Europa cenerentola nella
ricerca
Nel 2004, il giro
d'affari mondiale del comparto farmaceutico ha toccato 442 milioni di euro alla
produzione. Il mercato Nord Americano resta il più grande del mondo, con una
quota del 47,8%, ben più avanti dell'Europa (29,6%) e del Giappone (11,1%). La
differenza di maggior rilievo è proprio la propensione alla ricerca. Tra il
1990 e il 2004, gli investimenti in ricerca e sviluppo negli Usa sono cresciuti
quasi del doppio rispetto all'Europa (4,5 volte contro 2,7). Tra il 1993 e il
2003 il mercato Usa si è sviluppato ad un tasso annuale dell'11,9%, molto più
alto rispetto all'Europa dove si è registrata una crescita media del 7,3%.
Dunque gli Stati Uniti rinforzano la loro leadership come Paese innovatore,
attirando le stesse aziende europee. A scoraggiare la ricerca farmaceutica nel
Vecchio Continente concorrono secondo il rapporto EPFIA prevalentemente tre
fattori: i tempi (12-13 anni dalla scoperta di una nuova molecola al principio
attivo); i costi ( il costo per la ricerca e sviluppo di nuove molecole è stato
stimato attorno agli 870 milioni di euro nel 2001); e, non ultimo, l'alto
rischio. E la spina nel fianco porta il nome di mercato parallelo. La frammentazione
del mercato farmaceutico europeo causa la proliferazione del commercio
parallelo di farmaci: un fenomeno che crea enormi problemi ai sistemi di
previdenza sociale e ai pazienti, oltre a privare l'industria di risorse
addizionali per ricerca e sviluppo. Nel 2003 il mercato parallelo nella UE è
stato stimato intorno a 4.265 milioni di euro, determinando un buco del 5% nel
mercato farmaceutico. La battaglia dell'industria farmaceutica contro Sud
Africa, India, Brasile, paesi che hanno sostanzialmente aggirato le norme sulla
proprietà intellettuali della ricerca e sui brevetti, consentendo la produzione
da parte di industrie locali di farmaci a costi di un decimo rispetto a quelli
di mercato, sta rischiando di minare l'immagine del comparto. Si aprono delle
crepe nel fronte dell'Industria. Da una parte c'è la difesa del diritto di
sfruttamento degli investimenti, dall'altra il pericolo di inemicarsi buona
parte dell'opinione pubblica rischiando di creare pressione sui governi per
legislazioni punitive nei confronti dell'Industria medesima. Le cure per una
malattia di impatto come l'AIDS potrebbero essere vendurte a prezzi stracciati
ai paesi realmente poveri, senza furbizie da parte di paesi in grado di
sostenere l'onere dell'acquisto dei farmaci a prezzi di mercato. L'abbattimento
del tabù dei brevetti avrebbe conseguenze devastanti. Ricordiamo che già oggi
molte industrie hanno deciso di non investire in ricerca per patologie come
l'AIDS proprio per paura di dover svendere i frutti dei loro investimenti. Una
politica di mancato rispetto dei brevetti avrebbe come conseguenza
l'allontanamento anche di quelle aziende che hanno investito in malattie
diffuse anche nel quarto mondo. Le motivazioni del declino europee sono
certamente variegate. Solo la Gran Bretagna si salva e questo non sorprende
dato che Albione si è ormai caratterizzata come il paese europeo più vicino
agli Stati Uniti con una caratterizzazione come paese che fornisce servizi di
alto livello in ambito finanziario e di ricerca. Londra è attualmente la piazza
finanziaria più importante al mondo. Se ci pensiamo bene le accuse rivolte da
più parti nei confronti della FDA, di essere un'agenzia al servizio dei
clienti, ossia dell'Industria può spiegare molto del divario tra Europa e USA.
Le procedure per l'approvazione dei nuovi farmaci sono divenute più rapide in
USA e questo se da un lato può comportare rischi per la salute, dall'altro
attira sempre più capitali per la ricerca di nuovi farmaci, che a loro volta
debbono essere testati, promossi, alimentando un emorme circuito economico. Il
rischio è che la difesa di alcuni principi, tipici delle corde europee, una
soffocante burocrazia, una malcelata insofferenza verso l'Industria e le sue
esigenze, releghi l'Europa al ruolo di puro mercato di consumo, con gaps di
know-how sempre più ampi con gli USA. Attenzione, il meglio, spesso, è nemico
del bene!
Luca Puccetti