infatti, sulla scorta delle analisi già di Betti[4], bisogna valorizzare i concetti di buona fede[5] e correttezza nella loro funzione di ampliare o rispettivamente restringere il contenuto degli obblighi letteralmente assunti mediante contratto, nei limiti in cui la loro attuazione possa essere in contrasto con i principi di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ.   Così anche il riferimento alla correttezza verrebbe ad affiancarsi a quello della buona fede, come strumento per la definizione della reale portata del rapporto obbligatorio.

E' quindi il caso di appurare la consistenza dei rapporti che questi due ultimi concetti hanno con quello di diligenza. L'operatività dei criteri di buona fede e di correttezza si pongono su piani diversi rispetto a quello occupato dalla diligenza, essendone diversa la funzione[6]. Buona fede e correttezza si pongono infatti sul piano degli strumenti d'integrazione del contenuto dell'obbligazione, laddove la diligenza, al contrario, assolve alla funzione di valutare <<la conformità del comportamento del debitore a quello dovuto>>, non con funzione integrativa o correttiva, piuttosto delimitando <<ciò che deve ritenersi, in quel singolo caso, esatta prestazione>>.

Ecco quindi che la diligenza, così come descritta più sopra, viene a porsi, al cospetto del concetto di correttezza, come criterio guida per valutare in quali limiti vi sia stata violazione della correttezza medesima, fondando così il proprio ruolo di criterio di responsabilità.

Risulta confermata pertanto la valenza duplice[7] della diligenza, come parametro di imputazione del mancato adempimento, e quale criterio di determinazione del contenuto dell'obbligazione.

Si è osservato[8] anzi, in accordo con quanto fin qui esposto, che lo sforzo diligente del debitore deve prodursi sin dalle fasi c.d. preparatorie della prestazione, manifestandosi queste ultime come comportamenti nell'interesse altrui e pertanto già giuridicamente doverosi, in quanto preparano il terreno affinché la prestazione consegua il suo risultato. In quest'ottica rileva l'utilizzabilità, da parte del creditore, dei mezzi di difesa contro l'inadempimento, già nella fase preparatoria, ove essa manifesti caratteri di inadeguatezza o difettosità, potendosi così rifiutare a ragione una prestazione preparatoria di tali qualità, ovvero un inizio di prestazione tanto difettosamente preparata.

Un esempio che Bianca propone al fine di chiarire le osservazioni condotte, è quello della negligente messa a punto -si legga preparazione- del mezzo che dovrà trasportare il creditore; nel nostro caso potrebbe argomentarsi similmente la necessità di considerare disponibili per il paziente quei rimedi contro l'inadempimento, cui si è fatto poc'anzi riferimento, ove si verificassero le condizioni per affermare che, ad esempio, la fase pre-operatoria sia stata caratterizzata da comportamenti inadeguati e difettosi, secondo ciò che prescrive la miglior scienza e tecnica operatoria; o ancora, potrebbero integrarsi tali condizioni qualora l'applicazione di un gesso fosse stata preceduta dalla mancata sottoposizione ad adeguate e necessarie indagini radiografiche, ovvero quando la prescrizione di una terapia non sia stata preceduta dall'acquisizione di adeguate informazioni sullo stato di salute del paziente o sulla sua particolare sensibilità all'assunzione di farmaci specifici.

Considerando poi che l'importanza dell'interesse strumentale violato, potrebbe altresì legittimare già in questa fase la risoluzione del contratto per inadempimento, ove l'inadeguatezza e la difettosità della fase preparatoria facciano presumibilmente prevedere un esito finale negativo, si comprenderà che, nel caso della prestazione professionale del medico, essendo gli interessi del paziente in gioco -tutela del bene della salute- sì preminenti,  i principi suesposti potrebbero trovarvi applicazione precipua.

 

 

Avv. Nicola Todeschini
www.studiolegaletodeschini.it

membro dello Studio Legale Consumerlaw

 


Note:

[1] Art. 1176. - Diligenza nell'adempimento

Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.

Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata.

[2] S. RODOTÀ, Obbligazioni, in Enc. dir. , Milano, 1969, 539 e segg.

[3] Art. 1175. - Comportamento secondo correttezza

Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza.

Art. 1375. - Esecuzione di buona fede

Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.

[4] E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953.

[5] Cfr. anche sen. Cass. civ. sez. III, 25 novembre 1994, n. 10014: << Occorre inoltre rilevare che il consenso, oltre che legittimare l'intervento sanitario costituisce, sotto altro profilo, uno degli elementi del contratto tra il paziente ed il professionista (art.1325 c.c.), avente ad oggetto la prestazione professionale, sicche' l'obbligo di informazione deriva anche dal comportamento secondo buona fede cui si e' tenuti nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto (art. 1337 c.c.).>> Sforza c. Milesi Olgiati, in Foro it., 1995, I, 2913 nota (SCODITTI); in Nuova giur. civ. commen., 1995, I, 937 nota (FERRANDO).

[6] A. DI MAJO, Obbligazioni e contratti. L'adempimento dell'obbligazione, Bologna, 1998, 37.

[7] Cfr. D. CARUSI, Responsabilità del medico, diligenza professionale, inadeguata dotazione della struttura ospedaliera, in Giur. it. , 1996 I, 1, 91, nota a Cass. Civ. 3 marzo 1995 n. 2466; inoltre L. MENGONI, Obbligazioni <<di risultato>> e obbligazioni <<di mezzi>>, in Riv. Dir. Comm., 1954, I, 296 e segg.

[8] C. MASSIMO BIANCA, op. cit., art. 1218-1219, Bologna-Roma, 1993, 24 e segg.