Contraccezione di emergenza:
problemi etici e legali
Daniele Zamperini Medico-Legale
La contraccezione
postcoitale, o contraccezione di emergenza, viene utilizzata dalle donne che
hanno avuto rapporti sessuali a rischio di concepimento ma che non desiderino
una gravidanza. Sono state utilizzate diverse metodiche per ottenere il
risultato dell’evitamento di una gravidanza indesiderata: inserzione di uno
IUD; assunzione di preparati ormonali a dosi elevate (estrogeni,
estroprogestinici, progestinici, danazolo).
Attualmente il metodo piu'
usato e' l' assunzione di levonorgestrel (Norlevo).
Molti contrasti sono nati
circa l' obbligo o meno, da parte dei sanitari, di prescrivere tale farmaco per
una procedura che, per molti, e' assimilabile ad un "aborto mascherato".
Occorre far chiarezza sul
problema:
Il levonogestrel (Norlevo)
La scheda tecnica del
farmaco riporta:
" Norlevo non deve essere somministrato a pazienti con disfunzione
epatica grave. Sindromi di grave malassorbimento, come la malattia di
Crohn, potrebbero compromettere l'efficacia di Norlevo.Il medicinale contiene
lattosio; pertanto i pazienti con rari problemi ereditari di intolleranza al
lattosio, con deficit di lattasi di Lapp o malassorbimento di
glucosio-galattosio non devono assumere il medicinale.Il farmaco non è indicato
in caso di gravidanza già in atto e non può interrompere la gravidanza stessa.
In caso di insuccesso di questo metodo contraccettivo, con prosecuzione della
gravidanza, studi epidemiologici hanno indicato che i progestinici non hanno
effetti avversi di tipo malformativo sul feto. "
Il farmaco, quindi non
avrebbe effetto abortivo e non avrebbe sostanziali controindicazioni di
gravita' tale da costituire effettiva controindicazione alla prescrizione.
L' affermazione di "farmaco
non abortivo" si basa sulla definizione di gravidanza elaborata dall' OMS.
In base a tale documento la gravidanza si intende iniziata allorche' si
verifichi l' impianto dell' ovulo fecondato sulla parete uterina.
Si intuisce come tale
definizione venga a porsi in contrasto con le convinzioni etiche e religiose di
coloro che considerano iniziata la gravidanza gia' al momento della
fecondazione dell' ovulo (e di numerosi giuristi, come si dira' dopo).
Circa la sostanziale innocuità
"farmacologica" del prodotto, tale affermazione si basa su una serie
di studi: lo studio controllato e randomizzato di
maggiori dimensioni (Lancet 1998;352:428-433) non segnalava effetti collaterali
gravi importanti (decessi, infarti, TVP, embolie polmonari, neoplasie ecc);
gli effetti collaterali segnalati erano:
nausea
(23%), vomito (6%), vertigini (11%), affaticamento (17%), tensione mammaria
(11%), dolori pelvici (18%), altri meno frequenti (diarrea, perdite vaginali)
Per questi motivi già nel 1998 l'OMS (World Health Organization. Family Planning and Population.
Emergency contraception: a guide for service delivery. Geneva:
the Organization, 1998) aveva concluso che non ci sono controindicazioni alla
contraccezione di emergenza eccetto la gravidanza
Per questi motivi il dibattito ha interessato sostanzialmente gli aspetti
etici, ritenendosi pacificamente risolti quelli sanitari.
La FNOMCeO ( com. n
60/2003) ha dichiarato, in un comunicato
abbastanza ambiguo, che “La Commissione Permanente per la revisione del Codice di
Deontologia Medica, nell’affrontare il problema della “pillola del giorno
dopo”, non ha ritenuto, nel rispetto delle convinzioni personali di ciascun
medico, di dovere considerare gli aspetti bioetici e giuridici che essa solleva
e che tuttora, sono oggetto di un ampio e diversificato dibattito nel Paese, ma
ha inteso, doverosamente, considerarne soltanto gli aspetti deontologici e
pratici, ravvisando, nell’art.19 del Codice di Deontologia medica 1998,
l’indicazione comportamentale più corretta e rispondente alla libertà di
coscienza del medico. Naturalmente alla donna deve essere, comunque, garantita
la prestazione richiesta in conformità alle disposizioni normative vigenti con
particolare riferimento all’art. 1, lett b), c), e d) della legge 29 luglio 1975
n. 405 “Istituzione consultori familiari”.
L' art. 19 del Codice
Deontologico citato dalla FNOM consente al medico di rifiutare prestazioni che
contrastino con la sua coscienza e col suo convincimento clinico " a meno che questo
comportamento non sia di grave e
immediato nocumento per la salute della persona assistita."
La Commissione di Bioetica dell’Ordine dei Medici di Roma ha poi coniato
una nuova ambigua definizione che certo non ha contribuito a chiarire il
problema: la "pillola del giorno dopo" non sarebbe un farmaco
contraccettivo ma piuttosto una " sostanza intercettiva", tale cioè
da impedire l’annidamento dell’ovulo fecondato”. Ma, ci si chiede, l'
intercettazione e' da considerare "aborto mascherato" oppure no?
Alcuni aspetti legali
Poche sono state, finora, le pronunce dei Tribunali
in merito alla questione, e si basano essenzialmente sulle definizioni
"ufficiali" dell' OMS:
- Sentenza del Tar del Lazio
(2001): “il farmaco autorizzato agisce con effetti contraccettivi in un
momento anteriore all’innesto dell’ovulo fecondato nell’utero materno”.
Lo
stesso TAR chiarisce che la "pillola del giorno dopo" deve essere utilizzata, in ogni
caso, solo per prestazione di emergenza,
chiarendo anche i criteri che definirebbero tale termine (2 luglio 2001,
sentenza sul ricorso n 21554/2000):
"Osserva il collegio che la qualificazione di
"emergenza" è riferita al farmaco nel duplice significato sia di
metodo anticoncezionale di carattere eccezionale rispetto alle ordinarie
pratiche di prevenzione della gravidanza, sia in relazione alle situazioni
particolari ed occasionali (c.d. rapporti a rischio di gravidanza) cui tende
ovviare entro ristretto termine... Le caratteristiche del farmaco si traducono
in specifiche regole comportamentali a carico del medico, che è tenuto a
prescriverlo in presenza dei presupposti di emergenza e nei limiti idonei ad
eliminare il paventato rischio di gravidanza, e dello stesso individuo che deve
assumerlo solo in presenza delle circostanze e con le precauzioni indicate nel foglio
illustrativo. Ritiene il collegio che la nozione di "emergenza" che
costituisce presupposto per la somministrazione del "NOR***" va
considerata in senso strettamente oggettivo - e cioè come evento critico,
suscettibile di introdurre la possibilità di una gravidanza non desiderata, cui
si intende porre rimedio con carattere di immediatezza, indipendentemente dal
grado di volontarietà o colpa dell'interessato nel determinarlo; ciò in base ad
un criterio che è comune alla somministrazione di ogni presidio terapeutico,
che ha luogo in base al dato obiettivo della condizione fisiologica
dell'individuo prescindendo da ogni valutazione circa il concorso psichico
dello stesso nel determinarne le cause".
E' applicabile alla "pillola postcoitale"
la normativa sull' obiezione di coscienza?
L’obiezione di coscienza rappresenta un’eccezione al
generale obbligo del sanitario di prestare la sua propria opera professionale
ed è prevista espressamente ed esclusivamente per le procedure e le attività
relative all’IVG; quindi, condizione perché possa essere invocata è la sua
riferibilità alla pratica di IVG e non puo' essere estesa per analogia ad altre
fattispecie.
Il punto della discussione si sposta quindi sulla
questione: il blocco dell' annidamento costituisce "interruzione di
gravidanza"?
Esistono
forti e fondate linee di pensiero che contestano proprio i presupposti su cui
si basano le precedenti definizioni dell' OMS.
Benche'
l' OMS abbia stabilito l' inizio della gravidanza dal momento dell'
annidamento, tale impostazione non appare affatto pacifica: il Comitato Nazionale Bi
bioetica nel giugno 1996 ha dichiarato il dovere di trattare l’embrione umano
come una persona “fin dalla fecondazione”; la Corte Costituzionale nel 1997, ha
parlato di un diritto alla vita del “concepito” (non dell'
"impiantato"), affermando che all' art. 1 va attribuito un vero
significato normativo e che in esso trova riconoscimento il diritto alla vita
del concepito, diritto alla vita che sta alla base dell’impianto costituzionale
e che ha trovato un sempre maggior riconoscimento, anche a livello
internazionale.
Molto si discute, poi, sul
concetto di "interruzione di gravidanza" come espresso dalla Legge
194/78: dal 10 comma dell’art. 1, secondo cui “lo Stato tutela la vita umana
fin dal suo inizio” deriverebbe che per “interruzione della gravidanza” debba
intendersi qualunque interruzione del processo vitale successivo alla
fecondazione con conseguente morte del concepito. Le altre norme della
legge, anche l’art. 9, non possono quindi che riferirsi alla vita umana “fin
dal suo inizio".
I diritti dell' "avente diritto": la donna
La donna maggiorenne che
richiede la prescrizione del farmaco e', senza dubbio, un' "avente
diritto" alla prestazione sanitaria richiesta (prescrizione del farmaco).
Problemi non da poco si
pongono invece quando la richiedente e' una minorenne. Prescrivere o non
prescrivere? Avvertire o non avvertire i genitori?
La legge, in linea
generale, riconosce il diritto della
minorenne a nascondere ai genitori esercenti la potestà, ed a tutte le figure
adulte che sostituiscono i genitori biologici, le sue problematiche sessuali.
Infatti, la 194/78 all'art. 12, 2° comma prevede espressamente la possibilità
per la minore - qualora vi siano "seri motivi che impediscano o sconsiglino
la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela" - di
chiedere direttamente al giudice tutelare il consenso all'aborto,
"saltando" cosi' i genitori,
il tutore o gli altri adulti cui sia affidata. Se questo vale per l'aborto, a
maggior ragione vale per la "pillola del giorno dopo", in quanto
concettualmente misura anticoncezionale d'urgenza.
Tuttavia, queste
disposizioni non indicano un diritto pacifico ed automatico, estensibile ad
ogni circostanza, ma solo una procedura da attuarsi in condizione eccezionale.
L'autonomia decisionale
della minorenne, inoltre, differisce a seconda dell' eta': a parte circostanze
di minore importanza, si deve ricordare che: dal 14° anno risponde delle
proprie azioni in sede penale e le e' consentita libera sessualita' (con
qualche eccezione); dal 16° anno può riconoscere un figlio naturale e chiedere
al Tribunale dei Minori di essere
autorizzato alle nozze.
Quindi la richiesta di
pillola del giorno dopo, seppur legittima in linea di principio, va valutata
anche a seconda dell'età.
Va anche considerato che
dietro il rifiuto della minore di non informare i genitori possono essere
motivi di dubbia validita', come il possibile "plagio" da parte di un
partner maschile piu' vecchio e condizionante la minore; senza contare che in
certi casi (incesto, abuso da parte di un tutore ecc.) si puo' ricadere nell'
ambito di reati che richiedano, da parte del medico, un referto all' Autorita'
giudiziaria.
Per rimanere comunque nell'
ambito della "contraccezione d' emergenza", dovendosi scegliere tra
il rischio di una gravidanza indesiderata o comunque a rischio, con tutto quel
che ne consegue sul piano sociale e psicologico, soprattutto nei riguardi di
adolescenti giovanissime, e' ovvio che la pillola del giorno dopo, astrattamente
parlando, venga ad essere il male
minore.
Il diritto della donna (sia o non sia maggiorenne)
di ottenere la prestazione (aborto e, a maggior ragione, prescrizione di
Norlevo) appare quindi pacifico.
Chi deve prescrivere?
Ogni medico (di famiglia, di Guardia medica, di
Consultorio ecc.) puo' prescrivere la pillola del giorno dopo. Ma chi "deve" farlo?
La
"pillola del giorno dopo" e'
infatti un farmaco a tutti gli effetti: e' soggetto a limitazioni d'uso,
controindicazioni, possibili rischi d' uso, e quindi va prescritto dal medico
in seguito ad un processo "ragionato" e non acriticamente dietro
semplice richiesta della donna, valutandone i potenziali rischi.
Cio'
premesso, il problema dell' obbligo di prescrizione si puo' porre, per motivi
morali (diversi da qquelli sanitari) per i medici che abbiano dichiarato l'
obiezione di coscienza e che ritengano il farmaco, per i motivi esposti sopra,
"abortivo" e non semplicemente contraccettivo.
L' Obiezione di coscienza, pero', non puo' essere
"estemporanea" ma va dichiarata ufficialmente nei modi e nei tempi
previsti dalla Legge 194. Qualora i tempi non siano tali da pregiudicare l'
effetto anticoncezionale, questi medici hanno quindi, a nostro parere, il
diritto di rifiutare la prescrizione ma devono allora indirizzare correttamente
la paziente a strutture quali i Consultori, che comunque, salvo motivi
"sanitari", saranno tenuti a prescriverla.
Resta impregiudicato, infatti, il diritto della
paziente ad ottenere la prestazione.
I
Consultori, in quanto strutture pubbliche deputate a tale scopo, devono poter assicurare, in ogni caso, la
prestazione richiesta. Cio' e' stato piu' volte ribadito; la stessa
dichiarazione della FNOMCeO riportata all' inizio sottolinea tale aspetto.
Qualora
il medico consultato al Consultorio abbia presentato obiezione di coscienza, la
struttura dovra' quindi attivare altri
sanitari disponibili. Il rifiuto della prestazione puo' configurare, infatti, a
carico dei Responsabili, il rifiuto di atti d' ufficio, come si dira' in
seguito.
I
falsi motivi
Qualora
la prescrizione venga rifiutata, da medici non obiettori, in base a motivazioni
"sanitarie", occorre che tali
motivazioni siano reali e non pretestuose.
Come
abbiamo visto, non sembra, al momento, che vi siano problematiche tali da
indurre ad un rifiuto sistematico, che puo' costituire unicamente un'
eccezione.
Il
rifiuto sistematico attuato da alcuni Consultori, basato sul concetto che,
trattandosi di una prima visita, il medico non possa essere in grado di valutare
i rischi di possibili effetti collaterali, appare del tutto falso e specioso, e
rischioso dal punto di vista legale.
In primo luogo, se tale concetto fosse
valido, gli stessi medici dovrebbero rifiutare sempre qualsiasi prescrizione di
qualunque farmaco in occasione di una prima visita (cosa che evidentemente
non succede).
In
secondo luogo,
poiche' i medici di Consultorio rivestono la qualifica di Pubblici Ufficiali,
una eventuale omissione di prestazione da parte loro assume i caratteri piu'
gravi di un rifiuto di atti d' ufficio, e cio' e' indipendente dagli aspetti
sanitari del problema. E' ben presente alla memoria, ad esempio, il caso del medico di guardia condannato per
aver rifiutato una visita domiciliare che si rivelo' poi effettivamente inutile,
ma che costituiva suo dovere d' ufficio. L' eventuale rifiuto deve quindi
basarsi sulla presenza di concreti e specifici rischi, e non su astratte
dichiarazioni di principio.
Le
motivazioni "sanitarie"infatti
non possono essere semplici pretesti per rifiutare una legittima
prestazione, ne' per mascherare un rifiuto di origine etica o religiosa.
Qualora un medico abbia tali remore, deve esplicitarle dichiarando l' obiezione
di coscienza nei modi di legge.
Fare
"obiezione di coscienza" in modo surrettizio e al di fuori dei
dettati normativi puo' configurare certamente un illecito punibile sia in ambio
disciplinare che penale.
Le
argomentazioni "sanitarie" vanno concretamente vagliate, caso per
caso, con gli stessi criteri anamnestici e obiettivi della comune pratica
medica.
Per
tutelare il medico da errori dipendenti da notizie anamnestiche incomplete o
tendenziose, puo' essere utile sottoporre alla donna una adeguata informativa e
far firmare un esauriente modulo di consenso informato.
Questo
consentirebbe di evitare molte di quelle remore basate su effettivi timori
sanitari, in quanto la paziente viene ad assumersi, in tal modo, la completa
responsabilita' di possibili effetti dannosi.
INFORMATIVA
PER PRESCRIZIONE DI LEVONORGESTREL
Gentile
paziente,
Lei
riferisce di aver consumato un rapporto sessuale a rischio di concepimento, e
chiede la prescrizione di un contraccettivo di emergenza ("pillola del
giorno dopo").
Lei
e' stata informata che tale farmaco inibisce l' annidamento dell' ovulo (anche
se fecondato) alla parete uterina.
Lei
e' stata informata che tale metodo non e' infallibile, e risulta efficace solo
se il farmaco viene assunto a brevissimo tempo dall' atto sessuale; fallisce
invece, in percentuali sempre maggiori, con l' allungarsi di tale periodo.
Viene generalmente ritenuto efficace se assunto entro le 72 ore.
Sono
stati descritti effetti collaterali quali: nausea
(23%), vomito (6%), vertigini (11%), affaticamento (17%), tensione mammaria
(11%), dolori pelvici (18%), altri meno frequenti (diarrea, perdite vaginali).
Non e' possibile escludere comunque
effetti collaterali ancora non noti, diversi per tipologia o per gravita'.
E' stata informata di ogni altro
aspetto del problema, ed e' stato risposto esaurientemente alle domande che ha posto
al suo Medico.
Firma della paziente e del medico
CONSENSO AL TRATTAMENTO
Io sottoscritta.................
Ho preso visione dell' informativa,
avendo ricevuto esaurienti risposte ai miei dubbi.
Dichiaro di aver esposto correttamente
ed esaurientemente al medico le circostanze della mia richiesta e tutti i
problemi fisici che riguardino le mie condizioni di salute in modo che lui
possa valutare eventuali controindicazioni.
CONSENTO al trattamento con la
"pillola del giorno dopo", e ne chiedo opportuna prescrizione.
Data, firma
Daniele Zamperini- Doctor- 10/05