Redazione: Luca Puccetti (webmaster), Marco Venuti
(aggiornamento legale), Raimondo Farinacci,
Giuseppe Ressa, Renato Rossi, Guido Zamperini. Per iscriversi: richiesta a dzamperini@tiscali.it. Archivio generale di oltre
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N. 4, anno 2, Febbraio 2005 |
INDICE
GENERALE
PILLOLE
A Nell' infezione combinata e' meglio la terapia combinata
B Il Metotressato risparmia steroidi nella polimialgia
reumatica
C Prostatite cronica: una via crucis per medico e paziente.
D Radioterapia e tamossifene nel carcinoma mammario
E Fibromialgia: muscoli e tendini alla ricerca di una
terapia.
F Il punto sugli inibitori dell'aromatasi nel k
mammario
G Omeprazolo potenzia la chemioterapia nei tumori
H Statine e rabdomiolisi
I Le diarree invernali: colpevole è il noravirus
L Aumentano i tagli cesarei: si tratta di una pratica
giustificata?
M Antisecretivi aumentano il rischio di polmonite
N Quadro clinico e fattori prognostici nella meningite
acuta batterica
O L'uso degli SSRI può comportare un aumento del rischio
emorragico.
P L'obesità è un importante fattore di rischio per fibrillazione
atriale di nuova insorgenza
Q L'aspirina funziona nella crisi emicranica
Q1 Il cancro gastrico origina dalle cellule del midollo
osseo
Q2 Antagonisti del recettore dell'angiotensina II e infarto
miocardico
Q3 Si curerà l'AIDS come la Rabbia?
Q4 Lo stress delle madri porta allautismo dei
figli?
Q5 Deficit attentivo/iperattività (ADHD): un disturbo
mal curato
Q6 Tempesta sui coxib
Q7 Dopo il rofecoxib arriva la volta del valdecoxib?
@ News prescrittive (dalla
Gazzetta Ufficiale): (a cura di Marco Venuti)
Botox
CASI CLINICI
S - I CASI DEL DOTT. CRETINETTI
: Quellingannevole TC
(di Giuseppe Ressa) :
MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Di Daniele Zamperini per ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina
Legale Università Cattolica.
ML1 Diritto
alla salute e stress olfattivo
ML2 Garante Privacy: Le
perizie dei consulenti tecnici nominati dal giudice
ML2b Garante Privacy: tutela delle persone malate
ML3b Garante Privacy: Attività extramuraria. Le Asl possono
effettuare ispezioni.
ML 4b Garante privacy: varie note su problemi sanitari
ML5b Garante Privacy: Anche le foto
scattate a fini di interventi chirurgici sono dati personali
ML 6b Foto segnaletiche.
Sentenza della Corte dei diritti Ue
@ Il medico e la legge: cap. 8: La colpa professionale
e lo standard di riferimento per la valutazione della diligenza
(Avv. Nicola Todeschini)
@ Il medico e la legge:
cap 9 Il consenso informato(Avv. Nicola Todeschini)
PROFESSIONE
PR NASCE
UN NUOVO POLO SINDACALE MEDICO. UNAMEF - AMI : firmata
l'intesa .
PR01 L' Ordine dei Medici di Napoli impugna
il nuovo Accordo Nazionale per gli aspetti deontologici
PR1 Etica: il punto di vista della WMA (World
Medical Association)
PR2 La Formazione Professionale dei Medici
deve essere appannaggio delle Societa' Scientifiche (Sentenza)
IL DIBATTITO
D1 BURN OUT : Dalle ricerche internazionali e
nazionali alle dure motivazioni e soluzioni nazionali
@- LE NOVITA' DELLA LEGGE (Di Marco Venuti): Settembre-ottobre 2004
Su www.medicoeleggi.it/pillole/freeconsult.htm
Marco Venuti mette a disposizione una serie di articoli su problemi connessi alla
prescrizione dei farmaci.
AVVISI IMPORTANTI
MANUALE DI CLINICA PRATICA
Continua la pubblicazione settimanale sul sito http://www.pillole.org/
del "Manuale di clinica pratica", di R. Rossi e G. Ressa, con la collaborazione
di vari altri colleghi. L' opera e' di libero uso esclusivamente personale; non e'
consentito l' uso commerciale o di qualunque altro genere senza il consenso degli autori.
Pubblicato il modulo n. 13
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IL MEDICO E LA LEGGE
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rivista, viene contemporaneamente messa a disposizione (versione integrale scaricabile)
sia sul sito http://www.pillole.org/ che su http://www.scienzaeprofessione.it/ |
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PILLOLE
A - Nell' infezione
combinata e' meglio la terapia combinata
Nel paziente con coinfezione da HCV e HIV un regime basato su
peg-interferone/ribavirina produce una risposta virologica sostenuta
migliore della terapia standard a base di interferone.
In questo studio sono stati arruolati oltre 400 pazienti che presentavano una coinfezione
da HIV e da HCV.
Dopo randomizzazione i pazienti sono stati trattati con interferone alfa 2b (3 milioni di
unità per via sottocutanea 3 volte alla settimane) oppure con peg-interferon alfa 2b (1,5
mcg/kg per via sottocutanea una volta alla settimana) associata a ribavirina (400 mg due
volte al giorno per via
orale). la durata del trattamento per entrambi i gruppi è stat di 48 settimane.
Alla 72° settimana è stata determinata la cosidetta risposta virologica sostenuta,
definita come l' impossibilità di determinare nel siero
l'HCV-RNA. Mostravano una risposta virologica sostenuta il 27% dei pazienti trattati con
il regime peg-interferon/ribavirina e il 20% dei pazienti
trattati con interferone. La tollerabilità è risultata simile per i due regimi, nel
regime con ribavirina si sono però osservati undici casi di
pancreatite o iperlattatemia quando i pazienti assumevano anche didanosidi.
L'associazione di questi farmaci con ribavirina dovrebbe quindi essere evitata.
Fonte: Carrat F et al. for the ANRS HCO2 RIBAVIC study Team. Pegylated
Interferon Alfa-2b vs Standard Interferon Alfa-2b, Plus Ribavirin, for
Chronic Hepatitis C in HIV-Infected Patients . A Randomized Controlled Trial
JAMA. 2004 Dec 15; 292:2839-2848.
Commento di Renato Rossi
La terapia a base di interferone pegilato/ribavirina risulta più efficace del solo
interferone standard nel produrre una risposta virologica sostenuta nei pazienti con
infezione da HCV e da HIV. Purtroppo la percentuale di responders risulta ancora
abbastanza bassa (inferiore al 30% anche con il regime più efficace). Inoltre lo studio
ha valutato un end-point surrogato come la risposta sierologica sostenuta anche se si
tratta di un end-point sicuramente importante perchè indica la clearance del virus HCV
dall'organismo.
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B - Il
Metotressato risparmia steroidi nella polimialgia reumatica
L'aggiunta alla terapia standard con steroidi di 10 mg alla settimana di metotressato
riduce la durata del trattamento steroideo e il numero delle riacutizzazioni. Questi i
risultati di uno studio multicentrico italiano realizzato dal gruppo di studio sulle
vasculiti sistemiche della società italiana di reumatologia.
Gli steroidi sono il trattamento standard per la polimialgia reumatica, ma fino al 60% dei
pazienti presenta ricadute durante la fase di diminuzione dello steroide. Alcuni studi
indicano che il trattamento steroideo può essere interrotto soltanto raramente prima di
due anni. Altri studi hanno suggerito che il metotressato somministrato assieme al
prednisone è efficace nella polimialgia. Settantadue pazienti, afferenti a 5 diverse
cliniche reumatologiche italiane, cui era stata posta diagnosi di polimialgia reumatica di
recente insorgenza, sono stati randomizzati a ricevere metotressato 10 mg alla settimana
per os, o placebo per 48 settimane. Tutti i pazienti inoltre hanno ricevuto una
supplementazione con acido folico, 7,5 mg/die e prednisone 25 mg/die, che è stato ridotto
e interrotto in 24 settimane. La dose dello steroide è stata aggiustata per controllare
le riacutizzazioni. A 76 settimane, 28 dei 32 pazienti nel gruppo del methotrexate e 16
dei 30 pazienti nel gruppo del placebo non erano più in trattamento con prednisone (P =
003; differenza di rischio, 34%; 95% CL: 11% - 53%). La dose mediana del prednisone era
2,1 g/die nel gruppo del methotrexate e 2.97 g/die nel gruppo del placebo (P = 03).
Durante il periodo di follow-up 15 dei 32 pazienti nel gruppo del methotrexate e 22 dei 30
pazienti nel gruppo del placebo hanno avuti almeno una riacutizzazione (P = 04). Gli
eventi avversi sono risultati simili in entrambi i gruppi, sia per quanto riguarda la
frequenza, che per quanto attiene alla gravità. Le limitazioni dello studio includono la
durata breve del follow-up, l'uso di una dose elevata di acido folico, una dose iniziale
relativamente elevata di prednisone e ed una perdita di pazienti o un tasso di
interruzione del 14% . L'aggiunta del metotressato è associato con un trattamento
sterodeo più breve e consente di risparmiare lo steroide. Il metotressato può essere
utile nei pazienti ad elevato rischio di tossicità steroidea. Ulteriori studi sono
necessari per valutare l'efficacia del metotressato come terapia di induzione ed esaminare
se l'aggiunta del methotrexate può permettere di impiegare dosi iniziali più basse di
prednisone."
fonte: Annals of Internal Medicine (volume 141, pages 493-500
link: http://www.annals.org/cgi/content/summary/141/7/493
Commento
In un editoriale pubblicato sullo steso numero della rivista John H. Stone, MD, MPH, del
Vasculitis Center della Johns Hopkins University a Baltimora, Maryland, suggerisce cautela
prima di applicare questi risultati alla pratica clinica. Se il methotrexate è efficace
nella polimialgia il vantaggio che arreca è piccolo pertanto dovrebbe essere usato nei
pazienti che non tollerano neppure le dosi basse di steroidi.
Commento di Luca Puccetti
La polimialgia reumatica è una affezione relativamente frequente nell'età avanzata. La
terapia steroidea è il gold standard e solitamente deve essere protratta da 18 a 36 mesi,
ma non sono infrequenti casi in cui è necessario protrarla per periodi assai più
prolungati. Lo studio ha elementi di notevole interesse, tuttavia, nella mia esperienza,
le riacutizzazioni non sono così frequenti se si ha l'accortezza di non avere troppa
fretta nell'abbassare la dose degli steroidi e si monitorizza il paziente in modo
appropriato, sia clinicamente che mediante esami di laboratorio come la Ves e la PCR. Di
particolare importanza le istruzioni da dare al paziente mettendolo in guardia nei
confronti degli amici e parenti che lo indurranno a cessare lo steroide non appena stia
meglio. La dose di steroide mediamente necessaria a controllare il paziente stabilizzato
è davvero minima, spesso 2,5/die di prednisone o dosi equipotenti di altri steroidi. tali
dosi sono molto ben gestibili associando una appropriata supplementazione con calcio
vitamina D, bisfosfonati e diuretici. L'aggiunta del metotressato in pazienti così
anziani può rappresentare una scelta da operare caso per caso. Occorre infatti
considerare che già negli anni 90 van der Veen della Università di Utrecht aveva
pubblicato uno studio su 40 pazienti affetti da polimialgia reumatica/arterite di Horton
in cui il Metotressato alla dose settimanale di 7,5 mg/die non avevva prodotto benefici
significativi, sia in termini di durata del trattamento che di risparmio di steroidi o di
riacutizzazioni. Anche in questo studio la tollerabilità del metotressato è risultata
buona. Tuttavia, data la mancanza di dati a lungo termine, il controllo ottimo sulla
malattia garantito da dosi basse di steroidi, la relatività benignità dell'affezione,
ritengo che sarebbe opportuno impiegare il metotressato solo in casi selezionati in cui
magari si associ una arterite di Horton o in cui gli steoidi presentino controindicazioni
maggiori.
fonte: Ann Rheum Dis 1996 Aug;55(8):563
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C Prostatite cronica: una via crucis
per medico e paziente.
La prostatite cronica è una patologia probabilmente frequente ma di diagnosi non
semplice, caratterizzata da vaghi disturbi della minzione e/o dolore o senso di peso alla
pelvi o alla zona perineale. La causa rimane spesso ignota.
Gli esami colturali delle urine e dello sperma spesso non riescono a mettere in evidenza
alcun tipo di germe, gli esami strumentali (richiesti soprattutto per escludere una
patologia neoplastica delle vie genitourinarie) risultano di solito negativi.
L'ecografia prostatica transrettale può talora evidenziare una prostata aumentata di
volume o con calcificazioni. Gli autori anglosassoni
parlano anche di sindrome dolorosa pelvica cronica. La terapia è abbastanza deludente,
spesso si usano antibiotici a basso dosaggio per mesi, ma i risultati sono incostanti.
In uno studio sono stati arruolati 196 uomini affetti da dolore cronico pelvico da almeno
3 mesi, con indagini di laboratorio e strumentali
negative. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere un alfabloccante (tamsulozina), un
antibiotico (ciprofloxacina), entrambi i farmaci oppure
placebo per sei settimane. Alla fine dello studio non c'erano differenze tra i vari gruppi
per quanto riguarda il dolore pelvico o i disturbi urinari.
Commento
La prostatite cronica rimane una diagnosi di esclusione il cui trattamento è deludente in
molti casi. Questo studio conferma i risultati di altri studi in cui gli antibiotici non
si sono dimostrati efficaci. Per quanto riguarda gli alfalitici i dati sono contrastanti
in quanto alcuni
lavori precedenti avevano suggerito un certo beneficio derivante dall'uso di questi
farmaci protratto per settimane o mesi. Per il momento si può
concludere che mentre l'uso degli antibiotici è con tutta probabilità inutile, un
tentativo con alfabloccante per alcuni mesi può essere una
scelta ragionevole, in mancanza di alternative più valide.
Fonte: Ann Intern Med 2004 Oct 19; 141:581-9.
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D Radioterapia e tamossifene nel
carcinoma mammario
Dopo tumorectomia mammaria la radioterapia viene usata per prevenire le recidive
locali. Anche il tamoxifene è efficace per la prevenzione secondaria. Pertanto sono stati
realizzati due studi per verificare se la radioterapia conferisce un vantaggio rispetto
all'assunzione del tamoxifene.
In entrambi i trials le pazienti sono state operate di tumorectomia e trattate con
tamoxifene da solo (20 mg/die per 5 anni) o associato a radioterapia. Nel primo studio
sono state studiate 769 donne di oltre 50 anni con cancro mammario localizzato (tumore
< 5 cm). Le recidive locali a 5 anni sono state significativamente più frequenti con
il solo tamoxifene rispetto alla terapia combinata (7,7% contro 0,6% hazard ratio 8.3;
IC95 per cento 3.3 - 21.2; P<0.001, con tassi di sopravvivenza libera da malattia a 5
anni dell'84 % e 91 %rispettivamente, P=0.004). Non sono emerse invece differenze per
quanto concerne le metastasi o la sopravvivenza globale. Tuttavia in un sottogruppo a
basso rischio (età oltre 60 anni, tumore inferiore a 1 cm, recettori estrogenici), le
recidive locali sono state rare sia con il solo tamoxifene che con l'aggiunta della
radioterapia (1,2% e 0% rispettivamente).
Fonte: NEJM 2004 351:963-970
Link: http://content.nejm.org/cgi/content/abstract/351/10/963
Nel secondo studio sono state studiate 636 donne, di età superiore ai 70 anni, con tumore
inferiore a 2 cm e positività dei recettori estrogenici. Anche in questo studio le
recidive locali a 5 anni sono state significativamente inferiori con l'uso della
radioterapia rispetto a quanto osservato con il solo tamoxifene (1% contro 4%;
p<0,001). Le metastasi a distanza e la sopravvivenza globale non sono risultate
significativamente diverse nei due gruppi (87 % tamoxifene e radioterapia e 86 % solo
tamossifene, P=0.94). Sia i ricercatori che le pazienti hanno giudicato migliori, dal
punto di vista estetico, i risultati ottenuti nel gruppo trattato con solo tamossifene.
Fonte: NEJM 2004 351:971-977
Link: http://content.nejm.org/cgi/content/short/351/10/971
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E Fibromialgia: muscoli e tendini alla
ricerca di una terapia.
Per fibromialgia si intende una sindroma clinica caratterizzata da dolore spontaneo e/o
provocato a livello dell'apparato muscolare, legamentoso e tendineo, associato a
rigidità. Le zone più colpite sono il collo e le spalle, la zona dorso-lombare e talora
la coscia. La sindrome colpisce più
frequentemente donne e non ha una causa riconosciuta. Il dolore può essere localizzato ad
una zona particolare, associato a rigidità e contratture muscolari, oppure diffuso a più
distretti. La palpazione di alcune zone (trigger points) esacerba il quadro doloroso. La
sindrome va differenziata da altre patologie di tipo muscolo-scheletrico:
gli esami di laboratorio sono negativi per flogosi e quelli radiologici possono mostrare
alterazioni artrosiche ma non sono di aiuto nella diagnosi.
L'andamento della malattia è capriccioso: spesso vi è un'apparente risoluzione spontanea
con successive riaccensioni.
Il trattamento ottimale non è chiaro. Una revisione della letteratura conclude che gli
studi clinici al riguardo sono limitati dal fatto di essere di breve durata e di qualità
non ineccepibile. In ogni caso i dati disponibili suggeriscono una certa efficacia dei
triciclici a basse dosi, dell'esercizio fisico, della terapia cognitiva comportamentale e
della educazione del paziente.
Altre terapie proposte, come per esempio l'iniezione dei trigger points con anestetici o
steroidi, non sono state adeguatamente valutate.
Goldenberg DL et al. Management of Fibromyalgia Syndrome
JAMA. 2004 Nov 17; 292:2388-2395.
Commento
Vari fattori possono fungere da momenti scatenanti: esposizione al freddo, stress,
infezioni virali, ecc. In molti casi vi è un sottostante terreno di ansia, depressione o
tendenza alla somatizzazione. La diagnosi, come s'è detto, è di esclusione. Un utile
criterio ex-juvantibus è la scarsissima risposta agli antinfiammatori, anche se non si
può escludere che singoli pazienti ne possano trarre un certo beneficio.
La prognosi è comunque benigna anche se la qualità di vita del paziente risulta
inevitabilmente compromessa e gli alterni risultati ottenibili con
la terapia lo preoccupano al punto che spesso vagabonda da uno specialista all'altro in
cerca di una improbabile soluzione.
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F - Il punto sugli inibitori
dell'aromatasi nel k mammario
Recentemente l'American Society of Clinical Oncology (ASCO) ha elaborato delle linee guida
sull'uso degli inibitori delle aromatasi.
Secondo le nuove raccomandazioni questi farmaci producono un modesto ma consistente
aumento della sopravvivenza libera da malattia nelle donne con pregresso cancro mammario
con stato recettoriale ormonale positivo.
Non sappiamo però se esista una qualche differenza tra i tre diversi inibitori
dell'aromatasi (anastrozolo, letrozolo, exemestane) nè conosciamo il loro profilo di
sicurezza a lungo termine, il timig d'inizio della terapia e la durata d'uso ottimale. Dai
dati finora a disposizione sembra che gli inibitori dell' aromatasi riducano gli eventi
trombotici e i tumori uterini mentre possono aumentare il rischio di fratture
osteoporotiche rispetto al tamoxifene.
Ragionevolmente si può dire che questi farmaci sono una buona scelta nelle donne che
hanno controindicazioni al tamoxifene o che durante
la terapia con tamoxifene hanno avuto effetti collaterali o recidiva neoplastica.
In tutti gli altri casi si può raccomandare una terapia con tamoxifene per i primi 2-3
anni seguiti da un inibitore dell'aromatasi per altri 2-3 anni (o
forse per 5 anni). Alcuni raccomandano invece di usare subito un inibitore dell'aromatasi
per 5 anni e di passare al tamoxifene in caso di intolleranza, ma bisogna tener conto che
gli inibitori dell'aromatasi sono controindicati nelle donne in pre-menopausa.
Comunque, secondo gli esperti del panel che ha steso le linee guida, i medici e le donne
dovrebbero considerare che i potenziali rischi (in parte ancora non conosciuti) di questi
nuovi farmaci potrebbero superare i benefici.
Fonte: Pubblicate online il 15 novembre 2004 su Journal of Clinical Oncology
Commento.
Non c'è che dire. Dopo le raccomandazioni il solito scaricabarile: i rischi potrebbero
superare i benefici, non sono noti gli effetti a lungo termine,
ecc.
Esaminiamo la questione più da vicino. La terapia standard nelle donne operate di cancro
mammario con recettori ormonali positivi si basa sull'uso del tamoxifene per 5 anni.
Nonostante il trattamento però alcune pazienti vanno incontro a ricaduta. Inoltre il
tamoxifene è associato a numerosi effetti collaterali inclusi un aumento del rischio di
tumore dell'endometrio e di tromboembolismo. Il tamoxifene è un agonista-antagonista
degli estrogeni e produce effetti benefici a livello mammario e osseo ma deleteri sul
versante endometriale e vasale.
In questi ultimi anni sono stati proposti nuovi famaci appartenenti alla classe degli
inibitori dell' aromatasi. L'enzima aromatasi è implicato nella
trasformazione a livello dei tessuti periferici degli androgeni in estrogeni. Sono
disponibili tre farmaci: l'anastrozolo e il letrozolo sono
degli inibitori reversibili di tipo non steroideo mentre l'exemestane è un inibitore
steroideo di tipo irreversibile.
Nello studio ATAC (Lancet 2002 Jun 22; 359:2131-39) quasi 10.000 donne sottoposte a
mastectomia furono randomizzate ad anastrozolo, tamoxifene oppure ad una associazione dei
due farmaci e seguite mediamente per quasi tre anni. La sopravvivenza libera da malattia a
3 anni era
significativamente più elevata nel gruppo che assumeva anastrozolo anche se gli autori
concludono che sarebbe necessario un follow-up più prolungato per valutare più
compiutamente il rapporto rsichio/beneficio.
In un altro studio (N Engl J Med 2003 Nov 6; 349: 1793-1802) sono state reclutate più di
5.000 donne mastectomizzate in post-menopausa che avevano già completato i 5 anni di
terapia con tamoxifene. Successivamente le donne sono state randomizzate a letrozolo o
placebo per oltre 2 anni. La mortalità totale non risultava significativamente ridotta ma
il letrozolo aumentava l'intervallo libero da malattia. Lo studio doveva durare 5 anni ma
è stato sospeso anticipatamente per motivi etici. Anche se il beneficio del letrozolo
sembra quindi evidente, non sappiamo se, per terapie più prolungate, non vi sia un
eccesso di eventi cardiovascolari dovuti al farmaco: sarebbe stato utile avere a
disposizione un follow-up più lungo. Quello che si può dire, dopo questo studio, è che
i benefici del letrozolo sono stati valutati per un periodo di 2-3 anni, mentre non sono
noti gli eventuali effetti avversi per periodi più prolungati, la durata ottimale della
terapia nè se un uso più prolungato avrebbe portato ad una riduzione della mortalità
totale.
Infine in un terzo studio (N Engl J Med 2004 Mar 11; 350:1081-1092) l'exemestane ha
migliora la sopravvivenza libera da malattia nel cancro
mammario: rispetto al regime standard (tamoxifene per 5 anni) la sopravvivenza libera da
malattia risulta migliore con un regime che prevede
tamoxifene per i primi due-tre anni seguiti da exemestane.
In questo studio in doppio cieco sono state infatti arruolate oltre 4.700 donne,
randomizzate a tamoxifene per 5 anni oppure a tamoxifene per i primi due-tre anni e poi
exemestane per il rimanente periodo . Il follow-up medio è stato di 30,6 mesi. Tuttavia
la mortalità totale risultò simile in entrambi i gruppi.
Purtroppo anche questo studio è stato interrotto anticipatamente e questo non permette di
valutare appieno gli effetti a lungo termine sia positivi che negativi. Forse bisognerebbe
ripensare le regole per l'interruzione anticipata dei trials: se da una parte vi è il
desiderio di informare
rapidamente circa terapie potenzialmente più efficaci, dall'altra vi è la necessità di
ottenere dati più solidi circa la sicurezza dei nuovi farmaci.
Che dire? La mia opinione è che per il momento questi nuovi farmaci dovrebbero essere
prescritti quando esista una controindicazone al
tamoxifene oppure se, durante terapia con questo farmaco, si sviluppano effetti
collaterali o ricadute neoplastiche. Un'altra scelta può essere
quella di usarli per altri 2-3 anni dopo che la paziente ha assunto tamoxifene per i primi
2-3 anni.
Sarei invece più prudente ed attenderei ulteriori dati prima di passare all'uso
indiscriminato di questi farmaci in sostituzione del vecchio ma
sempre valido tamoxifene.
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G - Omeprazolo potenzia la
chemioterapia nei tumori
Partirà nel 2005 la sperimentazione clinica sull'uomo di un trattamento a base di
farmaci inibitori delle pompe protoniche (omeoprazolo e simili) che, somministrato prima
della chemioterapia, sarebbe in grado di rendere i tumori più sensibili alla terapia
stessa.
Un trattamento a base di omeoprazolo, un farmaco che normalmente si usa per l'ulcera
gastrica, se somministrato un giorno prima della chemioterapia antitumorale, potrebbe
migliorare l'efficacia della cura, riducendone oltretutto il livello di tossicità. Si
tratta, infatti, di un farmaco che, modulando l'acidità delle cellule tumorali, riesce a
rendere sensibili ai chemioterapici i tumori ad essi resistenti. A questa conclusione sono
giunti i ricercatori dell'Istituto Superiore di Sanità dopo aver condotto uno studio,
condotto in vitro e su modelli animali, pubblicato sul Journal of National Cancer
Institute. I risultati vanno confermati dalla sperimentazione clinica nell'uomo
programmata per il 2005. Tra i meccanismi di resistenza ai farmaci, infatti, l'acidità
svolge un ruolo di primaria importanza, essendo la gran parte dei farmaci, inclusi quelli
antitumorali, facilmente neutralizzabili dall'ambiente acido". L'omeoprazolo e d
altri PPI(rabeprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo e pantoprazolo), attualmente utilizzati
nel trattamento dei sintomi della malattia peptica, esplicano la loro azione antiacida
inibendo le pompe (proteine della membrana della cellula) che regolano il pH cellulare.
L'ambiente in cui si sviluppa un tumore maligno è acido e, quindi, potenzialmente in
grado di attivare questi farmaci, i quali, innalzando il pH tumorale, riescono ad inibire
il meccanismo di resistenza ai chemioterapici. I risultati
dell'indagine hanno pienamente confermato questa ipotesi: infatti, il trattamento con
omeoprazolo od i suoi analoghi ha mostrato di saper rendere cellule tumorali, prima
resistenti ai chemioterapici, sensibili all'azione degli stessi, soltanto, però, se il
trattamento con PPI avviene 24 ore prima dell'inizio della chemio. I ricercatori hanno
inizialmente sperimentato questi farmaci su linee cellulari umane (in gran parte fornite
dall'Istituto Nazionale per la Cura dei Tumori di Milano), derivate da pazienti affetti da
tumori di varia origine, di cui era stata appurata in precedenza la chemioresistenza. Il
risultato ha mostrato che un pre- trattamento a base di PPI riusciva ad aumentare
notevolmente l'effetto di alcuni agenti chemioterapici, quali cisplatino, 5-fluoracile,
vinblastina e doxorubicina. Gli studi sul meccanismo responsabile di tale effetto hanno
mostrato che i PPI incrementavano il pH, sia dell'ambiente extracellulare che di quello
intracellulare, inducendo inoltre un aumento della permanenza del farmaco chemioterapico.
Gli studi hanno compreso anche una parte in vivo, utilizzando un modello costituito da
topi SCID (Severe Combined Immunodeficiency), nei quali sono state inoculate cellule
tumorali umane che crescevano nel topo sotto forma di tumore cutaneo. Una volta
sviluppatosi il cancro umano, ai topi è stato somministrato omeoprazolo per via orale e
il giorno successivo il chemioterapico per via sistemica. I ricercatori hanno, quindi,
potuto osservare che negli animali pre - trattati con omeoprazolo la crescita tumorale
veniva inibita, con la conseguente formazione di un'ampia area di necrosi a livello del
tessuto tumorale. I topi, inoltre, non mostravano alcun segno di tossicità, confermando,
quindi, la capacità dei PPI di ridurre gli effetti collaterali, ben noti, dei
chemioterapici.
Fonte: Istituto Superiore di Sanità
Link: http://progetti.iss.it/pres/comu/comu.php?id=225
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H - Statine
e rabdomiolisi
Il rischio di rabdomiolisi è basso e simile con tutte le statine senza differenze tra
atorvastatina, pravastatina e simvastatina. Il rischio aumenta se si associa un fibrato
soprattutto in anziani diabetici. La cerivastatina presenta invece un rischio molto alto,
specie se in associazione con i fibrati.
Sono stati considerati 252460 pazienti trattati con ipolipemizzanti dal 1998 al 2001. Sono
stati rinvenuti 24 casi di rabdomiolisi ospedalizzati. L'incidenza annuale media per 10000
persone-anno per la monoterapia con atorvastatina, pravastatina, o simvastatina è
risultata di 0.44 (95% [CI], 0.20-0.84); mentre per la cerivastatina 5.34 (95% CI,
1.46-13.68); e per i fibrati 2.82 (95% CI, 0.58-8.24). nelle persone non trattate
l'incidenza è stata pari a 0 (95% CI, 0-0.48; P = .056). L'incidenza è risultata
incrementata a 5.98 (95% CI, 0.72-216.0) per la terapia combinata di atorvastatina,
pravastatina, o simvastatina con un fibrato, ed a 1035 (95% CI, 389-2117) per la
combinazione cerivastatina-fibrato. , Il "number needed to treat" per anno di
terapia per osservare 1 caso di rabdomiolisi è risultatato 22727 per la monoterapia con
statine, 484 per i pazienti più anziani con diabete mellito trattai con statina e fibrato
e compreso tra 9.7 e 12.7per i pazienti trattati con cerivastatina e fibrato.
Fonte: JAMA. 2004;292
Link: http://jama.ama-assn.org/cgi/content/abstract/292.21.2585v1
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I - Le diarree
invernali: colpevole è il noravirus
Descritto per la prima volta nel 1972 in occasione di un'epidemia in una scuola della
cittadina di Norwalk, nell'Ohio (USA), rappresenta una delle principali cause di
gastroenterite nel mondo, diffusa soprattutto tra gli adulti.
I Calicivirus sono una delle maggiori cause di patologia umana e sono compresi nei
patogeni di categoria B secondo la classificazione adottata dal National Institute of
Allergy and Infectious Diseases. I Calicivirus si trovano frequentemente in acque e cibo
contaminati e una grande varietà è risultata implicata quale fonte di infezione durante
le indagini sulle epidemie. RICERCHE RECENTI: Nel 2002 è stata approvata una nuova
nomenclatura per due dei quattro generi dei Caliciviridae. Sono i Norovirus,
precedentemente chiamati Norwalk-like virus o small round-structured virus, e i Sapovirus,
precedentemente denominati Sapporo-like virus. I Calicivirus sono molto diversi
geneticamente e antigenicamente. Questa diversità complica il disegno di test
diagnostici, ma può essere utilizzata per discriminare ceppi contaminanti e infettanti
durante lindagine di una epidemia. Di particolare interesse è la recente scoperta
di ceppi naturali di Norovirus ricombinanti, tutti virulenti e altamente dispersi e
apparentemente ecologicamente indistinguibili dagli altri ceppi di calicivirus.
Il virus presente nelle feci o nel vomito può passare da un soggetto all'altro per
contatto diretto o per ingestione di alimenti e acqua contaminati, ma anche per inalazione
di polveri in luoghi dove si siano verificati, anche molto tempo prima, episodi infettivi.
La possibilità di serbatoi animali (bovini, suini) è attualmente sotto studio. Questi
virus sono caratterizzati da elevata contagiosità e resistenza nell'ambiente, bassa
carica infettante ed estrema variabilità genetica. L'infezione da Norovirus presenta
generalmente sintomatologia non grave e si autolimita, salvo in soggetti con salute
compromessa. Presso l'ISS è attivo da alcuni anni un gruppo di ricerca che ha messo a
punto tecniche per la diagnosi dell'infezione e ha indagato su numerosi episodi epidemici.
Fonte ISS e Centro di Riferimento Regionale sulle Tossinfezioni Alimentari
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L - Aumentano i tagli
cesarei: si tratta di una pratica giustificata?
Secondo uno studio di tipo trasversale pubblicato anticipatamente online dal BMJ il numero
di parti con taglio cesareo sono aumentati in questi ultimi anni negli USA in modo quasi
esponenziale e in molti casi senza che vi fossero motivi medici per ricorrere alla
procedura chirurgica.
Lo studio ha analizzato i certificati di nascita di circa 4 milioni di bambini americani
ogni anno per il periodo che va dal 1991 al 2001. Gli autori calcolano che in questo lasso
di tempo i tagli cesarei siano aumentati dal 3,7% al 5,5%. In totale oltre 80.000 tagli
cesarei sarebbero stati effettuati senza che vi fossero motivi di ordine medico o
ginecologico. La probabilità di essere sottoposta a teglio cesareo, per una donna
gravida, è aumentata del 50% nel 2001 rispetto al 1996.
Gli autori ammettono che lo studio potrebbe avere delle limitazioni nel senso che nei
certificati esaminati potrebbero non essere stati riportati motivi che in realtà
giustificavano il taglio cesareo.
E' indubbio tuttavia che in questi ultimi anni sono cambiate molte cose, i ginecologici
tendono a effettuare un taglio cesareo anche per patologie che un tempo non erano
un'indicazione mentre altre volte la scelta è della paziente stessa.
Fonte: BMJ, pubblicato online il 19 novembre 2004
Commento
Questi dati americani probabilmente non si possono trasferire alla realtà italiana. E'
indubbio tuttavia che stiamo assistendo ad una progressiva medicalizzazione di ogni
aspetto della vita e gravidanza e parto non potevano sfuggire alla tendenza generale.
Sicuramente negli USA gioca, più che da noi, un ruolo importante la necessità del medico
di tutelarsi dal punto di vista medico legale con la tendenza a rifiugiarsi in una sorta
di medicina difensiva esasperata.
D'altra parte l'enfatizzazione della medicina "miracolistica" può portare le
donne ad optare per una soluzione che viene vista come un qualcosa che provoca meno dolore
e che è (od è creduta) meno pericolosa del parto per via vaginale.
Non bisognerebbe dimenticare invece che il taglio cesareo è comunque una procedura
invasiva che può comportare rischi infettivi post-chirurgici, difficoltà
all'allattamento materno, un ricovero ospedaliero più lungo, un aumento dei costi.
Inoltre un pregresso taglio cesareo aumenta, in una gravidanza successiva, il rischio di
rottura uterina (Kieser K et al. Obstet Gynecol 2002; 100: 749-752) e, seppur lievemente,
di morte perinatale (Guise J-M et al. BMJ 2004; 329:19-25). Inoltre ci sono dati che fanno
pensare che un pregresso taglio cesareo sia un fattore di rischio per morte fetale in una
successiva gravidanza (Gordon CS Smith et al. Lancet 2003; 362: 1779-1784).
Qualcuno sostiene che il taglio cesareo evita le lacerazioni perineali che si verificano
con il parto per via vaginale, con benefici nel lungo periodo sulla muscolatura perineale.
In realtà la questione è ancora dibattuta e , come al solito, bisogna fare un bilancio
molto attento dei rischi.
Renato Rossi
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M - Antisecretivi
aumentano il rischio di polmonite
I soggetti in terapia con PPI presentano un rischio di polmonite significativamente
aumentato, probabilmente a causa della mancata inattivazione dei patogeni da parte
dellambiente acido.
Questo è il risultato principale di uno studio caso-controllo condotto in Olanda su oltre
360.000 soggetti per verificare se allaumentata incidenza di colonizzazione da parte
di patogeni riscontrata a livello gastrointestinale negli utilizzatori di farmaci
antiulcera potesse corrispondere un simile aumento del rischio infettivo anche a livello
polmonare.
Gli utilizzatori di inibitori della pompa protonica (IPP)o di H2-antagonisti hanno
mostrato unincidenza di polmonite di 2,45/100 persone-anno, contro un tasso di
0,6/100 persone-anno nei controlli.
I pazienti in terapia con PPI hanno un rischio di polmonite 1,89 volte superiore a quelli
che la hanno sospesa, mentre tale rapporto è di 1,63 per quanto riguarda gli H-2
antagonsti.
Nei soggetti trattati con PPI maggiore è la dose di acido-soppressore, maggiore è il
rischio di polmonite.
Fonte: JAMA. 2004;292(16):1955-60
Segnalato da: Farmeco.it del 25/11/04
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N -Quadro clinico e
fattori prognostici nella meningite acuta batterica
Uno studio prospettico ha valutato quadri clinici e fattori prognostici di 696 pazienti
adulti colpiti da meningite batterica acuta acquisita in comunità. I patogeni più comuni
sono risultati lo Streptococcus pneumoniae (51 per cento degli episodi) e la Neisseria
meningitidis (37 per cento).
La classica triade costituita da febbre, rigidità nucale ed alterazione dello stato
mentale è stata osservata nel 44 per cento dei casi, mentre il 95 per cento dei pazienti
presentava almeno due dei seguenti sintomi: mal di testa, febbre, rigidità nucale ed
alterazione dello stato mentale.
Il tasso di mortalità complessiva è stato pari al 21 per cento, con valori più alti tra
i pazienti con meningite pneumococcica rispetto a quelli con meningite meningococcica (30
per cento contro 7 per cento).
Fattori di prognosi sfavorevole sono risultati: età avanzata, otite o sinusite, assenza
di rash cutaneo, basso punteggio della Glasgow Coma Scale allarruolamento,
tachicardia, emocoltura positiva, VES elevata, trombocitopenia e leucopenia nel liquido
cerebrospinale. Un ulteriore fattore di prognosi sfavorevole è risultato linfezione
da S. pneumonia.
N Engl J Med. 2004;351(18):1849-59
Segnalato da Farmeco.it del 25/11/2004.
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O - L'uso degli SSRI può comportare un
aumento del rischio emorragico.
Lo studio ha preso in considerazione oltre 64.000 pazienti che avevano da poco iniziato ad
assumere un SSRI. Durante gli 8 anni di osservazione (dal 1992 al 2000) si verificarono
196 ricoveri per emorragia. Questi pazienti furono paragonati ad altrettanti controlli,
simili per sesso ed età, che non assumevano SSRI. Il confronto ha permesso di stabilire
che l'uso di SSRI in nuovi pazienti è associato ad un aumento del rischio emorragico di
circa due volte e mezzo.
Fonte: Arch Intern Med. 2004; 164:2367-2370.
Commento
In realtà l'associazione tra uso di SSRI ed emorragie, soprattutto di tipo
gastrointestinale, era già stato messo in evidenza da altri studi osservazionali. Secondo
una stima (Drug and Therapeutics Bulletin, Ed. italiana. 2004:17-18) il rischio è
quantificabile in circa 3 emorragie richiedenti il ricovero ogni 1.000 pazienti trattati
per anno ed è paragonabile a quello di chi usa aspirina o FANS. Il rischio sembra
maggiore negli anziani.
La serotonina infatti è implicata nella aggregazione piastrinica e gli SSRI riducendo il
livello di serotonina sierica possono favorire sanguinamenti anomali.
Come criterio prudenziale (e come è d'altra parte sottolineato nella scheda tecnica di
questi prodotti) è opportuno evitare o almeno considerare attentamente la necessità
dell'uso di questi farmaci nei soggetti con precedenti ulcerosi od emorragici, in chi usa
cronicamente asa, FANS o warfarin e in chi ha una coagulopatia. Utile inoltre un controllo
delle piastrine durante la terapia.
Renato Rossi
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P - L'obesità è un importante fattore
di rischio per fibrillazione atriale di nuova insorgenza
L'obesità è associata ad un aumento del rischio di fibrillazione atriale di nuova
insorgenza. E' quanto suggerisce uno studio osservazionale prospettico di coorte su oltre
5000 soggetti (età media 57 anni) . Durante un follow-up di quasi 14 anni si è potuto
constatare che il rischio di sviluppare una fibrillazione atriale aumentava del 4% per
ogni aumento dell'1% del BMI (Body Mass Index). Rispetto ai soggetti con BMI normale
quelli obesi avevano un rischio di fibrillazione atriale di nuova insorgenza aumentato
mediamente di circa il 45-50%
Fonte: Wang TJ et al. Obesity and the Risk of New-Onset Atrial Fibrillation
JAMA. 2004 Nov 24; 292:2471-2477.
Commento
La fibrillazione atriale è l'aritmia più comune e la sua frequenza aumenta con l'età.
Le cause principali sono la cardiopatia ipertensiva, quella ischemica e le valvulopatie
(soprattutto la steno-insufficienza mitralica). Vi sono anche cause non cardiache come
l'ipertiroidismo, il reflusso gastro-esofageo e sono note pure delle forme di
fibrillazione atriale isolata con cuore normale in cui non si riesce a mettere in evidenza
alcuna causa (lone atrial fibrillation). Questo studio suggerisce che anche l'obesità è
una causa importante (o comunque un fattore di rischio non trascurabile) di fibrillazione
atriale, probabilmente perchè essa provoca ingrandimento atriale sinistro e disfunzione
diastolica ventricolare. In effetti nello studio l'associazione obesità-aritmia era
evidente solo per i soggetti obesi che avevano un atrio sinistro ingrandito.
Ovviamente questi risultati non sono importanti solo dal punto di vista epidemiologico ma
enfatizzano la possibilità di prevenire l'aritmia in molti soggetti con l'adozione di uno
stile di vita (dieta, movimento) che riduca il peso corporeo.
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Q - L'aspirina funziona nella crisi
emicranica
Nell'accesso emicranico la somministrazione di 1000 mg di aspirina può essere un'
opzione efficace ed economica.
E' quanto dimostra uno studio randomizzato e controllato su oltre 300 pazienti affetti da
emicrania. Nello studio, effettuato in Germinia, Italia e Spagna, è stata usata un
formulazione di aspirina effervescente tamponata, paragonata a sumatriptan (50 mg),
ibuprofen (400 mg) e placebo. Dopo due ore mostravano un miglioramento della
sintomatologia il 52,5% dei pazienti trattati con asa, il 60,2% dei pazienti trattati con
ibuprofen, il 55,8% dei pazienti trattati con sumatriptan e il 30,6% dei pazienti trattati
con placebo. La difefrenza era statisticamente significativa per i tre trattamenti attivi
versus placebo.
Per quanto riguarda la percentuale di pazienti liberi da dolore a 2 ore si aveva: 27,1%
con asa, 33,2% con ibuprofen, 37,1% con sumatriptan, 12,6% con placebo. La differenza tra
asa e triptano in questo caso era statisticamente significativa a favore di sumatriptan.
Gli autori concludono che l'aspirina ottiene risultati paragonabili al sumatriptan e
all'ibuprofen nel trattamento dell'attacco emicranico.
Fonte: Cephalalgia 2004; 24: 947-954
Commento
Lo studio è interessante perchè dimostra che l'aspirina e i FANS possono essere delle
alternative accettabili all'uso dei triptani nella crisi emicranica. Per la verità mentre
non si riscontrano differenze tra sumatriptan e ibuprofen, l'aspirina si dimostra
inferiore al triptano per quanto riguarda la percentuale d soggetti completamente liberi
da dolore a 2 ore dalla somministrazione. Tenuto conto del costo dei triptani rispetto
alle terapie alternative si può prevedere un loro uso in prima battuta nei casi di
emicrania grave e che in precedenza ha già dimostrato di non rispondere ai FANS o al
paracetamolo o ancora come farmaco di secondo impiego da assumere dopo un paio d'ore se il
FANS o il paracetamolo non si è dimostrato efficace. Da notare infine che anche il
placebo ottiene risultati non disprezzabili perchè un paziente su tre circa riferisce, a
due ore, un miglioramento del dolore.
Renato Rossi
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Q1- Il cancro gastrico origina dalle
cellule del midollo osseo
Uno studio su modello animale dimostra che in caso di danno cellulare tissutale gastrico
le cellule reclutate dal midollo per la riparazione possono trasformarsi in cellule
maligne.
Topi infettati da Helicobacter Pylori sono stati studiati al fine di verificare il
comportamento delle cellule staminali di derivazione midollare reclutate nella sede di
danno tissutale gastrico. L'HP è infatti un noto agente carcinogenetico che induce
flogosi e morte delle cellule gastriche. In conseguenza del danno vengono reclutate dal
midollo cellule progenitrici che, nel tentativo di riparare la lesione, si mostrano prone
a trasformarsi dapprima in cellule metaplasiche, poi displasiche ed infine francamente
maligne fino a dare origine ad un carcinoma in situ.
Fonte: Science 2004, Vol 306: 1568-1571
Commento:
Contrariamente a quanto comunemente ritenuto, ossia che il cancro origini dalle cellule
progenitrici della membrana basale dell'epitelio, questo lavoro dimostra che sono le
cellule di derivazione midollare a trasformarsi, in presenza di stimoli carcinogenetici,
come l'HP, in un carcinoma in situ nelle sedi di morte cellulare o di flogosi tissutali.
Questa scoperta getta nuova luce sul meccanismo della patogenesi del cancro gastrico ed
apre a nuove prospettive teapeutiche che mirino ad incidere sulle cellule staminali di
derivazione midollare.
Luca Puccetti
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Q2 - Antagonisti del recettore dell'angiotensina
II e infarto miocardico
Un editoriale del BMJ esamina i legami tra l'uso di inibitori dell'angiotensina II
(sartani o ARB) e l'infarto miocardico.
I due autori partono dall'analisi dello studio VALUE, in cui valsartan e amlodipina sono
stati confrontati in pazienti ipertesi con altri fattori di
rischio associati. L'end-point primario dello studio era composto da morbidità e
mortalità cardiovascolari e non differiva tra i due farmaci.
Tuttavia vi era un aumento significativo del 19% di infarto miocardico nel gruppo
assegnato a valsartan.
L'editoriale passa poi ad esaminare altri studi in cui sono stati usati i sartani. Per
esempio lo studio CHARM in cui si è testata l'utilità del
candesartan nello scompenso cardiaco, in aggiunta o in alternativa agli aceinibitori. In
questo studio, sia nel braccio CHARM-alternative che nel braccio CHARM-preserved, non si
ebbe alcuna riduzione della mortalità cardiovascolare nei gruppi assegnati a candesartan.
Infine viene citata una recente meta-analisi in cui sono stati paragonati gli esiti degli
aceinibitori e dei sartani nelle nefropatia diabetica:
mentre entrambe le classi di farmaci hanno un effetto nefroprotettivo, solo gli
aceinibitori hanno dimostrato di ridurre la mortalità.
Gli autori dell'editoriale concludono che, in attesa degli studi in corso, questi dubbi
dovrebbero essere esplicitati ai pazienti a cui si prescrive un
sartano.
Fonte: Verma S and Strauss M. Angiotensin receptor blockers and myocardial infarction
.These drugs may increase myocardial infarction-and patients may need to be told . BMJ
2004 Nov 27; 329:1248-1249
Commento.
Indubbiamente l'editoriale del BMJ è provocatorio e induce alcuni interrogativi. Si
tratta di una forzatura interpretativa degli autori oppure
l'aumento del rischio di infarto miocardico è reale?
Per il momento, appunto in attesa di nuovi dati, bisogna comunque osservare che gli
editorialisti del BMJ non riportano tutti i dati. Per esempio si dimenticano di dire che
nello studio VALUE il varsartan riduceva la percentuale di ricoveri per scompenso cardiaco
o la comparsa di nuovi casi di diabete rispetto ad amlodipina. Oppure che nel braccio
CHARM-added vi era una riduzione significativa sia dei casi di ricovero per scompenso che
di mortalità cardiovascolare. O ancora che nel CHARM-overall il gruppo in terapia con
candesartan aveva una riduzione della mortalità totale che sfiorava la significatività.
Quale bilancio si può allora fare? L'insieme di tutti questi dati non è facilmente
interpretabile e forse gli studi in corso porteranno un pò più di
chiarezza.
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Q3 Si curerà l'AIDS come la Rabbia?
Mediante trattamento vaccinale capace di inattivare il virus stimolando il sistema
immunitario come nella rabbia, dopo due mesi la concentrazione dell'Hiv si è ridotta
dell'80% e nel 44% dei casi, i livelli virali si sono mantenuti per oltre un anno del 90%
piu' bassi di quelli basali.
La scoperta è del Prof. Jean Marie Andrieu, direttore del servizio di oncologia medica
dellospedale europeo Georges Pompidou e del Dr Wei Lu, dorigine cinese,
dellIRD, Istituto di ricerca per lo sviluppo, entrambi già famosi per aver messo a
punto nel 1999 il Muprovoma, un test molecolare di dépistage che permette di identificare
la quasi totalità dei sottotipi conosciuti dellAIDS (contro il 10-20% degli altri
test che ignoravano fino ad allora la gran parte dei sottotipi di origine africana o
asiatica).
Al contrario dei vaccini preventivi, destinati ad impedire lingresso di agenti
patogeni nellorganismo sano, il principio di un vaccino terapeutico consiste nel
rallentare, od interrompere definitivamente la progressione dell'infezione o delle sue
conseguenze.
Le piste di ricerca scelte dallequipe del Prof. Andireu e dal Dr Wei Lu consistono
non nel far sparire il virus, ma nell'impedirgli di moltiplicarsi grazie ad un meccanismo
vaccinale già usato per guarire dalla rabbia. Al fine di stimolare le difese immunitarie,
i due ricercatori hanno pensato di lavorare sulle cellule dendritiche. Situate
principalmente nei linfonodi, nella milza e, in minor misura, nel sangue le cellule
dendritiche sono le "sentinelle" incaricate di scoprire la presenza di
"intrusi" nellorganismo che indicano successivamente ai linfociti qual è
il nemico da eliminare. Ma come evitare che i linfociti siano, a loro volta, infettati
come nel caso dellAIDS? Facendo in modo che le cellule dendritiche insegnino
preventivamente al linfocita a proteggersi dagli antigeni presenti sullinvolcro
dellHIV.
Nel 2002, il Dr Wei Lu prelevò del sangue di macachi, infettati dal SIV (lAIDS
delle scimmie), cellule dendritiche che mise a contatto con virus inattivato con metodi
chimici. Il virus invase le cellule dendritiche, ma non fu in grado di riprodursi.
In collaborazione con l'Universidade Federal de Pernambuco (Recife), sono stati prelevati
campioni di virus Hiv ed alcune cellule dendritiche da 18 pazienti sieropositivi, i cui
livelli di virus nel sangue si erano mantenuti costanti nei precedenti sei mesi. Il
vaccino e' stato preparato riempendo le cellule dendritiche di virus Hiv, inattivato.
Quindi, le cellule sono state reinfuse a ciascun paziente. Dopo due mesi la concentrazione
dell'Hiv si è ridotta dell'80% e nel 44% dei casi i livelli virali si sono mantenuti per
oltre un anno del 90% più bassi di quelli iniziali La scoperta sarebbe in procinto di
essere pubblicata su Nature.
Fonte: Valeurs Actuelles, 3547 - 19/11/04
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Q4 Lo stress delle madri porta allautismo dei figli?
Uno studio, condotto dallOhio State University ha recentemente correlato lo
stress percepito dalle madri durante la gravidanza e la possibilità che il bambino nasca
autistico. La ricerca è stata condotta su un campione di madri composto da diversi
gruppi: 188 madri di figli autistici, 92 di figli down e 212 di figli normali.
La ricerca consisteva nel rilevare se, durante la gravidanza, le madri avessero subito un
forte stress (inteso come morte del coniuge, licenziamento, o altri gravi eventi
traumatici) e in quale mese di gravidanza questo evento si fosse eventualmente verificato.
In caso positivo si procedeva alla somministrazione di un questionario atto a misurare lo
stress durante ogni singolo mese di gravidanza.
I risultati, presentati da David Beversdorf durante lultimo incontro della Società
di Neuroscienze di San Diego, California, confermano i risultati sperimentali
precedentemente elaborati dallo stesso Beversdorf: mentre le madri dei bambini sani e dei
bambini down hanno dichiarato un livello di stress sostanzialmente uniforme durante la
gravidanza, le madri con figli autistici hanno segnalato uno stress doppio subito dopo
levento traumatico, verificatosi fra il sesto ed il settimo mese di gravidanza.
In effetti, il periodo fra il sesto ed il settimo mese coincide proprio con lo sviluppo
del cervello del nascituro. Grandi squilibri biochimici, imputabili allo stress,
potrebbero andare a toccare lo sviluppo cerebrale del bambino.
Guido Zamperini
Fonte: R. Pecorara, Psicologia contemporanea 187
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Q5 Deficit
attentivo/iperattività (ADHD): un disturbo mal curato
ADHD:I pazienti pediatrici non vengono seguiti ottimalmente.
Questo concetto e' dimostrato da uno studio condotto su un campione di ragazzi dai 4 ai
15 anni con una diagnosi di ADHD (deficit attentivo/iperattività).
Lo studio, condotto mediante un questionario, ha dimostrato come solo il 26% dei soggetti
torna dal medico per un controllo. Leventuale prescrizione dei farmaci (il 78% del
campione esaminato) non modifica la frequenza di ritorno dal medico. Indipendentemente
dalla terapia seguita, infatti, nei sei mesi successivi la media di visite è pari ad uno.
Questo è in netto contrasto con le linee guida in vigore, che prevedono controlli assidui
affinché il medico possa calibrare la terapia, finchè il bambino non si stabilizzi. Per
controlli assidui si intende una volta alla settimana fino a che la terapia non viene
ottimizzata, e successive visite di controllo ogni 3-4 mesi.
Alcune soluzioni per ovviare a questo trend comportamentale si basano sulla creazione di
team infermieristici e/o di assistenti sociali, che hanno il compito di sollecitare
attivamente le famiglie a seguire regolarmente le visite di controllo.
Guido Zamperini
Fonte: (J Pediatr 2004; 145: 767-71)
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Q6 Tempesta sui coxib
Dopo la sospensione del rofecoxib e gli allarmi sul valdecoxib ora anche il celecoxib
è sotto accusa per il rischio cardiovascolare.
L'Emea ha emanato un comunicato:
http://www.emea.eu.int/pdfs/human/press/pr/20583104.pdf
nel quale si comunica che l'Agenzia è stata informata dalla Pfizer che uno studio sulla
prevenzione del cancro nell'adenomatosi del colon mediante somministrazione di celecoxib
ha dimostrato un aumento del rischio di infarto o ictus nei pazienti trattati con
celecoxib. Lo studio Adenoma Prevention with Celecoxib (APC) è condotto dall'US National
cancer Institute su 2400 pazienti trattati con celecoxib a dosi variabili da 400 a 800
mg/die ed ha un follow-up medio di 33 mesi. I pazienti trattati con la dose inferiore
presentano un rischio di eventi cardiovascolari maggiori, sia fatali che non, di 2,5 volte
maggiore rispetto al gruppo placebo, mentre il rischio aumenta a 3,4 volte nei soggetti
trattati con 800 mg/die di celecoxib. Il comitato di controllo dello studio, indipendente
dalla Pfizer, ha deciso di interrompere il trial. A complicare la questione vi sono i dati
di un altro studio simile, anch'esso ora interrotto, il Prevention of Colorectal Sporadic
Adenomatous Polyps (PreSAP) trial, che dimostrerebbero, a detta di Pfizer, un rischio
cardiovascolare eguale tra gruppo attivo e gruppo placebo. Da notare che sia il comitato
di controllo, sia le modalità di valutazione degli eventi sono eguali in entrambi i
trials.
L'EMEA ha richiesto i dati di entrambi gli studi e sta conducendo una rivalutazione
globale di tutta la classe dei coxib. Nel frattempo EMEA riafferma la validità del
comunicato rilasciato il 22 Ottobre 2004
http://www.emea.eu.int/htms/hotpress/h11790804.htm
alle cui indicazioni consiglia di attenersi in attesa di nuovi sviluppi.
Fonte: EMEA
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Q7 Dopo il rofecoxib arriva la volta del valdecoxib?
A seguito dei risultati di 2 studi controllati che hanno mostrato un aumento del
rischio cardiovascolare in pazienti sottoposti a bypass aortocoronarico 3 ricercatori
lanciano l'allarme.
I dottori Wayne A. Ray, Marie R. Griffin e C. Michael Stein, della Vanderbilt University
School of Medicine, Nashville, TN , alcuni dei quali hanno ricevuto finanziamenti e
consulenze dalla Pfizer, raccomandano di non usare valdecoxib nei pazienti a rischio
cardiovascolare Gli autori affermano che non essendoci dati sulla sicurezza
cardiovascolare a lungo termine nei pazienti non ad alto rischio è necessaria molta
prudenza nell'impiego di questo farmaco la cui scheda tecnica era stata integrata di un
avvertenza circa i rischi di reazioni allergiche cutanee.
Fonte: NEJM early release
Link: http://content.nejm.org/cgi/reprint/NEJMc045711v1.pdf
Commento
La presente comunicazione rinforza di dubbi sul rischio di effetto di classe dei coxib.
Tuttavia a questi dati si contrappongono quelli di un recente studio caso controllo sul
rischio di IMA nei soggetti trattati con rofecoxib vs celecoxib. Lo studio, pubblicato con
un early relase su Annals Int. Med
http://www.acponline.org/journals/annals/myo_infar.htm,
ha indicato che i pazienti trattati con rofecoxib presentano un rischio di IMA non fatale
significativamente superiore rispetto a quelli trattati con celecoxib o FANS (rofecoxib
vs. celecoxib, 2.72 [CI, 1.24 -5.95]; P = 0.01). L'uso di FANS è addirittura associato
con una riduzione del rischio rispetto a quanto registrato nei non utilizzatori. Le
comparazioni dei coxib ns FANS sono risultate le seguenti: rofecoxib vs naprosseene (odds
ratio, 3.39 [CI, 1.37 - 8.40]) e celecoxib vs ibuprofene o diclofenac (odds ratio, 0.77
[CI, 0.40 - 1.48]). Tuttavia viene da chiedersi quale sia l'attendibilità di questi dati
ricavati attraverso un'intervista telefonica.
Luca Puccetti
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R - News prescrittive di Marco Venuti
(dalla Gazzetta Ufficiale)
Botox - Estese le indicazioni terapeutiche a:
iperidrosi primaria persistente e severa delle ascelle che interferisce con le normali
attività quotidiane ed è resistente al trattamento topico
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CASI CLINICI
S - I CASI DEL DOTT. CRETINETTI: Quellingannevole
TC di Giuseppe Ressa
[Continua la presentazione di casi clinici
basati su esperienze concrete, che possono offrire lo spunto a utili considerazioni
metodologiche e pratiche. I personaggi di Cretinetti e Falchetto sono stati ideati dal
Dott. Giuseppe Ressa, che ha curato anche la scelta e l'esposizione dei casi.
Il dottor Cretinetti è un medico che fa anamnesi approssimative, esami obiettivi volanti,
prescrive montagne di analisi ed esami strumentali; il dottor Falchetto è il suo opposto:
anamnesi ed esami obiettivi maniacali, connessioni diagnostiche mirabolanti, scorciatoie
fulminanti, esami diagnostici centellinati; a volte cerca diagnosi rarissime mancandone
altre più probabili e giuste.
Capita che Cretinetti e Falchetto coesistano schizoidamente nella stessa persona.]
La paziente e' una sessantenne operata da circa sei anni per cancro
mammario con mastectomia radicale e svuotamento ascellare, e' affetta anche da sindrome
ansioso depressiva e ipertensione arteriosa labile.
Un giorno si reca da Cretinetti per una "difficolta' digestiva" che sta
sempre piu' peggiorando, il medico la visita e sente una massa dura allipocondrio
destro che gli sembra di pertinenza epatica, prescrive unecografia.
La paziente scompare e si ripresenta dopo 6 mesi per un controllo della pressione,
trattata con calcioantagonisti per intolleranza agli ace inibitore e ai betabloccanti;
Cretinetti apre la cartella cartacea e rilegge le risultanze della precedente visita,
chiede alla donna come e' finita la storia dei suoi disturbi digestivi.
Ella, di rimando, afferma: "Dottore, la mia fiducia in lei e' IMMENSA, ma
allepoca mi dovevo comunque recare dal chirurgo che mi aveva operata alla mammella,
per il solito controllo periodico, gli ho riferito della sua richiesta ed egli invece mi
ha suggerito di fare una TAC addominale che ha detto essere senzaltro migliore di
una ecografia: e' risultata negativa per cui il discorso e' stato chiuso e infatti sto
molto meglio".
Falchetto pensa tra se' e se' di aver preso un abbaglio, misura la pressione che e'
normale e poi, scherzandoci su, chiede alla paziente di poter "risentire il suo
fegato, cosi' per curiosita' ".
Ritrova il precedente reperto per cui approfondisce la cosa autonomamente, la diagnosi
riempi' la paziente e il medico di stupore e terrore.
La TC, chiesta dal chirurgo, era risultata negativa MA lesame
obiettivo era ineludibile per cui Cretinetti chiese una ecografia che rilevò una lesione
compatibile con una grossa ripetizione epatica apparentemente unica.
La paziente fu operata ed è vissuta abbastanza bene per altri 13 anni, poi ando' in
cachessia neoplastica per metastasi diffuse al fegato e alle ossa, mori'.
Un amico radiologo (non aveva effettuato lui la TC), consultato da Cretinetti
sullargomento, si adirò moltissimo, perché, paradossalmente, anche lui disse che
lesame strumentale può dare i suoi risultati MA poi deve essere il Clinico a farli
FILTRARE per il cervello: "NON chiedetemi diagnosi! esclamò, io faccio solo delle
foto e vi dico cosa vedo, ma non è detto che la macchina fotografica funzioni sempre bene
o che io e lei vediamo tutto".
l giovane Cretinetti capì solo allora che il dire: "La TC è negativa QUINDI lei non
ha nulla" era una stupidaggine, foriera di pericolose conseguenze, la metastasi
epatica in questione non si distingueva, alla TC, dal tessuto circostante, era
visibilissima invece in ecografia.
In seguito Cretinetti si mise al fianco dellamico radiologo che gli mostrò come era
facile anche con la sonda ecografica COSTRUIRE certe "immagini patologiche" che
erano solo artefatti e come lisciarne clamorosamente altre di cui si conosceva, già
dallanamnesi, la sussistenza.
Fu una FOLGORAZIONE: da questo caso Cretinetti ha cominciato a non ASPETTARSI la diagnosi
da altri e a non NASCONDERSI dietro i referti radiologici, operazione difficile, ma
ineludibile, pena abbagli clamorosi.
Cretinetti frequentava allepoca la specialità di Medicina Interna e si esibì,
davanti a un mitico Clinico Medico, in un "Professore, pensavamo che questo paziente
avesse una cirrosi, MA lecografia è negativa, QUINDI non ce lha".
Il Barone visitò il paziente, poi affrontò lo specializzando chiedendogli un documento,
un silenzio tombale piombò in corsia, Cretinetti estrasse, con mano tremante, il pezzo di
carta e lo porse al professore.
Egli lo aprì ed esclamò: "Qui vedo una FOTO di Giuseppe Ressa, bene!" e poi,
dandogli ripetutamente un buffetto sulla guancia, con un sorriso beffardo a mo
di Padrino cinematografico: "QUESTO invece È Giuseppe Ressa" e poi ancora
"lecografia è una fotografia ma io SENTO, perché lo tocco, che questo è un
fegato cirrotico e RICORDATEVI TUTTI quello che ho detto".
Si passò alla stanza successiva e Cretinetti, rimettendosi la patente in tasca,
mentalmente cassò luscita del Sommo bollandola come una spacconata e con lui
tutti gli altri saputelli specializzandi, con camice inamidato, per i quali le indagini
strumentali erano senzaltro più affidabili del sensorio umano; a fine visita il
Barone fu apostrofato con i peggiori soprannomi, il più benevolo era "pazzo
aterosclerotico".
GRANDE fu la sorpresa di Cretinetti quando, dopo qualche anno, nelle vesti di medico di
famiglia, si vide arrivare in studio un nuovo paziente cirrotico, oramai ascitico: ERA LUI
!!!
Naturalmente Cretinetti non lo riconobbe, fu il paziente a ricordargli lepisodio,
rimarcando luscita di Cretinetti al suo capezzale e la giustezza del commento del
diffamato Barone.
Cretinetti arrossì visibilmente e abbassò la testa, farfugliando qualche parola
sconnessa.
Dopo pochi anni il paziente morì.
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MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Rubrica gestita da D.Z. per ASMLUC: Associazione Specialisti in
Medicina Legale Università Cattolica
ML1 - Diritto
alla salute e stress olfattivo
Va risarcito lo stress conseguente ad immissioni ed odori provenienti da attivita'
produttiva
Tribunale di Mantova
Massima
La lesione del diritto alla salute (bene che trova tutela negli artt. 32 Cost. e 2059
c.c. secondo il nuovo inquadramento effettuato dalla giurisprudenza di legittimità: cfr.
Cass. 20-2-2004 n. 3399; Cass. 12-12-2003 n. 19057; Cass. 31-5-2003 n. 8827) inteso come
stato di benessere psicofisico, puo' essere generata da ogni immissione idonea a provocare
stress, esasperazione e tensione psicologica anche a prescindere dalla prova
dell'esistenza di patologie
(www.dirittosanitario.net)
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ML2 Garante Privacy: Le perizie
dei consulenti tecnici nominati dal giudice
Le perizie svolte da consulenti tecnici nominati d'ufficio nell'ambito di una controversia
legale rientrano tra i trattamenti effettuati nell'ambito di uffici giudiziari "per
ragioni di giustizia". Non è quindi possibile, in base alla legge sulla privacy,
esercitare direttamente nei confronti di questi trattamenti i diritti previsti dall'art.13
(accesso alle banche dati, correzione e integrazione dei dati, opposizione al loro
trattamento per motivi legittimi) né presentare ricorso (art.29).
Questo il principio ribadito dal Garante nella decisione su un ricorso presentato da un
dipendente di una società per azioni che, a seguito di un infortunio sul lavoro, aveva
instaurato un controversia giudiziaria nei confronti della stessa società.
Presentando ricorso al Garante, il dipendente aveva, tra l'altro, lamentato la violazione
della sua privacy perché certificazioni mediche a lui riferite erano state esaminate da
consulenti tecnici nominati dal giudice nell'ambito della controversia.
L'Autorità ha osservato che, in base alle norme del codice di procedura civile, i
consulenti tecnici coadiuvano l'autorità giudiziaria nello svolgimento delle proprie
funzioni, in una posizione di indipendenza rispetto alle parti. Possono essere autorizzati
a domandare chiarimenti alle parti e ad assumere informazioni da terzi.
La loro attività è, pertanto, strettamente connessa e integrata con l'attività
giurisdizionale. Ad essa, quindi, non si applicano neanche le disposizioni di legge
relative ai dati sensibili: ai fini dello svolgimento delle perizie, l'eventuale utilizzo
di dati sanitari da parte dei consulenti, come nel caso in questione, non richiede il
consenso dell'interessato.
Va comunque ricordato che anche i trattamenti di dati per ragioni di giustizia devono
svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali fissati dalla legge sulla privacy. I dati
devono, cioè, essere trattati in modo lecito e secondo correttezza, devono essere
raccolti per scopi determinati e legittimi, devono essere esatti e strettamente necessari
alle finalità
perseguite, e vanno conservati per un periodo non superiore a quello necessario.
Newsletter 24 - 30 maggio 1999
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ML 2b Garante Privacy: tutela delle persone malate
L'Autorità Garante è intervenuta su un grave caso di violazione della riservatezza dei
dati sanitari da parte di un quotidiano locale, che in un articolo ha dato notizia, con
grande rilievo, dello stato di salute e della
specifica malattia di cui soffrirebbe una personalità di quella regione.
In particolare, nel titolo e nel corpo dell'articolo, sono state date esplicite e
specifiche informazioni sul genere e sulle caratteristiche della grave malattia da cui
l'interessato sarebbe affetto.
Il Garante ha ricordato che il codice deontologico dei giornalisti prevede che la sfera
privata delle stesse persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve venire
rispettata se le notizie o i dati non sono essenziali (art.6). L'articolo avrebbe ben
potuto, infatti, fare riferimento allo stato di salute dell'interessato senza entrare in
precisi dettagli sulla patologia.
Per quanto riguarda la tutela della dignità delle persone malate, lo stesso codice
deontologico stabilisce anche che il giornalista, nel far riferimento allo stato di salute
di una determinata persona, identificata o
identificabile, è tenuto al rispetto della sua dignità, del suo diritto di riservatezza
e del suo decoro personale, specie nel caso di malattie gravi, e deve astenersi dal
pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico (art.10).
L'Autorità ha, pertanto, disposto il blocco di questi dati, vietando al quotidiano di
diffonderli ulteriormente, anche in modo indiretto.
Copia del provvedimento è stata trasmessa al Consiglio dell'Ordine dei giornalisti
competente, per le valutazioni in sede deontologica.
Newsletter 31 gennaio - 6 febbraio 2000
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ML 3b Garante Privacy: Attività extramuraria. Le Asl
possono effettuare ispezioni.
Le Asl possono svolgere ispezioni e controlli per verificare il rispetto delle
disposizioni sulla incompatibilità da parte di medici, odontoiatri, veterinari e
psicologi che esercitano la libera professione presso cliniche e studi privati.
Lo ha confermato il Garante in risposta alla segnalazione di una Asl che aveva
rappresentato il timore che i titolari di studi medici privati si potessero opporre ai
controlli adducendo una violazione della privacy.
Il Garante ha osservato che il connesso trattamento dei dati personali è, in generale,
legittimo poiché rientra tra quelli che le aziende possono svolgere per esercitare le
funzioni istituzionali ad esse attribuite dalla legge o dai regolamenti.
Il decreto del Ministero della sanità del 31 luglio 1997, emanato in attuazione della
legge finanziaria n. 662 del 1996, attribuisce, infatti, alle aziende sanitarie locali
compiti in materia di accertamento dell'osservanza delle disposizioni in materia di
incompatibilità nell'esercizio dell'attività medica, anche mediante accertamenti presso
studi medici privati, convenzionati o non convenzionati.
Il decreto del Ministero della sanità, inoltre, nel richiamare la funzione ispettiva
descritta, prevede espressamente che le istituzioni private "sono tenute a fornire,
su richiesta della U.S.L., tutte le informazioni utili all'accertamento di eventuali
situazioni di incompatibilità".
Nell'ipotesi che le ispezioni riguardino anche dati sensibili, l'Autorità ha ricordato
che il trattamento dei dati sensibili è consentito ad una pubblica amministrazione solo
se previsto da una espressa norma di legge che individui la rilevante finalità di
interesse pubblico perseguita, le operazioni eseguibili e i tipi di dati trattabili. In
questo ambito, peraltro, il recente decreto legislativo n. 135 del 1999 ha previsto tra le
finalità di rilevante interesse pubblico, che legittimano l'accesso della pubblica
amministrazione a dati sensibili, anche le attività dirette alla gestione dei rapporti di
lavoro e le attività ispettive e di controllo sul buon andamento dell'attività
amministrativa, demandando ad eventuali regolamenti la specificazione dei tipi di dati e
di operazioni che siano strettamente necessarie.
Newsletter 6 - 12 dicembre 1999
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ML4b Garante privacy:
varie note su problemi sanitari
Il Garante è ritornato sulla questione legata alla possibilità di fornire a
conoscenti e parenti informazioni sui pazienti ricoverati presso strutture ospedaliere. In
particolare è stato chiesto se la indicazione del reparto di degenza in mancanza di un
espresso consenso dell'interessato violi la legge sulla protezione dei dati personali,
potendo rivelare notizie sullo stato di salute della persona ricoverata.
L'Autorità ha ribadito che, in attesa della prevista normativa che il Governo è stato
delegato ad emanare riguardo al trattamento di dati sensibili da parte di soggetti
pubblici, gli organismi pubblici possono
trattare dati sensibili senza il consenso dell'interessato. Ha ricordato, inoltre, che la
normativa sul servizio sanitario nazionale prevede, entro determinati orari e con precise
modalità, la possibilità di visite da parte di parenti, conoscenti ed organismi di
volontariato e la "Carta dei servizi pubblici sanitari" prevede come eccezione
che il degente possa chiedere che la sua presenza non venga resa nota.
Una ASL ha chiesto al primario ospedaliero di una divisione malattie infettive di fornire
nomi, farmaci usati e periodi di degenza relativi ai pazienti affetti da AIDS allo scopo
di rilevare il consumo dei farmaci.
Il Garante ha sottolineato che questo tipo di rilevazioni, dalle quali si desume
chiaramente l'identità degli ammalati di AIDS ricoverati e lo stato di avanzamento della
malattia, è in contrasto con la legge 675. La legge sulla protezione dei dati infatti,
pur prevedendo la possibilità da parte delle amministrazione pubbliche di utilizzare dati
sensibili, ha fatto salve la legge n.135 del 1990 in materia di AIDS che stabilisce
l'obbligo per gli operatori sanitari di adottare tutte le misure necessarie per la tutela
della riservatezza della persone malate di AIDS o affette da HIV, e vieta ai datori di
lavoro, sia pubblici che privati, di effettuare indagini per accertare se i dipendenti o i
lavoratori da assumere siano o meno sieropositivi.
Gli scopi di tipo statistico e contabile della rilevazione sul consumo dei farmaci,
inoltre, non sono pertinenti alle esigenze di cura sancite dalla legge 135.
Il Garante ha richiamato l'attenzione sulla necessità di prevedere precise modalità per
la conservazione dei dati negli archivi elettronici e perché l'accesso ai nomi degli
ammalati sia consentito al solo personale del reparto di malattie infettive o di
altri reparti ospedalieri che ne abbiano reali esigenze a fini di assistenza e cura, e non
al personale amministrativo dell'ospedale.
L'Autorità ha pertanto invitato la ASL a sospendere la raccolta dei dati nominativi in
questione e ha chiesto alla divisione malattie infettive di limitare i trattamenti di dati
personali dei pazienti affetti da AIDS alle sole operazioni strettamente pertinenti alle
finalità di assistenza e cura.
Per i dati sensibili, come sono quelli sanitari, la legge 675 prevede particolari
garanzie, e stabilisce che i medici, oltre ad informare gli interessati sull'utilizzazione
che intendono fare dei loro dati, richiedano
sulla base di questa informativa il consenso scritto al loro trattamento.
Nell'informativa, i medici devono specificare, in particolare, al paziente che i suoi dati
personali potranno essere comunicati a competenti organi dell'amministrazione finanziaria
per adempiere agli obblighi di carattere contabile e fiscale. Obblighi che prevedono, per
quanto riguarda alcune ricevute sanitarie, non una generica certificazione, ma
l'indicazione specifica degli elementi relativi alla prestazione professionale (natura,
qualità e quantità dei servizi resi).
Infatti, i medici specialisti in occasione di controlli e accertamenti fiscali sulle
prestazioni erogate devono mettere a disposizione dell'amministrazione fiscale i dati
personali dei loro pazienti contenuti
nelle ricevute sanitarie (nome, cognome, diagnosi e cure applicate).
Newsletter 8 - 14 marzo 1999
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ML 5b Garante Privacy: Anche le foto scattate a fini di
interventi chirurgici sono dati personali
Una donna ottiene le fotografie dell'operazione di chirurgia plastica grazie
all'intervento del Garante
Si rivolge al Garante e riesce ad ottenere le fotografie scattate prima e dopo alcuni
interventi di chirurgia plastica ai quali si era sottoposta e che intendeva produrre in
una causa di risarcimento danni nei confronti del medico che l'aveva operata.
Protagonista una giovane donna che dal 1996 al 2003 aveva subito tre interventi chirurgici
al seno per impianti di protesi, successive sostituzioni e riduzione delle cicatrici.
Palesemente insoddisfatta dei
risultati raggiunti, nel tentativo di recuperare tutta la documentazione clinica che la
riguardava, aveva chiesto direttamente al chirurgo plastico al quale si era affidata le
foto che lo stesso le aveva scattate prima e dopo le operazioni e copia dei moduli di
consenso agli interventi, sottoscritti presso lo studio medico. Di questa documentazione
non vi era traccia nella copie delle cartelle cliniche rilasciate alla paziente dalla casa
di cura presso la quale aveva subito gli interventi. Di fronte all' assoluto silenzio del
medico, la donna si è vista "costretta" a presentare ricorso al Garante.
Iniziativa che si è rivelata di per sé sufficiente a farle raggiungere l'obiettivo.
Già nella fase di primo esame del procedimento, infatti, il medico, seppure su invito
dell'Autorità, ha dato completo riscontro alle richieste della paziente. Il ricorso
è stato quindi definito con provvedimento di non luogo a provvedere.
Il Garante ha comunque posto a carico del chirurgo plastico le spese del procedimento, per
aver concesso alla donna l'accesso ai propri dati solo dopo la presentazione del ricorso.
La richiesta presentata al medico era,infatti, pienamente legittima, essendo stata
presentata ai sensi del Codice,
che riconosce ad ognuno il diritto di accedere a tutti i propri dati personali, comprese
le fotografie che ritraggono in tutto o in parte il proprio corpo.
Newsletter - N. 240 del 3 - 9 gennaio 2005
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ML 6b Foto segnaletiche.
Sentenza della Corte dei diritti Ue
La diffusione di foto segnaletiche alla stampa viola l'articolo 8 della Convenzione
europea dei diritti dell'uomo
Trasmettere agli organi di stampa fotografie di una persona accusata in un procedimento
penale costituisce una violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo.
Il principio è stato affermato in una recente sentenza della Corte europea dei diritti
dell'uomo (50774/99, 11 gennaio 2005) originata dal ricorso di un'insegnante italiana -
fermata e posta agli arresti domiciliari con l' accusa di associazione a delinquere,
evasione fiscale e falso - la cui fotografia, scattata durante le indagini, era stata
diffusa nel corso di una conferenza stampa delle forze dell'ordine e quindi pubblicata su
diverse edizioni di due quotidiani locali.
La sentenza conferma i principi già sostenuti in numerosi provvedimenti dal Garante
italiano, il quale è più volte intervenuto stabilendo il divieto di diffondere le foto
segnaletiche, anche nell'ambito di conferenze stampa, se non ricorrono fini di giustizia e
di polizia o motivi di interesse pubblico. (v. Provv. 19 marzo 2003; Comunicato stampa: 26
novembre 2003 - 8 aprile 2003)
I giudici di Strasburgo hanno messo in evidenza che rispetto ad altri casi oggetto di
precedenti pronunce della Corte (cfr. Von Hannover/Germania, 59320/00, 24 giugno 2004) la
fattispecie in esame presentava alcune peculiarità: essa, in primo luogo, non riguardava
un personaggio pubblico; inoltre, la foto pubblicata proveniente dal fascicolo d'inchiesta
era stata fornita ai giornali da agenti della Guardia di finanza.
Il fatto che, nel caso di specie, la ricorrente non fosse un personaggio pubblico -
secondo la Corte - giustifica una contrazione della legittima "zona di interazione
tra l'individuo e i terzi" (più ampia, evidentemente, nel caso di persone celebri)
che non può espandersi in ragione del coinvolgimento della donna in un procedimento
penale.
Per accertare la lamentata ingerenza nella sfera privata, la Corte ha valutato -
conformemente alla sua giurisprudenza - il rispetto dei requisiti previsti dall'Art. 8(2)
della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Tale comma stabilisce, infatti, che si
possa interferire con la vita privata di una persona soltanto se ciò è "previsto
dalla legge", e "necessario, in una società democratica" per raggiungere
gli scopi indicati nello stesso comma (pubblica sicurezza, protezione dell'ordine, della
salute o della morale pubblica, o protezione dei diritti e della libertà altrui.).
In particolare, quanto al primo punto, i giudici hanno ravvisato l' inapplicabilità al
caso in oggetto dell'eccezione al segreto degli atti di indagini prevista dall'articolo
329(2) del codice di procedura penale italiano. Tale eccezione riguarda unicamente la
circostanza in cui la pubblicità di uno degli atti sia necessaria ai fini della
prosecuzione dell'
indagine, il che non è sostenibile nel caso di specie. Pertanto, la Corte non ha
riscontrato la presenza di previsioni normative che giustificassero l 'ingerenza nella
vita privata della ricorrente, e non ha ritenuto di doversi pronunciare sull'altro
requisito imponendo allo Stato italiano di risarcire l'insegnante delle spese processuali.
Newsletter - N. 240 del 3 - 9 gennaio 2005
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ML1/b Il
medico e la legge: cap. 8: La
colpa professionale e lo standard di riferimento per la valutazione della diligenza (Avv. Nicola Todeschini)
Nelle pagine che precedono si è spesso fatto rinvio ad uno standard
medio di riferimento, che dovrebbe costituire la discriminante tra la prestazione
diligente e quella al contrario indiligente del professionista in genere.
A maggior ragione nel caso del sanitario, è d'uopo fare riferimento a tale standard per
comparare la sua prestazione a quella che avrebbe dovuto porre in essere, secondo quanto
prescrivono le pratiche comunemente espresse dal professionista medio[1] appartenente alla categoria di
riferimento che interessa.
Se, invero, vi sono alcuni principi, quelli deontologici in primis, che debbono costituire
il punto di riferimento principe di qualsiasi attività medica, a prescindere dalla
specialità o campo d'applicazione dell'attività di specie, bisogna tuttavia tenere in
considerazione che l'altissima specializzazione che caratterizza la scienza medica, ha di
fatto consentito d'individuare, nell'ambito delle singole specialità, "comportamenti
di riferimento" di volta in volta peculiari, ed è con tali standard che è
necessario confrontarsi al momento della valutazione. Quest'ultima sarà condotta di norma
sulla base dei pareri espressi da professionisti del settore, nonché da medici legali di
adeguata preparazione, con l'ausilio degli apporti dei periti di parte, non possedendo il
magistrato le necessarie competenze tecniche in materia.
Ed è su questo punto che si è creato il comprensibile conflitto con i medici legali e
con gli specialisti, chiamati a esprimere i propri pareri tecnici sull'operato di altri
colleghi, in quanto la valutazione tecnica, che viene condotta ex post, è bene
affermarlo, sulla base della documentazione clinica e dei ricordi del professionista
interessato, nonché sulla base dell'eventuale nocumento derivato al paziente, fondata
sulla adeguatezza del comportamento del medico agli standard che la letteratura medica
aggiornata detta sul caso, risulta sempre ardua, forse comunque parziale, non potendo
tenere conto di una serie di variabili ambientali, emotive, contingenti che sarà compito
del giudice tenere in debita considerazione.
La polemica, tra alcuni medici specialisti ed i medici legali, verte proprio sull'asserita
freddezza e rigidità tecnica con la quale il loro operato è messo a confronto con lo
stato dell'arte medica, il "famigerato" standard di riferimento, che ridurrebbe
tale valutazione in una sorta di rigorosa trasformazione della complessa "arte
medica" in una serie di operazioni e di dati che assolutizzano, per così dire, i
comportamenti, secondo canoni tecnici e formalismi che nella pratica non troverebbero
spazio.
Non essendo il mio compito quello di entrare nel merito di una polemica, che mi troverebbe
comunque assolutamente privo delle competenze necessarie, mi limito a renderne conto in
questa sede, considerata comunque la sua importanza, non senza auspicare un futuro ove
collegi giudicanti da un lato, e consulenti tecnici di parte e d'ufficio dall'altro,
unitamente agli avvocati, possano essere appositamente preparati a svolgere incarichi di
tale delicatezza, che richiederebbero forse delle apposite sezioni ove essere trattati.
Questa osservazione nasce dal bisogno che il rapporto tra medico e paziente trovi una
rinnovata fiducia, nell'interesse preminente ad un sereno e proficuo svolgimento della
professione medica e più generalmente sanitaria, i cui risvolti sugli interessi della
collettività non abbisognano certo di ulteriore illustrazione.
Avv. Nicola Todeschini
www.studiolegaletodeschini.it
membro dello Studio Legale
Consumerlaw
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ML3 - Il
medico e la legge. Cap 9 : Il consenso informato (Avv. Nicola Todeschini)
Nell'attuale panorama delle professioni intellettuali, sempre più
caratterizzato dall'alto grado di tecnicismo e specializzazione settoriale, il tema
dell'informazione[1] al
"cliente" assume, a maggior ragione, rilievo sempre più consistente, anche dal
punto di vista deontologico.
In pressoché tutte le professioni intellettuali, il cliente, o meglio il creditore della
prestazione professionale, viene più o meno indirettamente posto di fronte a scelte,
comportanti valutazioni tra Qcosti
e beneficif,
sempre più ardue e complesse da comprendere, per assumere le quali risulta fondamentale,
oltre che la sua cultura generale, la corretta informazione da parte del professionista.
È certo che la funzione del professionista è, tra le altre, quella di prestare la
propria opera in settori che, richiedendo particolari competenze, necessitano della guida
di uno specialista della materia, ma ciò non toglie che gli effetti della condotta di
quest'ultimo si riverberano sempre e comunque in capo al cliente, andando ad incidere in
modo consistente su interessi patrimoniali e non patrimoniali dello stesso, fondando
perciò l'obbligo, in capo al professionista, di informare correttamente il
<<creditore-cliente>> dei vantaggi e dei rischi che la metodologia d'azione
scelta comporta, con sufficiente probabilità.
Così l'Avvocato che decida per l'una o l'altra strategia difensiva, dovrebbe illustrare
al cliente l'opportunità della scelta e metterlo in guardia rispetto ai possibili rischi
che tale condotta potrebbe comportare, non rimanendo del tutto esente da responsabilità a
fronte di una scelta rischiosa che, distaccandosi notevolmente dalla comune pratica
forense, provocasse danni ai quali il legale stesso non avesse fatto preventivamente cenno
alcuno al proprio cliente.
Per venire alla figura professionale d'interesse in questa breve trattazione, ritengo che
a maggior ragione, trattandosi di prestazione professionale che coinvolge direttamente da
un lato beni della vita di rilevanza primaria, se non il bene della vita stesso,
dall'altro materie di pressoché assoluta ignoranza da parte del paziente, il dovere di
informare in modo completo quest'ultimo, emerga con forza e intensità del tutto
peculiari.
Ciò non significa che non vi siano alcune prestazioni mediche che, per la loro
ordinarietà, possano ritenersi conosciute dalla maggioranza dei possibili pazienti, per
essere entrate a far parte della comune esperienza di ciascuno: mi riferisco, a titolo
d'esempio, al prelievo di sangue, all'applicazione di un gesso, ad un'iniezione
antitetanica. Che tali prestazioni comportino, ora l'iniezione con relativa minima ferita
al braccio, ora l'immobilizzazione della parte ingessata, è caratteristica che può
ritenersi, a ragione, conosciuta o conoscibile con la dovuta ordinaria diligenza da parte
di ciascuno, salvo che non vi siano elementi per sostenere che il professionista avrebbe
dovuto avvedersi dell'assoluta mancanza di consapevolezza, da parte del paziente che
assisteva, delle più elementari nozioni medico-sanitarie e pertanto preoccuparsi di
integrarne la conoscenza.
In ogni altro caso non riferibile a tale minima categoria di presunta conoscenza, il
dovere d'informazione assume un rilievo fondamentale, in una duplice direzione: da una parte, infatti, la corretta informazione
costituisce il presupposto per la valida prestazione del consenso al trattamento medico,
dall'altra, assume i contorni di un dovere autonomo rispetto alla stessa colpa
professionale, potendone addirittura prescindere. Tale secondo aspetto sarà trattato nel
successivo paragrafo.
Riprendendo le osservazioni pertinenti al primo dei due temi di rilievo, occorre rilevare
che il professionista, prima di acquisire il consenso[2], si deve preoccupare di illustrare[3] compiutamente al paziente la situazione
che ha di fronte, le possibilità d'intervenire, i probabili effetti benefici che ne
dovrebbero conseguire, nonché i rischi che potrebbero derivarne; deve dunque mettere il
paziente nelle condizioni di effettuare, nel limite delle proprie possibilità, una
valutazione, quanto più cosciente e completa, dei <<costi>> e dei
<<benefici>>, e prestare di
conseguenza il consenso all'effettuazione delle operazioni che la scelta comporta.
I riferimenti normativi, anzitutto di rango costituzionale, sono chiaramente illustrati
nel brano di sentenza[4] che riporto
di seguito:
[
] tale informazione e'
condizione indispensabile per la validita' del
consenso, che deve essere
consapevole, al trattamento terapeutico e
chirurgico, senza del quale
l'intervento sarebbe impedito al chirurgo tanto dall'art. 32 comma 2
della Costituzione [5], a norma del quale
nessuno puo'
essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione
di legge, quanto
dall'art. 13 cost. [6], che garantisce l'inviolabilita' della liberta'
personale con riferimento anche alla liberta' di salvaguardia della propria salute e della propria integrita'
fisica, e dall'art. 33 della l. 23 dicembre
1978 n. 833, che esclude la
possibilita' di accertamenti e di trattamenti
sanitari contro la volonta' del
paziente se questo e' in grado di prestarlo e non
ricorrono i presupposti dello stato di
necessita' (art. 54 cod. pen.).
Affermati tali imprescindibili riferimenti normativi, gli ulteriori percorsi
interpretativi volti ad inquadrare la violazione del dovere d'informare, secondo i
principi desumibili dal codice civile, non mancano di stimolare ulteriormente la
riflessione.
Infatti l'accordo tra medico e paziente, presupponendo[7] una corretta informazione[8], perde altrimenti ogni significato per
un vizio del consenso, conseguendone l'annullabilità ex artt. 1427 e segg. cod. civ[9].
Il vizio che inerisca al consenso informato è altresì, secondo una tesi peraltro non
condivisa da molti, motivo di responsabilità precontrattuale[10], ai sensi dell'art. 1337 cod. civ.[11], sul presupposto della violazione del
comportamento in Qbuona
fedef
del professionista. Tuttavia sembra preferibile muovere, nei confronti di quest'ultima
ipotesi, una critica. Il rilevo che il difetto d'informazione ha nel contratto d'opera,
sembra infatti non tanto da relegarsi alla responsabilità precontrattuale, da
individuarsi nella fase delle trattative, peraltro già superata: il dovere d'informazione
rileva piuttosto come oggetto della stessa prestazione contrattualmente dovuta.[12]
E ancora, l'eventuale conoscenza della difettosità d'informazione al paziente, ai sensi
dell'art. 1338 cod. civ.[13],
integrando gli estremi della previsione contenuta nella norma, pone in capo al sanitario
il conseguente dovere di risarcire il danno subito dal paziente, qualora non abbia dato
notizia a quest'ultimo della consapevolezza acquisita in merito al vizio dell'informazione
dovuta.
Soprattutto preme di sottolineare che il consenso informato è manifestazione del
diritto di autodeterminazione, tutelato da norme di rango costituzionale, come in
precedenza detto, e non è più condizionato dagli angusti confini descritti dall'art. 5
cod. civ., entro i quali una superata dottrina tentava di racchiudere la legittimazione
dell'attività medica.
Il codice deontologico del 1995, all'art. 31[14],
descrive il consenso come fondamento di legittimazione dell'atto medico[15], in ossequio ai menzionati principi
costituzionali di cui agli artt. 13 e 32, sull'importanza dei quali lo stesso Consiglio
Nazionale di Bioetica[16] nel
documento Informazione e consenso allatto medico, osserva che:
"dal disposto degli artt. 13 e 39 della
Costituzione discende che al centro
dellattività medico-chirurgica si colloca il
principio del consenso, il quale esprime una scelta
di valore nel modo di concepire il rapporto tra medico e paziente, nel senso che detto
rapporto appare fondato prima sui diritti del paziente che sui doveri del medico. Sicché
sono da ritenere illegittimi i trattamenti sanitari extra-consensuali, non sussistendo un dovere di curarsi se non nei definiti
limiti di cui allart. 32 cpv. 2 Cost. E da precisare tuttavia che pure il
principio del consenso incontra dei limiti, giacché nonostante il consenso,
lintervento risulta illecito quando supera i limiti della salvaguardia della vita,
della salute, dellintegrità fisica, nonché della dignità umana".
Affinché il consenso sia legittimamente prestato deve essere reso personalmente,
contenendo precisi riferimenti al caso di specie, così da non far incorrere chi lo presta
in errori di valutazione, nonché essere consapevole.
I prossimi congiunti non possono pertanto prestare il consenso in luogo
dell'interessato, dovendosi ritenere che, in mancanza della sussistenza di un pericolo di
gravi danni per il paziente, sia da mantenere fermo il principio della prestazione
personale: dovrà così attendersi che quest'ultimo riacquisti la capacità per prestarlo
validamente.
Al contrario, ove si verificassero le condizioni di pericolo di gravi danni, il medico
dovrà intervenire indipendentemente da quanto affermino i congiunti.
Se si tratta di minore o di interdetto, il consenso dovrà essere prestato dal
legale rappresentante[17].
Sussistendo opposizione al trattamento, nonché contestualmente motivi di urgenza per la
salute del paziente, al medico non rimarrebbe altra via che adire il giudice tutelare il
quale avrà la possibilità di dichiarare la temporanea decadenza della potestà ex artt.
330 e 333 cod. civ.
Il consenso inoltre dovrebbe essere sempre scritto, non in quanto la formulazione
orale[18] sia incompatibile con i
principi su esposti, ma poiché in tal modo il sanitario sarebbe in grado di dimostrare
agevolmente la sussistenza del consenso stesso; ne discende l'opportunità e della sua
formulazione scritta e del suo sistematico inserimento nella cartella clinica[19]. Ad una mera prestazione orale osta
anche un'ulteriore circostanza relativa alla maggior semplicità dell'apprendimento, da
parte del paziente, delle numerose informazioni contenute nel modulo di consenso,
meritando queste, ove possibile, una meditazione attenta.
Spesso, peraltro, il paziente viene invitato a fornire il proprio consenso firmando
moduli prestampati che non possono soddisfare di volta in volta le specifiche esigenze del
caso, e che spesso, data la loro incompletezza, non contengono, come al contrario sarebbe
auspicabile, i precisi riferimenti al tipo d'informazione e alle caratteristiche
dell'intervento, ovvero riportano formule liberatorie di responsabilità nei confronti
dell'ente ospedaliero prive di fondamento giuridico e per questo foriere di inutili
incomprensioni.
Venendo ora ad alcuni aspetti caratterizzanti particolari profili di -assunta-
diversa intensità dell'informazione da fornire, e rinviando per un'analisi più
dettagliata al paragrafo relativo al caso del chirurgo estetico[20], vi è ancora da affrontare la
necessità o meno di un'informazione che sia direttamente proporzionale -quanto alla sua
profondità- all'entità del rischio[21]
esistente. Al fine di evitare ulteriori differenziazioni, giova ribadire l'importanza di
un'informazione piena e consapevole in ogni caso, a prescindere dall'adesione a criteri di
quantificazione che risulterebbero, comunque, di difficile e dubbia applicabilità, con la
conseguenza di incrementare le perplessità degli operatori sanitari e dei pazienti
interessati.
Piuttosto la giurisprudenza più recente[22] ha sottolineato la necessità che Qnegli
interventi chirurgici in varie fasi, che assumano una propria autonomia gestionale e diano
luogo a scelte operative diversificate, ognuna delle quali presenta rischi diversi,
l'obbligo di informazione del sanitario si estende alle singole fasi ed ai rispettivi
rischif.
Tale principio, di rilevante applicabilità nel contesto odierno, rappresentato
prevalentemente dal lavoro d'équipe, assume
notevole importanza ai fini del nostro discorso provocando, da un punto di vista meramente
pratico, alcuni problemi organizzativi e burocratici, peraltro superabili, ai sanitari.
Infatti, vinte le prime diffidenze in merito alla corretta pratica informativa al
paziente, sarà opportuno operare in modo da ottenere il consenso scritto relativamente ad
ogni singola fase: quindi, a mero titolo esemplificativo, dovendo il paziente sottoporsi
ad un intervento di meniscectomia mediale, nel corso delle visite che precedono tale tipo
d'intervento -per lo più realizzato oggi nelle forme agili del day hospital- quale quella
presso l'anestesista, o lo specialista ortopedico, il paziente ha diritto di essere
adeguatamente informato circa le caratteristiche dei singoli interventi, i rischi che si
possono prevedere, infine le scelte che i diversi specialisti intendono operare. Sulla
scorta dell'adeguata informazione presterà poi i consensi necessari al fine di procedere
all'intervento.
Non risulterebbe altrimenti accettabile, mi sia consentito, comprendere come un paziente
debba essere informato solo relativamente all'intervento specifico -in tale caso la
meniscectomia-, senza ricevere adeguata informazione sulle scelte che l'anestesista
intende operare, non essendo queste ultime certo meno importanti di quelle del chirurgo o
dello specialista in ortopedia.
Riprendendo i termini dell'esempio, la scelta dell'anestesista, per tale tipo di
interventi routinari, è normalmente quella della rinuncia alla c.d. anestesia totale per
molte ragioni, che non è detto però siano assorbenti. E mi spiego. L'anestesia in
linguaggio comune detta <<spinale>> che non comporta, come è noto, la perdita
di coscienza del paziente, risulta certo più comoda e veloce, potendo però nascondere
anche insidie, ove non praticata correttamente, di notevole entità e comunque interessare
valutazioni dello specialista, anche di segno opposto, quando sia messo a conoscenza di
eventuali pregresse vicende negative subite dal paziente per tale tipo di intervento.
Riemerge in tale contesto, con una certa forza, l'importanza già accennata dell'anamnesi,
attraverso la quale ottenere dal paziente notizie sulla sua pregressa storia clinica e
operare di conseguenza.
Venendo ora agli aspetti organizzativi di tale modalità d'informazione, non sarebbe forse
inutile soffermarsi sulla necessità di organizzare, come avviene nei presidi ospedalieri
più attrezzati, visite separate nel corso delle quali ciascuno specialista, sotto la
propria responsabilità, illustrerà al paziente il quadro clinico, chiedendo di volta in
volta il consenso specifico alla terapia e/o modalità d'intervento appena illustrata.
Dovrebbero in tal modo ottenersi, alla fine del ciclo di visite, una serie di moduli
personalizzati e specifici di consenso informato che dovranno ovviamente confluire nella
cartella clinica del paziente, completando la documentazione in essa contenuta.
Avv. Nicola Todeschini
www.studiolegaletodeschini.it
membro dello Studio Legale
Consumerlaw
[PER MOTIVI DI SPAZIO gli articoli completi di note e bibliografia
sono scaricabili da www.scienzaeprofessione.it
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PROFESSIONE
PR NASCE
UN NUOVO POLO SINDACALE MEDICO. UNAMEF - AMI : firmata
l'intesa .
Il 28/1/2005 presso la sede nazionale dell' AMI si è
svolto un importante incontro tra i vertici nazionali dell' UNAMEF ed i vertici nazionali
dell' AMI .
Alla riunione hanno partecipato il segretario nazionale dell'UNAMEF Dott Giuseppe Tortora
, il segretario organizzativo Dott Saverio Annunziata , il Presidente dell' AMI Dott.
Baldacci ed il Segretario dell'AMI Dott.ssa Cristina Patrizi., erano presenti tra l'altro
il Segretario Provinciale
(Roma) dell' UNAMEF Dott Zamperini Daniele e il Segretario Provinciale (Roma) dell' AMI .
Al termine della riunione si è convenuto che le due sigle sindacali si fonderanno in
un'unica sigla denominata UNAMEF, la sede nazionale sarà sita in via Medulana 272 Roma,
la testata giornalistica nazionale sarà denominata "ASSOCIAZIONE MEDICA" e
sarà l'organo ufficiale nazionale dell'UNAMEF.
Il segretario nazionale dell' UNAMEF Dott Giuseppe Tortora ha dichiarato : " la
giornata odierna rappresenta la consacrazione ufficiale della validità del nostro
progetto sindacale.
Con la prossima adesione di circa 1000 medici dell'AMI all' UNAMEF, il sindacato è ormai
una realtà nel panorama sindacale nazionale e continuerà con più vigore la sua azione
per la riqualificazione della figura del medico di famiglia, oggi letteralmente
mortificato!."
Il segretario organizzativo Dott Saverio Annunziata ha dichiarato : "l'intesa
con l'AMI è stata immediata grazie ad una serie di proposte ampiamente condivise dai
vertici dell'AMI. La possibilità di utilizzare un giornale a tiratura nazionale offre
all'UNAMEF l'opportunità di portare le proprie istanze con tempestività su tutto il
territorio nazionale."
Le rispettive assemblee degli iscritti, ratificheranno l'intesa raggiunta.".
Comunicato stampa 28/01/2005
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PR01 L' Ordine dei Medici
di Napoli impugna il nuovo Accordo Nazionale per gli aspetti deontologici
ORDINE PROVINCIALE DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI
ODONTOIATRI - N A PO L I
Il Consiglio Direttivo dellOrdine dei Medici
Chirurghi e degli Odontoiatri di Napoli, nella seduta del 24 gennaio 2005 ha approvato
,allunanimità dei presenti, il seguente
Ordine del giorno
Lipotesi del nuovo Accordo
Collettivo Nazionale (ACN) che disciplina i rapporti con i Medici di Medicina Generale ed in particolare lart.30 dello stesso
Accordo dal titolo Responsabilità convenzionali e violazioni Collegio
Arbitrale ha sostanzialmente modificato la precedente normativa contrattuale di cui
allart. 16 del DPR 270/2000.
Dalla comparazione dei suddetti
articoli emerge quanto segue: il citato DPR
270/00 prevede un Collegio Arbitrale,
composto da 3 membri:
Ø
Presidente: Presidente o delegato dellOrdine dei
Medici Chirurghi e degli Odontoiatri
Ø
2 Componenti: uno nominato dal medico interessato ed uno nominato dal Direttore Generale della
Azienda Sanitaria.
Lart. 30 dellipotesi di
Accordo recentemente firmato, invece prevede un Collegio Arbitrale composto da 7 membri:
Ø
Presidente: nominato dallAssessore Regionale alla
Sanità tra una rosa di 3 rappresentanti indicati dallOrdine degli Avvocati (SIC!).
Ø
3 componenti :
scelti dallAssessore Regionale alla Sanità.
Ø
3 componenti:
di cui 2 medici di Medicina Generale designati
dalle OOSS maggiormente rappresentative e 1 designato dallOrdine dei Medici, con
funzioni di Vice Presidente (SIC!)
Una siffatta ed originale novità,
oltre a costituire lennesimo attacco alla professione medica, appare inficiata da
gravi incongruità, evidentemente tendenti a precostituire
maggioranze che pongano il medico in una posizione di assoluta soggezione non
compatibile con il dignitoso esercizio di una professione di così alto profilo. E,
invero, inaccettabile che un Collegio Arbitrale, che dovrebbe essere espressione di
terzietà, diventi, di fatto, un organismo deputato ad una sorta di giudizio di II grado
demandato allAssessore Regionale alla Sanità dopo un primo grado di giudizio del
Direttore Generale dellAzienda Sanitaria espressione diretta o indiretta dello
stesso Assessore Regionale alla Sanità !!
Con quale animo e con quali garanzie
il medico, destinatario di una sanzione da parte del Direttore Generale, attenderà il
giudizio di un siffatto collegio Arbitrale? Lesperienza già maturata con la vigente
normativa ha, peraltro, evidenziato numerosissimi casi di archiviazione da parte dellattuale
Collegio Arbitrale per comportamenti delle AASSLL non rispettosi delle procedure e dei
termini perentori tassativamente previsti, che, guarda caso, sono stati dal nuovo
ACN soppressi e sostituiti da una previsione estintiva del procedimento di 180 giorni
dalla data della contestazione!! Invece di rendere più efficienti le strutture
delle Aziende che curano le procedure disciplinari, quindi,
si allentano i termini per rendere più comodi gli adempimenti
procedurali!!
Il coinvolgimento dellOrdine
degli Avvocati, poi, appare semplicemente paradossale. I Collegi Arbitrali degli Avvocati,
se esistono, saranno, evidentemente presieduti da persone designate dal Presidente dellOrdine
dei Medici !!
A parte ogni ironico commento, con
questa previsione sono saltate le specificità e le autonomie culturali e professionali
che, per secoli, hanno contraddistinto la normativa riguardante le professioni.
Meraviglia non poco che un
siffatto articolato sia stato condiviso dalle OOSS Mediche firmatarie,
che evidentemente non hanno colto il significato vero di tale imposizione che tende a
ridimensionare i compiti e le attribuzioni ordinistiche, che derivano, giova
sottolinearlo, dalla normativa vigente che conferisce agli Ordini natura terza di enti
pubblici ausiliari dello Stato.
Questo Consiglio ritiene che occorra
reagire a questo ennesimo attacco allautonomia della professione medica che segue quello perpetrato dallistituto Superiore di
Sanità, dal Ministero della Salute , dalla Regione Campania e da altre Regioni dItalia
sulla improvvida e pericolosa possibilità concessa ai Biologi di effettuare prelievi
capillari e venosi e che ha registrato, purtroppo, linerzia del mondo ordinistico .
Tanto premesso il Consiglio
Direttivo dellOMCeO della Provincia di Napoli decide:
1.
di dare mandato ad un legale di fiducia di
procedere allimpugnativa, ove ne ricorrano i presupposti, dellAccordo
Collettivo Nazionale relativo ai medici di
medicina generale con particolare riferimento allart. 30 dello stesso ACN;
2.
di invitare la FNOMCeO e tutti gli OO.MM.CC.e OO. , nel superiore
interesse dei medici italiani, ad una riflessione profonda sulla questione nel tentativo
di suscitare la risposta più ferma ad un attacco senza precedenti allautonomia
della professione medica, impugnando lACN di cui trattasi.
3.
di invitare la FNOMCeO e gli altri Ordini eventualmente interessati
ad affiancare questo Ordine nel ricorso proposto
al Consiglio di Stato avverso la sentenza del TAR Lazio riguardante la questione dellaffidamento
ai Biologi della competenza ad effettuare prelievi capillari e venosi.
4.
di trasmettere per e-mail, il presente ordine del giorno a tutti gli
Ordini dItalia ed alla FNOMCeO.
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PR1 Etica: il punto di
vista della WMA (World Medical Association)
Il concetto di bioetica è un concetto abbastanza conosciuto. Eppure, quando si chiede
una definizione esaustiva del termine, raramente si ottengono due definizioni che sono
sovrapponibili. Questo fenomeno è facilmente spiegabile se si riflette su un semplice
fatto: il significato del termine viene inteso in maniera leggermente differente dalle
varie associazioni che trattano della bioetica stessa. In altri termini, potremmo dire che
il termine "bioetica" viene investito di significati leggermente sfalsati, a
seconda dellistituzione che utilizza il termine stesso.
Per questo motivo tra le tante organizzazioni che si occupano di bioetica, le più
importanti sono quelle internazionali, tra cui: FAO, UNDP, UNSESCO, Unione Europea,
Consiglio Europeo.
Alle associazioni governative sopra citate (lista decisamente non esaustiva), si sono con
gli anni affiancate anche alcune associazioni non governative, che hanno prodotto
documenti decisamente imprescindibili per la bioetica.
Tra queste associazioni vi è la WMA (World Medical Association), nota soprattutto per la
"dichiarazione di Helsinki" , dove in 32 punti viene definita la "via
etica" del medico, sia nella ricerca ("BASIC PRINCIPLES FOR ALL MEDICAL
RESEARCH", dove in 17 punti vengono spiegate le regole che il medico deve seguire nei
protocolli di ricerca) che nella medicina ("ADDITIONAL PRINCIPLES FOR MEDICAL
RESEARCH COMBINED WITH MEDICAL CARE", una aggiunta di altri 5 punti dove viene
maggiormente specificata linterazione fra ricerca, medicina e bioetica).
Modificata lultima volta nel 2004, la dichiarazione di Helsinki e gli altri
documenti prodotti dalla WMA regolano eticamente diversi campi d' intervento:
- I doveri nei confronti dei pazienti ed i diritti delluomo;
dallimpegno a preservare la vita, alla pronunciamenti sulla pena di morte, dal
diritto del paziente alla completezza e alla correttezza dellinformazione al
rifiuto, da parte del paziente, della stessa.
- Linizio della vita, con i temi riguardanti la contraccezione e la
pianificazione famigliare, passando attraverso laborto e la fecondazione in vitro.
La WMA condanna "ogni atto commerciale con il quale ovuli, sperma od embrioni vengono
fatto oggetto di acquisto o vendita".
- La fine della vita, con i relativi criteri per determinarla e gli studi sulle
malattie terminali, stabilendo, ad esempio, la regolamentazione sulla "morte
dignitosa", ma contro leutanasia, intesa come atto volontario mirato a
terminare la vita di un paziente, anche se richiesto dal paziente stesso o da familiari.
Altresì ha stabilito che il suicidio assistito è analogo alleutanasia, e quindi
immorale.
- La Genetica Umana, dove si affrontano i problemi etici sollevati dal
"Progetto Genoma Umano"e dalla clonazione umana.
- Attività e comportamenti umani: Dallo sport al lavoro, trasporti, incidenti,
tossicodipendenze e tabagismo, le attività mediche vengono regolamentate al fine di
essere eticamente impeccabili e mirate alla preservazione della vita.
I particolari sono rinvenibili su http://www.wma.net
Guido Zamperini
Fonte: Biologi Italiani, anno XXXIV, N.9
http://www.wma.net
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PR2 La Formazione
Professionale dei Medici deve essere appannaggio delle Societa' Scientifiche (Sentenza)
Respinto dal TAR Lazio il ricorso della FIMMG contro il Decreto Ministeriale che
escludeva i Sindacati dalla Formazione.
" E' ragionevole ritenere che l'interesse pubblico alla formazione permanente
degli operatori sanitari sia meglio realizzato, in difetto dun rigoroso argomento
contrario, dalla condivisione dei saperi e delle abilità nellambito delle comunità
scientifiche che hanno questa specifica vocazione, anziché tra queste ultime e soggetti
operanti in campi estranei al metodo scientifico."
TAR-LAZIO, sez. 3^-ter, 18 novembre 2004
La sentenza in
esteso
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IL DIBATTITO
D1 BURN OUT : DALLE RICERCHE
INTERNAZIONALI E NAZIONALI ALLE DURE MOTIVAZIONI E SOLUZIONI NAZIONALI
Una indagine della Fimmg condotta dal dott Mario Costa, in cui si
chiede se è possibile prevenire la sindrome del burn out, pone laccento su alcuni
importanti aspetti nella sindrome del burn out in medicina generale: la pressione
intollerabile della burocrazia; i problemi sociali ed economici dei pazienti; le
aspettative accresciute, il senso di impotenza dei medici.
Anche noi abbiamo condotto indagini e siamo arrivati ad identificare quasi gli stessi
punti.
Potrebbe essere utile citare i nostri precedenti contributi alla problematica che sono:
"Frequent Attender phenomenon : the health care system
Achilles ( WONCA Congress, Giugno 2002
"the general practitioners everyday life " (WONCA June 2002
Londra;
" Frequent Attenders: Tallone d Achille del SSN e dei Medici di Famiglia."
pubblicazione su M.D. (Medicinae Doctor) Anno IX, Numero 26- 25 Settembre 2002;
" Cresce il disagio dei medici di famiglia in tutta Europa " MD (
Medicinae Doctor, Anno XI, numero 22, 2004;
"A particular aspect of GPs burn-out syndrome: the intolerable
bureaucratic pressure felt as an institutional mobbing." Workshop WONCA June
2004, Amsterdam
"Great but Unrealistic Expectations" pubblicato sull
European Journal of General Practice, Volume 10, September 2004.
Pur partendo dagli stessi presupposti dobbiamo però affermare che le nostre conclusioni
sono molto diverse ed addirittura in alcuni punti opposte.
Si parla nella ricerca torinese di un medico impreparato ad affrontare
i nuovi compiti quali il ruolo del gate keeper oppure impreparato ad affrontare il disagio
sociale di molti pazienti.
Forse non siamo preparati, ma perché dovremmo esserlo?
Questi nuovi compiti sono realmente necessari o non sono piuttosto il risultato di una
distorsione nella attuale impostazione del Servizio Sanitario Nazionale che non si ha il
coraggio di correggere alla fonte?
Inoltre, la ricerca internazionale presenta ben altri aspetti. Labbiamo condotta per
anni ed è stata presentatta a Avignone come preliminare ( EGPRN Meeting, maggio 2003 ), a
Verona ( EGPRN Meeting , Ottobre 2003 ) e finale a Anversa ( EGPRN Meeting , maggio 2004
). Ora è in fase di pubblicazione su rivista internazionale. In essa si evidenzia come il
burn out venga accenttuato dallavanzare delletà, dal realizzare che vi è
mancanza di sviluppo di carriera, dal realizzare che è limpegnarsi ed essere
particolarmente preparati (!) a creare un contrasto maggiore con un mondo piatto ,
burocratico, ottuso, anti meritorio: Inoltre, svolgono ruolo negativo la mancanza del part
time soprattutto per le donne, e del tempo protetto per didattica e ricerca, e lo stress
del lavoro anche nei week end o nelle notti, e i problemi relazionali con lo staff delle
multipractice.
Puntualizzando sullaspetto distorsivo e generatore di burn out dellattuale
SSN, ripartiamo un po da lontano.
Le socialdemocrazie europee nel corso degli ultimi 30 anni hanno sempre perseguito
una politica di abbattimento delle barriere sociali ed economiche che si frappongono
ad un accesso universale ed equo ai servizi del Sistema Sanitario Nazionale da parte
di tutte le classi sociali della popolazione.
Questo atteggiamento ha avuto dei buoni e meritori risultati in passato, ma non è ora
controbilanciato da un sano e ragionevole senso di responsabilizzazione dei cittadini, in
ciò unito alla influenza dei media che tendono ad enfatizzare i successi della medicina,
producendo nei pazienti, soprattutto in quelli con livello culturale non elevato, paure ed
aspettative irrealistiche che ne' la classe medica ne' quella politica sono poi in
grado di fronteggiare.
In medicina primaria (medicina generale) vi e una continua tendenza a medicalizzare
problemi sociali. Ovviamente la medicina generale più delle altre branche mediche deve
avere a che fare con questi tipi di problematiche, pur tuttavia si dovrebbe evitare di
sommergere completamente i medici con questi argomenti.
In pratica i punti in questione sono questi:
1)demagogia (da parte delle autorità): promesse vuote e non realistiche (ad
esempio il tutto gratis dalla culla alla tomba) che causano lemergenza nel pubblico
di gruppi di pazienti che chiedono in maniera ossessiva e sono poco accontentabili;
2)ipocrisia: nonostante la consapevolezza che queste promesse non possono essere
mantenute, i politici e spesso anche i media, trovano molto "conveniente"
accusare la classe medica quando le cose vanno male;
3)burocrazia: il crescente uso di protocolli e regolamenti che condiziona
severamente la vita professionale dei medici di medicina generale sembrano causati più
dalla necessità di difendere il sistema sanitario dagli abusi causati da questa stessa
demagogia piuttosto che derivare da provate evidenze scientifiche.
Il contrasto tra le queste severe regole e la burocrazia strutturale
del servizio sanitario da un lato, e le aspettative irrealistiche dei pazienti
dallaltro, spesso sfocia in frequenti lamentele e contrasti ed in un aumentato senso
generale di insoddisfazione che espone il medico alla sindrome del burnout.
Il Sistema Sanitario Nazionale può sopravvivere solo responsabilizzando tutte le figure
coinvolte: medici, amministrazioni ed anche e soprattutto i pazienti.
Pensiamo alle miriadi di esenzioni ticket presenti nel nostro SSN che non hanno alcun
corrispettivo in nessun altro paese civilizzato e che servono, da un lato ad illudere il
cittadino-paziente-elettore, dallaltro sono bramati prepotentemente da
questultimo e visti come lultimo escamotage per non sborsare quattrini ( che
poi escono ben di più quando ci si trovi a situazioni complesse o ritenute urgenti ).
E un dato di fatto che labuso del sistema sanitario nazionale non e solo
del paziente depresso o ipocondriaco ma spesso appare deliberato: molti dei
pazienti cosiddetti difficili sono consapevoli di un loro eccessiva presenza nello studio
del medico ma daltra parte essi sentono profondamente un senso di diritto
di fare ciò.
Sfortunatamente questi sono argomenti tabù. Nessuno vuole parlarne in maniera chiara: per
molti degli attori di questo teatrino (media, politici e persino la comunità medica)
alcuni ragionamenti non appaiono né ideologicamente corretti né remunerativi da un punto
di vista di popolarità e di successo elettorale.
Persino la classe medica molto spesso preferisce un falso, ipocrita ma anche comodo atteggiamento
di autocriticaad una chiara, sincera ( forse anche spietata) spiegazione dei problemi
che affliggono il sistema sanitario nazionale.
Noi riteniamo che una compartecipazione o "corresponsabilizzazione"
economica a tutti i servizi (farmaci, diagnostica, ricoveri) così come sta avvenendo nel
resto dell' Europa, sia la strada obbligata. Certo questa compartecipazione economica
dovrà tenere conto delle condizioni economiche e sociali, pur tuttavia un contributo sia
pur piccolo e proporzionato dovrebbe essere pagato da tutti (ma proprio tutti)
ogni qual volta si accede ad un servizio del SSN evitando così che il SSN venga sfruttato
al di là di ogni appropriatezza da parte di chi non paga nulla come spesso accade
oggigiorno, e come pochi hanno il coraggio di ammettere ( avviene ormai in quasi tutti
paesi europei, non parliamo di che cosa successe nei paesi extracomunitari ...).
Lunica alternativa possibile sarebbe una rieducazione generale alluso corretto
e corresponsabile di risorse forzatamente limitate, ma come realizzarla? Con i media ed i
politici amministratori interessati a tuttaltro: inventare
"malasanità" rende di più in termini di "fare notizia" per i primi e
"scaricare le colpe" sui medici per i secondi.
Ma questo è difficile da accettare ideologicamente. Quando si parla sui media dei
problemi che affliggono il servizio sanitario nazionale, ve ne sono alcuni di cui e' più
comodo e facile parlare ovvero di corruzione, di sprechi, di ingiustizie sociali.
Purtroppo però ve ne sono altri più difficili da affrontare, meno seducenti
da un punto di vista ideologico culturale anzi che contrastano nettamente con il
diffuso atteggiamento ideologico cultuale dominante. Sono verità più concrete,
anche se ai più appaiono brutali e spietate.
In pratica il timore di molti italiani, non solo i nostri governanti regionali e
nazionali, è che un cambiamento nella impostazione del Welfare in generale e del SSN in
particolare, non sarebbe socialmente accettabile.
"Lincubo delle manifestazioni di piazza, delle proteste, dei blocchi
stradali, delle sceneggiate di martiri di professione che, durante un talk show,
minacciano o gridano di fronte alle telecamere ed allocchio complice ed ammiccante
di un giornalista compiacente", è da una parte politica paventato,
dallaltra vaticinato.
E lamata Italietta finisce ancora una volta per assomigliare alla caricatura
di sè stessa (molto in voga nel mondo anglosassone), ovvero una via di mezzo tra una
salda democrazia occidentale ed un tumultuoso stato latino-americano.
Francesco Carelli
Ferdinando Petrazzuoli
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ML6 - LE NOVITA' DELLA
LEGGE (Di Marco Venuti)
PRINCIPALI NOVITA' IN GAZZETTA
UFFICIALE
mese di dicembre 2004-gennaio 2005 |
La consultazione
dei documenti citati, come pubblicati in Gazzetta Ufficiale, è fornita da "Medico
& Leggi" di Marco Venuti: essa è libera fino al giorno 23.02.2005. Per
consultarli, cliccare qui
|
DATA GU |
N° |
TIPO DI DOCUMENTO |
TITOLO |
DI CHE TRATTA? |
27.12.04 |
302 |
Legge n. 306 del 27.12.04 |
Conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, recante proroga o differimento di termini
previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di proroga di termini per l'esercizio
di deleghe legislative |
Trattamento dei dati personali: confermato
il posticipo di alcune scadenze (misure minime di sicurezza) |
30.12.04 |
305 |
Determinazione dell'Agenzia Italiana del Farmaco del 23.12.04 |
Riclassificazione della specialità medicinale «Fortradol» ai sensi
dell'articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 |
Introduzione della nota AIFA n. 3 |
30.12.04 |
305 |
Determinazione dell'Agenzia Italiana del Farmaco del 23.12.04 |
Modifica della determinazione AIFA del 29 ottobre 2004 concernente «Note AIFA
2004 (Revisione delle note CUF)» |
Modificate le note 13, 28 e 74; reintrodotta la nota 58; chiarita la nota 78 |
31.12.04 |
305 Suppl. Ordinario n. 192 |
Legge n. 311 del 31.12.04 |
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2005) |
Vari i provvedimenti di interesse sanitario: articolo 1, comma 149 (certificati
di malattia INPS) e commi dal 164 al 187 |
04.01.05 |
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Decreto del Ministero della Salute del 31.12.04 |
Istituzione, presso l'Agenzia italiana del farmaco, di una banca dati centrale
finalizzata a monitorare le confezioni dei medicinali all'interno del sistema distributivo |
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