7 Diligenza e non adeguatezza degli strumenti materiali
Lo sforzo tecnico caratterizzante la perizia, non può
non interessare, oltre ai profili soggettivi poc'anzi descritti, anche gli strumenti
materiali[1] impiegati per adempiere alla
prestazione.
La perizia necessaria alla prestazione risulterebbe,
per così dire, mutilata ove si volessero disgiungere i due aspetti, quello soggettivo e
quello materiale, prevedendo regole diverse nell'uno e nell'altro caso. Invero, la scelta
del mezzo attraverso il quale la prestazione trova la sua esecuzione, nonché
preparazione, incide grandemente sulla prestazione stessa, potendone pregiudicare anche
del tutto l'esito, ove non adeguata al tipo di prestazione sulla scorta dello standard
qualitativo richiesto.
Non potrebbe pertanto il professionista limitare la
propria responsabilità alla diligenza richiestagli, dal punto di vista professionale
delle conoscenze tecniche adeguate -profilo soggettivo-, qualora si avvalesse di strumenti[2] inadeguati, in quanto risulterebbe
spezzata la continuità e coerenza, nel corso della preparazione ed esecuzione della
prestazione, della diligenza richiestagli.
Potrebbe argomentarsi altrimenti, in un ottica
generale, solo ove si verificasse il caso in cui il "creditore della
prestazione" fosse a conoscenza dell'inadeguatezza degli strumenti prescelti,
analogamente a quanto disposto per il caso della cosa gravata da oneri, diritto di
godimento o vizi, nel contratto di compravendita, ai sensi degli artt. 1489, 1491 cod.
civ.
Tuttavia, sembra a chi scrive che, nel caso della
particolare prestazione oggetto della presente disamina, un'argomentazione analogica di
tale larghezza potrebbe considerarsi in contrasto con la delicatezza dei diritti in gioco,
potendo comunque ritenersi che, nell'esatto -rectius diligente- adempimento della
prestazione professionale da parte del medico, non possa trovare spazio un margine di
rinuncia consapevole ai canoni della diligenza professionale che comportino un rischio per
la salute del paziente, anche a fronte della consapevolezza -tutta da provare- di
quest'ultimo.
Pertanto, potrebbe
sostenersi che il medico, essendo tenuto ad esprimere una diligenza che coinvolga, come
detto, anche la fase strumentale dei mezzi apprestati, sia tenuto a servirsi di strumenti
che garantiscano uno standard qualitativo e tecnico adeguato al tipo di prestazione
richiesta e al livello tecnico medio, configurandosi come una violazione della diligenza
professionale anche il solo utilizzo di strumenti non corrispondenti ad un criterio di
adeguatezza tecnicamente apprezzabile, a prescindere dall'eventuale conoscenza che, di
tale inadeguatezza, abbia il paziente: si sarebbe così di fronte anche ad una violazione
dei principi deontologici. Infatti l'art. 12
del cod. deontol., nel capo relativo agli accertamenti diagnostici e terapeutici, ricorda
che il medico è tenuto ad una <<adeguata conoscenza della natura e degli effetti
dei farmaci, delle loro indicazioni, controindicazioni, interazioni e delle prevedibili
reazioni individuali nonché delle caratteristiche di impiego dei mezzi diagnostici e
terapeutici che prescrive e utilizza>> .
Certo che bisognerebbe anche riflettere sulle
condizione di gestione e di dotazione strumentale di molti Ospedali italiani, ma questo è
argomento che esula dalla presente trattazione.
E ancora, osta ad una possibile liberatoria di
responsabilità, caratterizzata dalla conoscenza che il paziente possa avere circa
l'inadeguatezza della strumentazione utilizzata, la circostanza che quasi sempre la
prestazione è svolta nei confronti di chi non è in possesso dei mezzi culturali per
apprezzarne appieno la qualità da un punto di vista tecnico.
Piuttosto, potrebbe verificarsi il caso che il medico,
essendo a conoscenza, o dovendo esserlo, dell'inadeguatezza degli strumenti in suo
possesso, possa comunque liberarsi da responsabilità qualora dimostri di aver
coscienziosamente informato il paziente della circostanza, invitandolo a recarsi presso
strutture meglio attrezzate -ovvero organizzandone il trasporto- e rifiutandosi pertanto
di eseguire la prestazione sulla base dei mezzi in suo possesso, o comunque eseguendola,
laddove possibile, in modo parziale -svolgendo ad esempio solo alcune indagini
diagnostiche per le quali si trovi attrezzato- e indirizzando poi il paziente verso
presidi ospedalieri o cliniche attrezzate ove proseguire la terapia o le indagini
diagnostiche necessarie.
Se, effettivamente, accade molto spesso che la
prestazione medica sia svolta all'interno di strutture organizzate, che mettono a
disposizione del medico certa strumentazione, senza consentirgli di operare scelte
qualitative per mancanza di alternative interne alla struttura, non è possibile adagiarsi
su tale dato di fatto evitando comunque di confrontarsi con la realtà dei bisogni tecnici
che la patologia del paziente richiede. Venendo ad un esempio pratico, se un particolare
strumento diagnostico di non recentissima costruzione consente, nella maggioranza delle
ipotesi, di effettuare esami accurati ed obiettivi, ma non è in grado di fornire allo
specialista risposte adeguate al trattamento di casi che nascondono potenziali insidie
nella valutazione specialistica, il prudente atteggiamento del medico non può non
estendersi, come già anticipato nell'analisi di un caso inedito, a scelte che comportino
l'invio del paziente presso strutture che posseggano strumenti di diagnosi avanzati e che
possano fornire un supporto alla diagnosi ben più attendibile.
Concludendo, e considerando la dotazione della maggior
parte degli ospedali, non si può certo far carico al medico dell'inadeguatezza della
strumentazione rispetto ai migliori standard tecnologici disponibili, ma nemmeno si può
pensare di considerare esente da responsabilità il sanitario che, ben potendo avvedersi
di tale inadeguatezza nel caso specifico, ometta di indirizzare il paziente bisognoso di
un'indagine più approfondita presso strutture che siano all'altezza di fornirla.
E ancora, considerando l'ulteriore evenienza[3] rappresentata dall'impossibilità
di trasportare il paziente, ovvero dall'urgenza del trattamento, onde evitare il prodursi
di un probabile grave danno, potrebbe soccorrere al medico, dal punto di vista
dell'inquadramento giuridico, la prova dell'impossibilità di cui all'art. 1218 cod. civ.
al fine di andare esente da responsabilità.
Avv. Nicola Todeschini
www.studiolegaletodeschini.it
membro dello Studio Legale
Consumerlaw
[1] C. MASSIMO
BIANCA, op. cit., art. 1218-1219,
Bologna-Roma, 1993, 40 e segg.
[2] Cfr. Cass.
civ. sez. III, 3 marzo 1995, n. 2466: <<il comportamento dello specialista
ortopedico che adotti pratiche terapeutiche diverse da quelle raccomandate dalla
letteratura medica non e' conforme al canone
della perizia del medico professionista e determina responsabilità per inadempimento
indipendentemente dalla circostanza che il
sanitario non disponesse, presso la sua struttura ospedaliera, dei mezzi necessari per far ricorso alla migliore tecnica.>> Mascali c. Cristaudo e
altro, in Giur. it., 1996, I, 1, 91 nota
(CARUSI).
[3] Cfr. D.
CARUSI, op. cit., in Giur. it., 1996 I, 1, 91, nota a Cass. Civ. 3
marzo 1995 n. 2466.