Antiobiticoterapia ed infezioni non complicate delle basse vie respiratorie


Ritardare la terapia di antibiotici in caso di infezioni delle basse vie non complicate comporta solo piccoli svantaggi nella risoluzione sei sintomi.

Lo scopo di questo studio era di valutare l'efficacia sul campo di tre diverse strategie nel paziente con infezione respiratoria non complicata. Sono stati reclutati 807 pazienti afferenti ad un setting di cure primarie che lamentavano i segni e i sintomi di una infezione respiratoria non complicata, randomizzati in 6 gruppi: offerta o meno di un foglietto informativo sul trattamento delle infezioni respiratorie e uno delle seguenti opzioni: antibiotico immediato, no antibiotico, antibiotico ritardato (if therapy).
Dei pazienti inizialmente arruolati, 562 riportarono notizie sull'andamento successivo della malattia. La tosse durò in media 11.7 giorni e nel 25% dei casi fino a 17 giorni. Rispetto alla strategia di non somministrare antibiotici le altre scelte non si dimostarono più efficaci sugli outcomes considerati, inclusa la durata della tosse. Antibiotici furono usati nel 96% dei soggetti del gruppo "antibiotico subito", nel 20% del gruppo "antibiotico differito" e nel 16% del gruppo "no antibiotico". I pazienti si dichiararono soddisfatti delle cure ricevute rispettivamente nell' 86%, 77% e 72%
Chi aveva ricevuto antibiotici si recava nuovamente a visita entro un mese meno frequentemente ma la differenza non era significativa. Gli autori concludono che non somministrare antibiotici o adottare una strategia del tipo "if therapy" sono tutte scelte accettabili nei pazienti con infezione respiratoria non complicata in quanto non portano ad outcomes peggiori e possono ridurre l'uso improprio di antibiotici.

Fonte: JAMA. 2005; 293:3029-3035

Commento di Renato Rossi
Questo studio conferma che la cosidetta "if therapy" o anche la non somministrazione di antibiotici possono essere una scelta praticabile nella medicina di base nei pazienti con infezioni respiratorie non complicate. Tuttavia per evitare insuccessi bisogna avvisare i pazienti che i sintomi possono durare a lungo, anche per 3 settimane o più, soprattutto la tosse. Ovviamente se si decide per la non somministrazione di antibiotici il paziente va istruito a ripresentarsi se i sintomi peggiorano o non migliorano. Bisogna anche cercare di identificare quei soggetti che potrebbero andar incontro a esiti negativi o a complicanze e nei quali la prescrizione di antibiotici è probabilmente utile (per esempio anziani con pluripatologie, diabetici, BPCO, oppure coloro che presentano già all'inizio un quadro clinico impegnato). Lo studio presenta alcune limitazioni, per esempio la defizione stessa di infezione respiratoria non complicata non è ben codificata per cui possono essere stati arruolati soggetti con quadri clinici diversi; lo studio inoltre non era in cieco. Infine non può essere escluso che la somministrazione immediata di antibiotici possa portare ad una riduzione della durata dei sintomi di moderata gravità. Un editorialista, commentando lo studio, si chiede anche se la somministrazione precoce di un antibiotico a largo spettro avrebbe cambiato i risultati.

Commento di Luca Puccetti
I risultati di questo studio sono apparentemente tranquilizzanti in merito alla strategia di ritardare la prescrizione di antibiotici. La differenza risiede tutta nel diverso setting in cui viene effettuato lo studio. Nel nostro paese dove la visita è gratuita e di facilissimo accesso e dove è largamente diffuso un sentimento allarmistico per il significato della febbre che provoca spesso la richiesta di visita domiciliare, l'interpretrazione dei risultati dello studio assume tutto un altro significato. Prima di tutto risulta cruciale il tempo tra l'esordio dei sintomi e la prima visita del medico. In Italia tale lasso sarebbe quasi sempre brevissimo e dunque davvero non si comprende in quale modo il medico potrebbe affidabilmente far diagnosi di infezione della basse vie non complicata . Una siffatta strategia attendistica inoltre comporterebbe una serie di problemi per l'altissimo costo professionale legato ad un' ulteriore visita domiciliare in caso di persistenza di febbre, specie in periodo influenzale, per i rischi medico legali di omessa diagnosi o sottotrattamento, per i costi sociali di aumento dei giorni di malattia causato dalla maggiore persistenza dei sintomi e per il rischio di ricusazione, data la non trascurabile differenza tra i tassi di soddisfazione dichiarati dal paziente. Ma la difficoltà principale risiederebbe proprio nell' impossibilità di definire con sufficiente tranquillità l'assenza di complicazioni ad una visita di solito effettuata dopo poche ore dall'esordio dei sintomi. Solo monitorando attentamente il paziente forse si potrebbe minimizzare il rischio, ma questa monitorizzazione avrebbe presumibilmente un costo complessivo molto più elevato rispetto a quello dell'antibioticoterapia e delle sue eventuali complicanze, almeno nel nostro paese. Inoltre il punto di vista del medico di medicina generale e del suo paziente non è quello di massimizzare i benefici e di minimizzare i costi e gli effetti indesiderati (reazioni avverse e resistenze batteriche) di una popolazione, bensì quelli di quel singolo paziente in quella determinata situazione.