Circonvenzione di incapace
" Tra i miei pazienti, assisto da molto tempo una anziana vedova, A.R., piuttosto benestante che e’ vissuta da sola fino a un po’ di tempo fa. Ultimamente, a causa del deterioramento progressivo delle sue condizioni generali, i figli le hanno messo in casa una extracomunitaria, una "badante", che l’ assiste e la cura. A., ultimamente, e’ ancora peggiorata, si e’ allettata, e le sue condizioni peggiorano sempre piu’; anche le sue condizioni mentali non sono molto buone: la badante mi riferisce che ogni tanto non la riconosce, oppure la scambia per un’ altra persona, e le parla di persone morte da anni come se fossero ancora vive.
Ieri e’ venuto in studio uno dei figli, il quale mi ha chiesto un certificato che attestasse che la madre non era deambulante (e non ho avuto problemi a farlo); poi ha chiesto un ulteriore certificato che attestasse che A. era "capace di intendere e di volere". Questo mi ha creato invece molti problemi. Il figlio di A. ha insistito, prima minimizzando i problemi della madre, che secondo lui rientrerebbero nel normale deterioramento senile, poi affermando che il certificato era stato richiesto dal notaio per procedere per poter autenticare la firma della procura che A. farebbe ai figli in quanto non piu' in grado (e questo e' verissimo) di badare ai propri interessi.
Non so bene come comportarmi: certo A. non e’ in grado di amministrare da sola i suoi averi, ma perche’ il notaio esige questo certificato?"
La situazione riferita dalla collega e’ molto piu’ frequente di quanto si creda. L’ allungamento della vita media ha comportato un notevole aumento numerico della popolazione anziana, ma a questa maggior durata di vita spesso non si accompagna un parallelo miglioramento delle condizioni di salute, per cui molti di questi "grandi vecchi" non sono in grado di curare pienamente i propri interessi. La maggior durata della vita media ha inoltre rallentato il normale processo di trasferimento dei beni di famiglia tra generazioni, con situazioni di insofferenza da parte degli eredi.
Spesso quindi si adottano strategie che tendano ad accelerare il trasferimento dei beni da un anziano (non piu' in grado di amministrarli o di goderne) agli eredi.
Non sempre pero' queste strategie sono pienamente rispondenti ai dettami della legge.
L’ anziano infatti, pur se fisicamente o mentalmente deteriorato, e’ fortemente tutelato dalle leggi vigenti, che prevedono tutta una serie di casi specifici.
E' stato previsto il caso (effettivamente frequente) che le condizioni mentali dell' anziano siano tali da inficiare grandemente le capacita’ di giudizio.
In tal caso la legge ha previsto una serie di circostanze in cui la capacità civile (ossia la capacita’ di compiere atti giuridici) possa essere revocata o limitata.
Interdizione e inabilitazione:
L’ art. 414 C.C. prevede infatti che "Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovino in condizione di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, devono essere interdetti.".
( Attenzione! L' interdizione va vista non come provvedimento punitivo verso l' anziano, bensi', al contrario come misura "protettiva" in quanto, ponendolo sotto custodia di un tutore (nominato dal Tribunale e responsabile verso di questo) evita che altri possano abusare delle sue condizioni).
In questo articolo, come in altri di cui si parlera’ in seguito, il Legislatore evita deliberatamente di dare una precisa definizione della "infermità di mente": egli esprime invece un generico concetto di infermità che indica, oltre alle malattie mentali propriamente dette, tutta una serie di stati morbosi indeterminati che, pur non collegabili a una precisa malattia, siano tuttavia capaci, nelle loro manifestazioni cliniche complessive, di rendere il soggetto incapace di provvedere ai propri interessi.
Requisito particolare richiesto dalla legge e’ l’abitualità della condizione morbosa. Sono quindi esclusi da questa norma quegli stati di confusione mentale acuti e transitori legati eventualmente a una condizione temporanea o intercorrente ( ad esempio uno stato delirante conseguente ad un episodio febbrile).
Qualche difficolta’ concettuale puo’ verificarsi in caso di patologie cicliche o oscillanti, nelle quali i periodi di alterazione mentale si alternino con periodi di benessere: in questi casi e’ necessario valutare accuratamente la durata relativa dei periodi di infermità e quelli di remissione; ove prevalessero nettamente i primi è ovvio che l’infermità sarebbe da considerarsi abituale.
E’ pure il caso di specificare che il termine "abituale" non è sinonimo di "inguaribile", tant’è vero che il Codice prevede espressamente la possibilità di guarigione istituendo la revoca dell’interdizione (art. 429 C.C.) qualora venga a cessare la condizione che vi ha dato luogo.
Nei casi meno gravi puo’ essere applicato l’ Art. 415 C.C. : "Il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all’interdizione, può essere inabilitato." Possono anche essere inabilitati coloro che, per prodigalità, o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici…."
L’inabilitazione e’ un istituto meno grave, in quanto comporta la perdita solo parziale della capacità civile, mentre l’ inabilitato puo’ continuare ad effettuare gli atti che non eccedono l’ordinaria amministrazione.
Anche nel caso dell' inabilitazione viene nominato dal Tribunale un Tutore che deve incaricarsi della cura degli interessi del paziente.
Non è possibile stabilire in astratto quale grado di infermità mentale formi il confine tra l’ interdizione e l’inabilitazione: la cosa sara’ valutata caso per caso dal Perito del Tribunale.
La richiesta di interdizione o di inabilitazione puo' essere proposta da chiunque abbia interesse; dovra' avere corso un procedimento giudiziario durante il quale il magistrato fara' esaminare il soggetto da un Perito di sua fiducia e ne valutera' anche personalmente le condizioni.
Soggetti non interdetti ne' inabilitati:
La signora A. di cui si discute, come quasi sempre capita, non e’ pero' ne' interdetta ne’ inabilitata, in quanto questi provvedimenti sono assai raramente invocati in Italia, per una sorta di diffidenza verso di essi. Non per questo viene meno la tutela stabilita dalla legge in quanto gli atti eventualmente carpiteli con frode, possono essere tutti annullati.
Infatti l’ art 428 C.C (Annullamento di atti) stabilisce che " Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere o di volere al momento in cui gli atti sosno stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa se ne risuta un grave pregiudizio all' autore…"
L’ art. 591 C.C. specificando alcuni degli aspetti enunciati sopra, esclude la possibilita’ di fare testamento non solo per i soggetti interdetti, ma pure in quelli che, seppure non interdetti, siano stati per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento.
E’ evidente quindi che il certificato richiesto alla collega aveva appunto lo scopo di superare i paletti fissati dalla legge ein modo da dimostrare, in caso di eventuale contestazione da parte di altri eredi, che la paziente, nel momento in cui firmava quella procura, era pienamente cosciente e consapevole. E’ anche possibile che il notaio, avendo avuto qualche dubbio a questo proposito, abbia voluto cautelarsi mediante una certificazione sanitaria.
Ma cosa sarebbe accaduto se la collega, vincendo i suoi scrupoli, avesse aderito acriticamente alla richiesta del familiare?
Si sarebbe esposta purtroppo a problemi penali di una certa rilevanza. Non e' infatti infrequente il fatto che tali atti giuridici (procure, testamenti ecc.) vengano impugnati in Tribunale mediante la citazione di testimoni, esibizione di cartelle cliniche, certificazioni di altri sanitari. In tale circostanza puo' anche venire messa in dubbio la veridicita' di quanto fosse stato certificato dal medico di famiglia.
Il sanitario puo' cosi' trovarsi ad essere accusato di falso ideologico (Art. 479 C.P.: falso ideologico in atti pubblici commesso da pubblico ufficiale o Art. 481 c.p.: falso ideologico in certificati commessa da esercente servizio di pubblica necessita’) oppure di concorso nel reato di cui all' Art. 643 C.P. (Circonvenzione di incapace): "Chiunque, per procurare a se’ o ad altri un profitto abusando dei bisogni, delle passioni, o dell’ inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato di infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa…".
Per interpretare correttamente la norma, bisogna innanzitutto considerare che la dizione "infermità o deficienza psichica" è di significato assai lato, non limitata alle "malattie mentali" (espressione concettualmente diversa), ed e’ comprensiva di tutta una serie di condizioni, anche transitorie e non morbose, che comportino una minorazione della sfera intellettiva o volitiva tali da rendere facile l’opera altrui di suggestione. La norma si applica poi, come espressamente dichiarato, anche nel caso di persona non interdetta e non inabilitata. L’ alibi morale ("Non e’ interdetta, quindi deve essere considerata sana di mente") non ha percio’ alcun valore.
Perché sussista il reato non è necessario che si sia attuato un danno patrimoniale, dato che la legge parla soltanto di "atti che importino qualsiasi effetto giuridico….dannoso"; rientrano perciò in questo ambito anche atti di natura non direttamente economica: obbligazioni, donazioni, deleghe di potere, adozioni, riconoscimento di un figlio naturale ecc.
E’ pure da sottolineare come la legge parli di "effetto dannoso per lei o per altri" è chiaro che questo articolo può essere invocato come base di una denuncia giudiziaria anche nel caso che il danno riguardi una terza persona, come ad esempio un familiare escluso da un’ eredita’. E' sufficiente inoltre, perche’ si concretizzi il reato, che il danno sia anche solo potenziale e non attuale.
E’ quindi evidente il rischio che la collega avrebbe corso nel certificare (falsamente) quanto richiesto.
Quale linea di condotta e’ bene seguire, quindi, in circostanze simili a quelle raccontate?
Per prima cosa occorre sempre tenere presente la regola aurea: "Certificare solo cio’ che, in coscienza, riteniamo essere vero".
In secondo luogo occorre munirsi degli strumenti tecnici che permettano di chiarire meglio la situazione.
Il medico che venga richiesto di certificare le condizioni mentali di un anziano, al fine di non correre il rischio di violare inconsapevolmente delle norme penali, puo’ effettuare una valutazione delle condizioni psichiche servendosi di tests predisposti all’ uopo e gia’ ampiamente collaudati e validati (Mini Mental Test, SCAG, ecc.).
In mancanza di questi puo’ procedere estemporaneamente, con una serie di opportune domande tese a chiarire gli elementi psichici piu’ importanti:
Le risposte vanno valutate nel loro complesso, tenendo conto degli eventuali deficit sensoriali che potrebbero alterarne la significativita’, nonche’ del normale rallentamento psichico dell’ anziano. Sarebbe inutile ad esempio far domande su fatti di attualita' ad un soggetto che, per deficit di vista o di udito, non potesse seguire la radio o la televisione e quindi tenersi al corrente degli eventi.
Puo’ essere opportuno talvolta, onde evitare future contestazioni, riportare per esteso quanto riscontrato durante la visita: (Ho visitato la signora XY… Da me interrogata, essa appare ben orientata nel tempo e nello spazio, risponde con proprieta’ e pertinenza alle domande, riconosce le persone che le sono vicine, e’ a conoscenza dei maggiori fatti di attualita’, mostra di conoscere il valore del denaro e si mostra consapevole e cosciente dello scopo del nostro incontro. In conclusione si certifica che, al momento attuale la paziente e’ sana di mente, capace di intendere e di volere."). Un buon certificato che faccia seguito ad una buona visita puo’ evitare parecchi problemi futuri, in quanto e’ molto frequente che problemi di questo tipo finiscano in Tribunale.
Daniele Zamperini (Occhio Clinico, Novembre 2003)