Codice Deontologico: una fastidiosa incombenza od un
supporto alle difficili scelte del nostro agire quotidiano?
Riflessioni di un “non esperto”
La FNOMCEO ( Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri) ha recentemente proposto un testo di aggiornamento del nostro Codice Deontologico, la cui ultima stesura risale al 1998.
Gli “Esperti”, tanto a livello nazionale che locale, stanno esaminando il nuovo testo con un paziente lavoro di esegesi e di modifica che ricorda le discussioni conciliari sui Testi Sacri.
Ma cosa pensano i “non esperti”? Quale è il loro interesse in questo lungo e difficile lavoro?
Dato che per nascita e per scelta sono da sempre molto più vicino ai “non esperti”, ho avuto modo di conoscere il loro pensare ed il loro sentire sul tema “Deontologia e Codice Deontologico”. Ve lo propongo perché ritengo che anche i progetti più ambiziosi siano destinati a cristallizzarsi in strutture affascinanti, ma rigide e fragili se non inserite nel fluire quotidiano della vita.
Quale è il comune sentire,quello del medico che lavora 10 ore al giorno e che fa fatica a concentrarsi sui problemi dell’etica e della filosofia morale?
Cosa pensa,come sente questo medico il nostro “Codice Deontologico”?
Ho interrogato molti di questi colleghi e mi sono interrogato perché penso di essere anche io,nel bene e nel male, un medico comune.
Ho scoperto che noi medici comuni abbiamo difficoltà ad esprimere con immediatezza il nostro pensiero su questioni che vanno ben oltre la medicina pratica: ho proposto allora ad alcuni colleghi di esprimere con una immagine il loro sentire nei confronti del nostro Codice:sono emerse due immagini che vi ripropongo così come mi sono state presentate, sottolineando come, pur nella loro irreverenza, esse esprimano purtroppo anche parte del mio sentire.
La prima è quella di una parrucca settecentesca :un pregevole orpello da indossare nelle grandi occasioni.
La seconda ci rimanda ai ricordi liceali:ai trattati ed ai manualetti tipo “Bignami”:proscritti dai nostri austeri insegnanti, ma presenti sotto i banchi di gran parte di noi:il Codice sarebbe dunque il trattato,
il “Bignami” la difficile pratica quotidiana.
Alcune Riflessioni
Se leggiamo il Codice Deontologico (nuovo o seminuovo non fa differenza) anche solo con quel minimo atteggiamento di critica costruttiva con cui Martin Luther nel lontano XVI secolo tradusse la Bibbia in lingua tedesca, non può non colpirci il “file rouge” che scorre lungo tutto il nostro Codice:quello degli Obblighi e dei Divieti.
Fin dal secondo dopoguerra la pedagogia e la psicologia
dell’apprendimento ci hanno messo in guardia sulla efficacia delle ammonizioni
e degli obblighi: se vogliamo ottenere una adesione convinta ad una serie di
norme, dobbiamo proporle quali soluzioni di problemi concreti, sottolineando
come l’ accettazione di un limite o l’adozione di un particolare atto
procedurale possa garantire un
risultato migliore.
Se invece il messaggio pedagogico si basa unicamente sul
divieto e sull’obbligo, nel migliore dei casi si potrà ottenere una adesione
formale,suscitando spesso la sensazione di una fastidiosa incombenza.
Se esaminiamo gli articoli del Codice in vigore -il nuovo non si discosta sotto questo aspetto- notiamo è un ininterrotto susseguirsi di obblighi e divieti “il medico deve..non deve…è tenuto…non è tenuto.”
Che tipo di adesione possiamo dunque attenderci dal comune medico?
Come biasimarlo se terrà il trattato bene in mostra, ma poi sotto il banco continuerà ad utilizzare il “Bignami”?
Cosa ci attendiamo dal nuovo Codice visto che di fatto si limita a recepire obblighi e divieti espressi dalle più recenti leggi dello stato?
Vogliamo ancora accontentarci di un increscioso “gioco delle parti”?
No cari colleghi, i tempi sono ormai maturi per un cambiamento e,visto che altri non lo propongono, credo che l’Ordine di Padova abbia la forza e la autorevolezza per proporlo.
Una proposta concreta
Un nuovo Codice Deontologico, accanto ed in aggiunta ad obblighi e divieti, dovrebbe prevedere modelli positivi e linee di indirizzo che ci sostengano nelle molte difficili scelte del nostro agire quotidiano.
Il medico comune inizierebbe così a consultare il Codice non solo per conoscere quanto altri hanno deciso che egli debba fare o non fare, ma anche e soprattutto per trovare risposte ai problemi etici e deontologici che ogni giorno deve affrontare.
Scendendo dall’empireo dei principi alla concretezza degli esempi possiamo citare due modelli di comportamento,uno molto noto e diffuso,l’altro meno noto ma molto interessante per le prospettive che apre.
Il primo modello è quello della “Good Clinical Practice Europea” recepita con direttiva UE del 2001 ed in Italia con il D.L.211 del 2003,cui il nostro nuovissimo Codice fornisce tutto sommato poco risalto: anche in questo caso sono enunciati obblighi per il medico, ma l’impianto è molto attento alla qualità delle cure e propone un modello positivo con il quale il lettore medico tende ad identificarsi idealmente. Anche il comune medico ha un guizzo d’orgoglio e cercherà di ispirarsi a queste preziose norme.
Il secondo esempio riguarda la comunicazione di una diagnosi infausta e propone il modello elaborato dallo psico-oncologo Robert Buckman che in sei tappe aiuta il medico ad entrare in una relazione terapeutica positiva con il malato grave,sostenendolo nel difficile e delicato momento della prima comunicazione (il lavoro di Buckman è stato pubblicato nel 2003 dalla Raffaello Cortina).
Chi legga sul tema quanto previsto da nuovo e nuovissimo Codice ancora una volta riporterà la sensazione di quel giovane in partenza per un lungo e difficile viaggio al quale un arcigno genitore rivolge una sequela di raccomandazioni e di ammonizioni dimenticando quella semplice e preziosa domanda che distingue un padre da un patrigno:
“Posso fare qualcosa per Te ?”
Riccardo De Gobbi