Redazione: Luca Puccetti (webmaster), Marco Venuti
(aggiornamento legale), Raimondo Farinacci,
Giuseppe Ressa, Renato Rossi, Guido Zamperini. Per iscriversi: richiesta a dzamperini@tiscali.it. Archivio generale di oltre
1500 articoli e varie risorse aggiuntive su http://www.pillole.org/
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INDICE
GENERALE
PILLOLE
- Le proteine vegetali diminuiscono il rischio di
colecistectomia
- Il Paracetamolo impiegato per lunghi periodi può causare danni renali
- Come la febbre dei figli allarma le mamme
- I triptani nell' emicrania non sono associati ad un aumento del rischio
di ictus o di infarto
- Un cuore artificiale ben funzionante
- L'obesità aumenta il rischio di aborto spontaneo
- Ecolucenza della placca carotidea evidenzia il rischio di ictus dopo stent
carotideo
- Effetti dei supplementi di alfa-Tocoferolo e di beta-Carotene sui
differenti tipi di ictus
- Metformina efficace nell'infertilità da ovaio policistico
resistente al clomifene
- RMN meglio della TAC senza MdC nella diagnosi dell'ictus emorragico
- La terapia-ponte con eparina non e' scevra da rischi nei soggetti
che interrompono la TAO
- BPCO: utile la somministrazione di testosterone (Segnalata
da Mauro Barsotti)
- La riscossa dell'elettroshock
- I nottambuli hanno la salute a rischio
- Interferone alfa efficace nel morbo di La Peyronie
- Le prime critiche alle nuove note AIFA (ex note Cuf) Di
Massimo Tombesi
- "Vedere il problema": fisiologia dei Punti di Vista
- Come l' aggancio emozionale facilita la rievocazione del ricordo
- Il calo del triptofano innesca mutamenti
dellattività cerebrale.
- News prescrittive (dalla
Gazzetta Ufficiale): (a cura di Marco Venuti)
CASI CLINICI
- I CASI DEL DOTT. CRETINETTI : Nando il "fiumarolo" (di Giuseppe Ressa)
APPROFONDIMENTI
- I
farmaci generici: una diffidenza non del tutto ingiustificata (Daniele Zamperini)
IL DIBATTITO
- La guerra del latte artificiale (di
Luca Puccetti)
- Quel virus sintetico che ci avvicina alla creazione dell'uomo (di
Massimiliano Fanni Canelles)
- Rofecoxib: doveva essere ritirato prima? La saga continua... (di
Luca Puccetti)
MEDICINA LEGALE E
NORMATIVA SANITARIA
Di Daniele Zamperini per ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale
Università Cattolica.
- Il medico e' innocente se il suo intervento non ha
possibilita' di successo (Sentenza)
- Privacy: prorogato il termine per il Documento Programmatico della Sicurezza
- Il Documento Programmatico sulla Sicurezza: una formalita', ma fino ad un
certo punto
-Tassa sulle targhe professionali: e' illegittima ma qualcuno
ancora ci prova
- Il medico e la legge: cap. 3: Responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale: distinzione e tentativi di superamento (Avv. Nicola Todeschini)
- Il
medico e la legge: cap 4 L'art. 2236
cod. civ. e la sua applicabilità anche al di fuori dell'ambito civilistico (Avv.
Nicola Todeschini)
-Il medico e la legge: cap. 5 Spunti di riflessione sul concetto
di diligenza (Avv. Nicola Todeschini)
PROFESSIONE
- Notificazione obbligatoria della rosolia congenita
- Il Presidente FNOMCeO Del Barone difende i medici dalle
facili accuse
-- LE NOVITA' DELLA LEGGE (Di Marco Venuti): Novembre 2004
Su www.medicoeleggi.it/pillole/freeconsult.htm
Marco Venuti mette a disposizione una serie di articoli su problemi connessi alla
prescrizione dei farmaci.
AVVISI IMPORTANTI
PUBBLICATE LE
NUOVE NOTE CUF (Note AIFA) in vigore dal 19/11/2004
Sono stati individuati numerosi e gravi problemi, di cui si chiede la correzione (v. nell'
indice una sintesi di M. Tombesi).
Le nuove Note, sono presentate in varie versioni, scaricabili, su www.pillole.org , su www.scienzaeprofessione.it e su www.medicoeleggi.it
ATTENZIONE: gia' una correzione sulla G.U.: la nota 89 non prevede piu' il Piano
Terapeutico.
Siccome sono previste altre modifiche, tra qualche giorno provvederemo a pubblicare la
versione corretta. |
IL MANUALE
DI CLINICA PRATICA
Sul sito http://www.pillole.org/ viene pubblicato il
"Manuale di clinica pratica", di R. Rossi e G. Ressa, con la collaborazione di
vari altri colleghi. Il testo e' presentato sotto una veste innovativa con presentazione
di casi "pratici", discussi in forma di dialogo, tenendo conto delle effettive
problematiche che investono il medico pratico, ulteriormente ravvivato dai "casi
clinici del dott. Cretinetti". L' opera e' di libero uso esclusivamente personale;
non e' consentito alcun uso commerciale o di qualunque altro genere senza il consenso
degli autori.
I vari capitoli saranno pubblicati un po' per volta, con cadenza settimanale. L' indice e'
su http://www.pillole.org/public/aspnuke/indicelibro.asp
ma consigliamo di accedere dalla directory.
Il capitolo di medicina legale verra' pubblicato a parte anche su http://www.scienzaeprofessione.it/ |
IL
MEDICO E LA LEGGE
Continua la pubblicazione, per gentile concessione dell' Avv. Nicola Todeschini,
del compendio legale sulla Responsabilita' del Medico.
Utilissimo per poter valutare il punto di vista del giurista, e dirigere la navigazione
professionale in acque possibilmente piu' tranquille. L' opera, pubblicata a puntate su
questa rivista, viene contemporaneamente messa a disposizione (versione integrata
scaricabile) sia sul sito http://www.pillole.org/
che su http://www.scienzaeprofessione.it/
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NUOVO
BOLLETTINO DI INFORMAZIONE
Come era stato preannunciato, e' in costituzione un nuovo Bollettino, a frequenza
di uscita varibile, che si affianchera' a "Scienza e Professione" allo scopo di
trasmettere informazioni rapide e urgenti, che non possono aspettare l' uscita mensile
della nostra rivista. Il bollettino sichiama "MEDICINA DEL TERRITORIO".
Invitiamo i nostri iscritti a sottoscrivere questa lista per non restare esclusi dal
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"PILLOLE"
A - Le
proteine vegetali diminuiscono il rischio di colecistectomia
E stata esaminata la relazione tra assunzione di proteine con la dieta e rischio di
colecistectomia tra le partecipanti al Nurses Health Study, uno studio di coorte di
donne negli Usa.
Nel corso dei 20 anni di follow-up ( 1980-2000 ), sono stati documentati 7.831 casi di
colecistectomia.
Dopo aggiustamenti, il rischio relativo di colecistectomia per le donne nel quintile
superiore di assunzione di proteine con la dieta rispetto alle donne nel quintile
inferiore è risultato uguale ad 1.
Quando i quintili estremi sono stati confrontati, il rischio relativo per
lassunzione di proteine animali è stato 1,07, mentre il rischio relativo per le
proteine vegetali è stato 0,79.
Questi risultati indicano che un aumento del consumo di proteine vegetali nel contesto di
una dieta bilanciata può ridurre il rischio di colecistectomia nelle donne.
Am J Epidemiol 2004; 160: 11-18
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B - Il Paracetamolo impiegato per lunghi periodi può
causare danni renali
La nozione che il Paracetamolo possa, in certi casi, essere nefrotossico, non e' certo
nuova, ma questo studio ne precisa alcuni aspetti importanti
I ricercatori hanno dimostrato che le donne che assumono per lungo tempo il Paracetamolo,
noto anche come Acetaminofene, possono andare incontro a danni renali anche se le dosi
sono relativamente basse.
I Ricercatori del Brigham and Womens Hospital di Boston hanno infatti trovato che le
donne che assumono tra le 3 e le 17 compresse di Paracetamolo alla settimana hanno un
rischio di danni renali aumentato del 64% rispetto alle donne che non ne fanno uso o lo
usano solo raramente.
Non sono invece stati riscontrati effetti indesiderati a livello renale tra le donne che
hanno fatto impiego per lungo periodo di Aspirina o Ibuprofene.
Archives of Internal Medicine, 2004
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C Come la febbre
dei figli allarma le mamme
L' Italia, un popolo di "mammoni"? E' ben nota, ai medici, la sindrome d'
allarme che colpisce le mamme allorche' i "figlioli" (di qualsiasi eta', ma in
modo particolare se bambini) si ammalino di una malattia febbrile.
La ricerca 'Le mamme e la salute dei figli' promossa da Boots Healthcare Italia, ha
confermato, qualora ce ne fosse bisogno, che la febbre allarma otto mamme su dieci, anche
se quasi tutte affermano di preoccuparsi davvero a partire dai 38-39 gradi di temperatura.
La ricerca ha coinvolto, mediante interviste telefoniche, 200 mamme di eta' compresa tra i
20 e i 45 anni aventi figli di eta' tra i 6 mesi e i 10 anni. Le mamme sembrerebbero
comunque (almeno dai dati delle interviste) avere acquisito un atteggiamento abbastanza
razionale in tali circostanze, riuscendo spesso a discriminare le patologie piu' banali da
quelle che presentino effettivamente sintomi d' allarme. Anche il padre sembra uscirne
abbastanza bene, cosi' come il pediatra, mente la nonna e' vbista in modo ambivalente, a
volte ansiogena.
Per l'80% delle mamme la febbre evoca sentimenti allarmistici (dal 46% di preoccupazione
al 17% di apprensione fino al 3% di paura e l'1% di terrore). Solo il 20%, invece,
dichiara di non essere minimamente preoccupato.
La soglia di preoccupazione, per il 78% del campione si situa sui 38,5-39 gradi,
mentre un 10% di "coraggiose" inizia a peoccuparsi solo ai 40 gradi.
La reazione delle mamme? al primo posto la richiesta di consiglio al medico ( capace di
tranquillizzarne l' 80% e di alleviare l' ansia in alto 11%.
Naturalmente la malattia del figlio comporta una serie di modifiche della routine
familiare: maggiori concessioni "consolatorie" ai figli, cambiamento dei ritmi
di vita, maggiore presenza in casa dei genitori (soprattutto della mamma).
Un quadro non malvagio, tutto sommato...
Guido Zamperini. Fonte: ANSA 16/2
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D I triptani
nell' emicrania non sono associati ad un aumento del rischio di ictus o di infarto
Lobiettivo dello studio è stato quello di valutare lincidenza di eventi
vascolari in relazione allimpiego dei triptani e degli alcaloidi della segale
cornuta ( ergot ) tra le persone che soffrono di emicrania rispetto a coloro che non
soffrono di emicrania. E stato ipotizzato che limpiego dei triptani o dei
farmaci a base di alcaloidi della segale cornuta potesse incrementare il rischio di eventi
ischemici per vasocostrizione.
E stato condotto uno studio retrospettivo di coorte su 130.411 persone con emicrania
e su 130.411 persone senza emicrania. Gli outcome misurati sono stati lincidenza di
eventi cardiovascolari e cerebrovascolari e la mortalità. Le persone che soffrono di
emicrania e quelle che non ne soffrono hanno presentato la stessa incidenza di insorgenza
di infarto miocardico ( 1.4 per 1.000 persone/anno ). Le persone con emicrania avevano una
probabilità maggiore del 67% di essere colpiti da un ictus rispetto alle persone senza
emicrania ( rischio relativo aggiustato, RR = 1.67 ), con più alte percentuali di
manifestare angina instabile ed attacchi ischemici transitori ( TIA ).
Non è stato riscontrato un incremento del rischio di infarto miocardico con
limpiego corrente o recente di triptano ( RR aggiustato = 0.80 e 1.15,
rispettivamente ).
Il rischio di insorgenza di ictus non è stato correlato con limpiego né corrente (
RR aggiustato = 0.90 ) né recente ( RR aggiustato = 0.84 ) di triptano.
Coloro che facevano uso corrente di alcaloidi della segale cornuta hanno presentato una
maggiore probabilità di essere colpiti da ictus ( RR aggiustato = 1.49 ), ma non è stata
riscontrata alcuna relazione dose-risposta.
Questo studio ha dimostrato che limpiego dei triptani non è associato ad un
incremento del rischio di eventi ischemici, quali linfarto miocardico e
lictus, o di mortalità.
Coloro che soffrono di emicrania, in generale, manifestano un elevato rischio di
insorgenza di ictu s, ma non di infarto miocardico rispetto a coloro che non soffrono di
emicrania.
Headache 2004; 44: 642-651
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E - Un cuore
artificiale ben funzionante
Il CardioWest Total Artificial Heart (CWTAH) sostituisce sia i ventricoli che le valvole,
eliminando così i problemi di insufficienza cardiaca sinistra, rigurgito valvolare,
aritmie cardiache, coaguli ventricolari, comunicazione intraventricolare e ridotto flusso
sanguigno che si riscontrano nel periodo di attesa del trapianto di cuore.
Lo studio è prospettico, non randomizzato su 81 pazienti che in attesa di trapianto di
cuore necessitavano di una soluzione ponte a causa del rischio di morte imminente per
insufficienza biventricolare che hanno ricevuto l'impianto di un cuore artificiale, il
CardioWest Total Artificial Heart . Il controllo è stato effettuato con i pazienti in
condizioni simili trattati con altre metodiche. L'end point principale era la
sopravvivenza prima e dopo il trapianto.
Il 79% (95 % CI, 68- 87 %) dei pazienti che ha ricevuto il CWTAH è sopravvissuto prima
del trapianto contro il 46% (P<0.001) che pur trovandosi in condizioni simili non ha
ricevuto il CWTAH. Il tasso di sopravvivenza ad 1 anno dal trapianto dei pazienti che ha
ricevuto il CWTAH è risultato del 70% in confronto al 31% dei controlli (P<0.001). La
sopravvivenza ad un anno ed a 5 anni dei pazienti in cui è stato eseguito il trapianto di
cuore e che prima del trapianto avevano ricevuto il CWTAH è risultata dell'86 e 64 %
rispettivamente .
fonte: NEJM 2004; 351:859-867
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F - L'obesità
aumenta il rischio di aborto spontaneo
L'obiettivo dello studio, coordinato dalla Sheffield University in Gran Bretagna, è
stato quello di valutare l'impatto dell'obesità sul rischio di aborto spontaneo.Le donne
obese, definite con un indice di massa corporea ( BMI ) superiore a 30 Kg/m2, sono state
confrontate con donne con BMI normale ( 19-24,9 kg/m2 ).Sono state incluse nello studio
solo donne primipare.L'aborto spontaneo precoce è stato definito come aborto entro 6-12
settimane di gestazione, quello tardivo entro 12-24 settimane di gestazione, mentre il
termine aborti spontanei precoci ricorrenti ( REM ) indicava 3 aborti spontanei successivi
entro 12 settimane.Hanno preso parte allo studio 1.644 donne obese e 3.288 donne con
normale peso corporeo.L'età media era di 26,6 anni.Il rischio di aborto spontaneo precoce
e di aborto spontaneo precoce ricorrente è risultato più alto tra le pazienti obese (
odds ratio: 1,2 e 3,5, rispettivamente; P = 0,04, per entrambi). L'obesità è risultata
associata ad un aumentato rischio di aborto spontaneo nel primo trimestre, e ad aborto
ricorrente.
Hum Reprod 2004
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G - Ecolucenza
della placca carotidea evidenzia il rischio di ictus dopo stent carotideo
Limpianto di stent a livello dellarteria carotidea rappresenta una
potenziale alternativa allendarterectomia carotidea.
Tuttavia lembolizzazione cerebrale è la più grave complicanza dello stenting
allarteria carotidea.
Lecogenicità della placca carotidea è ritenuta essere uno dei fattori di rischio.
Uno studio, coordinato da Ricercatori dellUniversità di Milano-Bicocca, ha
analizzato il ruolo di un indice di ecogenicità, denominato GSM ( gray-scale median ) sul
rischio di ictus durante impianto di stent. Il registro ICAROS ( Imaging in Carotid
Angioplasty and Risk of Stroke ) comprendeva 418 casi di stenting allarteria
carotidea. La percentuale di complicanze neurologiche è stata del 3.6% ( ictus minori:
2.2%, ictus maggiori: 1.4% ). Lecolucenza della placca carotidea, misurata come GSM
inferiore o uguale a 25, ha aumentato il rischio di ictus nellimpianto di stent
allarteria carotidea. Secondo gli Autori lecolucenza della placca carotidea
permette di stratificare i pazienti secondo differenti rischi di complicanze dopo un
impianto di stent a livello carotideo
Circulation 2004; 110: 756-762
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H - Effetti dei supplementi di alfa-Tocoferolo e di
beta-Carotene sui differenti tipi di ictus
Nello studio Alpha Tocopherol, Beta Carotene Cancer Prevention Study, supplementi di
alfa-Tocoferolo hanno diminuito il rischio di ictus del 14%, mentre il beta-Carotene ha
aumentato il rischio di emorragie intracerebrali del 62%. In questo studio sono stati
illustrati gli effetti post-intervento a 6 anni di supplementi di alfa-Tocoferolo e di
beta-Carotene sullictus e sui suoi sottotipi.Un totale di 29.133 uomini fumatori, di
età compresa tra i 50 ed i 69 anni, ha ricevuto, in modo random, giornalmente,
alfa-Tocoferolo ( 50mg ), beta-Carotene ( 20mg ), entrambi o placebo per 5-8 anni.
Allinizio del follow-up post-trial 24.382 uomini erano ancora a rischio di un primo
evento di ictus. Durante il follow-up post-trial , 1.327 uomini sono stati colpiti da
ictus ( 1.087 infarti cerebrali, 148 emorragie intracerebrali, 64 emorragie subaracnoidee
e 28 ictus non specificati
Il rischio post-trial di infarto cerebrale è risultato elevato tra coloro che hanno
ricevuto alfa-Tocoferolo rispetto a quelli che non lhanno assunto ( RR, relative
risk = 1.13 ), mentre non sono stati osservati effetti con il beta-Carotene ( RR = 0.97 ).
I supplementi di alfa-Tocoferolo sono stati associati ad un rischio relativo
post-intervento di 1.01 per lemorragia intracerebrale e di 1.38 per lemorragia
subaracnoidea.
Il rischio relativo con i supplementi di beta-Carotene è stato 1.38 e 1.09,
rispettivamente.
Dallo studio è emerso che né i supplementi di alfa-Tocoferolo né di beta-Carotene hanno
alcun effetto preventivo post-intervento sullictus.
Stroke 2004; 35:1908-1913
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I - Metformina efficace nell'infertilità da ovaio
policistico resistente al clomifene
La metformina risulta più efficace della diatermia ovarica laparoscopica (DOL) nel
ripristinare la capacità riproduttiva in donne con sindrome dell'ovaio policistico (PCOS)
resistenti al clomifene citrato.
La PCOS è una condizione associata con la resistenza all' insulina, obesità, disordini
metabolici, iperandrogenismo, anovulazione, sterilità e irregolarità mestruali. L'
eziologia è incerta, ma le teorie correnti danno risalto alle origini genetiche ed
intrauterine accoppiate con fattori ambientali quali la dieta ed i modelli alterati dello
stile di vita.
Oltre al dimagrimento ed alle modifiche dello stile di vita, che rimangono strategie di
primo livello per la PCOS, il trattamento contempla l'utilizzo, in prima istanza, del
clomifene, e, in caso di insuccesso, della metformina, delle follicotropine o delle
tecniche endoscopiche diatermiche.
Mentre la somministrazione di gonadotropine è caratterizzata dalla frequente insorgenza
di effetti collaterali, sia la metformina che la DOL sono molto ben tollerate e migliorano
entrambe il quadro endocrino e metabolico. Nel presente studio, realizzato da ricercatori
italiani delle università di Catanzaro e di Napoli e del St. Mary di Londra, 120 donne
obese con cicli anovulatori che non avevano risposto ad una precedente terapia con
clomifene citrato sono state randomizzate in due gruppi. Un gruppo è stato sottoposto ad
una laparoscopia diagnostica, mentre l'altro ad una DOL. Il primo gruppo è stato
successivamente trattato con metformina 850 mg 2 volte al dì per 6 mesi mentre il gruppo
trattato con DOL ha ricevuto un trattamento multivitaminico. Durante lo studio non sono
state osservate differenze significative tra i due gruppi per quanto concerne l'incidenza
dell'ovulazione (54.8 vs. 55.1%), ma a dispetto di ciò il tasso di gravidanze (18.6 vs.
13.4%), di aborti (15.4 vs. 29.0%), e di nati vivi (82.1 vs. 64.5%) sono risultate
significativamente migliori nel gruppo metformina (P < 0.05). Entrambe le tecniche sono
risultate efficaci nell'indurre l'ovulazione, ma la metformina ha garantito maggiori
vantaggi per quanto riguarda i tassi di gravidanza, aborto e nascite di bambini vivi.
Fonte: J Clin Endocrinol Metab 2004;89:4797-4809
Commento:
La DOL è stata proposta come terapia alternativa per le donne con PCOS resistenti al
clomifene. Questa procedura comporta rischi di complicazioni chirurgiche legati
all'anestesia. Il vantaggio della DOL è che è possibile valutare in una singola
procedura la pervietà delle tube e che sembra ristabilire l'ovulazione in un numero
notevole di pazienti. Le concentrazioni nel siero di LH e del testoterone diminuiscono
velocemente e l'effetto perdura a lungo. I tassi di gravidanza e di ovulazione risultano
aumentati sostanzialmente dopo la DOL.
La metformina erà già risultata efficace nella PCOS, sia in associazione con le
modifiche dello stile di vita che in associazione al clomifene, tanto che anche una
revisione sistematica della Cochrane ne aveva sancito l'efficacia in questa condizione *.
In questo studio la metformina è risultata più efficace della DOL nel ripristinare la
capacità riproduttiva nelle donne resistenti al clomifene. La metformina inoltre è più
economica della DOL e non comporta i rischi connessi con la laparoscopia e l'anestesia
generale. Rimangono da valutare tuttavia gli effetti a lungo termine dei due trattamenti,
sia sulla capacità riproduttiva che sull'assetto metabolico.
Luca Puccetti
* Lord JM, Flight IH, Norman RJ 2003 Insulin-sensitizing drugs (metformin, troglitazone,
rosiglitazone, pioglitazone, D-chiro-inositol) for polycystic ovary syndrome. Cochrane
Database Syst Rev:CD003053
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L - RMN meglio della TAC senza MdC nella
diagnosi dell'ictus emorragico
La Risonanza magnetica nucleare (RMN) è accurata quanto la tomografia assiale
computerizzata (TAC) senza mezzo di contrasto (MdC) nella diagnosi degli ictus emorragici
acuti, ma è nettamente superiore nell'dentificazione delle emorragie cerebrali croniche.
L'arruolamento è stato stoppato a 200 pazienti dal comitato etico allorquando è apparso
chiaro che la RMN era superiore nella diagnostica dei pazienti con sintomi suggestivi di
ictus evidenziando emorragie non rivelate dalla TAC senza MdC.
La RMN è risultata infatti positiva in in 71 pazienti, la TAC in 29 (P<.001). nella
diagnosi delle emorragie acute le due metodiche sono risultate equivalenti, (96% di
concordanza).Una emorragia cuta è stat diagnosticata in 25 pazienti sia con RMN che con
TAC. In 4 ulteriori pazienti l'emorragia era evidente alla RMN, ma non alla TAC senza MdC,
ed è stat interpretratta in tutti e quattro i casi come infarcimento emorragico di una
lesione primitivamente ischemica. In 3 pazienti le lesioni sono state interpretrate come
emorragie acute con la TAC e croniche con la RMN. Un caso di emorragia subaracnoidea è
stato identificato solo con la TAC. In 49 pazienti, la maggior parte dei quali con
microsanguinamenti, l'emorragia è stata evidenziata solo con la RMN.
fonte: JAMA. 2004;292:1823-1830
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M - La terapia-ponte con eparina non e'
scevra da rischi nei soggetti che interrompono la TAO
La terapia anticoagulante sostitutiva con eparina a basso peso molecolare (EBPM) nei
pazienti in trattamento con anticoagulanti orali (TAO), per protesi valvolare o
fibrillazione atriale, che devono interrompere la TAO per sottoporsi ad un intervento
chirurgico, non è scevra da complicazioni tromboemboliche ed emorragiche.
Quando gli anticoagulanti (ACO) vengono sospesi in occasione di un intervento chirurgico,
si utilizza in sostituzione l'eparina. In questo studio prospettico, monocentrico,
pazienti ad elevato rischio tromboembolico (per protesizzazione valvolare cardiaca o
fibrillazione atriale) sono stati sottoposti allinterruzione del trattamento
anticoagulante 5 giorni prima dellintervento chirurgico, e trattati con EBPM nei 3
giorni precedenti e per almeno 4 giorni dopo lintervento. Tra i 224 pazienti
arruolati, 8 pazienti (3.6%; 95% CI, 1.8-6.9) hanno presentato un episodio tromboembolico
tra cui 6 episodi sono insorti dopo sospensione della TAO per emorragie. Sono stati
osservati 15 episodi di sanguinamento maggiore (6.7%, 95% CI, 4.1-10.8) di cui 8 durante
lintervento o immediatamente dopo, prima che lEBPM fosse stata ripresa, 5 nel
periodo postoperatorio durante il quale la EBPM era stata ripresa e 2 dopo che la EBPM era
stata cessata. Nessun paziente è deceduto. La terapia anticoagulante sostitutiva con EBPM
nei pazienti in TAO che si devono sottoporre ad un intervento chirurgico è fattibile, ma
può associarsi ad eventi tromboembolici ed emorragici.
fonte : Circulation 2004; 110: 1658-1663 segnalata da: Notiziario di FIRENZE MEDICA-SIMeF
n.418
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N - BPCO:
utile la somministrazione di testosterone (Segnalata da Mauro Barsotti)
La somministrazione di testosterone in uomini con BPCO e bassi livelli di
testosterone migliora la percentuale di massa magra e la forza fisica senza effetti
collaterali significativi. Il malfunzionamento dei muscoli deambulatori contribuisce
all'intolleranza all'esercizio nella BPCO: gli uomini con BPCO presentano un'elevata
prevalenza di bassi livelli di testosterone, il che può contribuire alla debolezza
muscolare. Il presente studio è il primo a dimostrare che la somministrazione
di steroidi androgeni è seguita da un aumento della forza fisica nella BPCO, e
manifesta la possibilità che L'aggiunta della somministrazione di tale ormone e
l'esercizio di resistenza possa essere utile nei programmi riabilitativi per uomini
monitorati attentamente con BPCO e bassi livelli di testosterone. Un'altra
priorità sarà rappresentata dalla conduzione di studi su donne con BPCO per
determinare se possano essere ottenuti miglioramenti in massa e forza muscolare con
dosi di testosterone che non diano luogo ad effetti virilizzanti inaccettabili.
(Am J Resp Crit Care Med. 2004;170:870-878)
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O - La
riscossa dell'elettroshock
La terapia elettroconvulsiva migliorerebbe l'umore, la qualità della vita e la
capacità di compiere le attività quotidiane nei pazienti con depressione severa in bae
ai risultati di una ricerca della Wake Forest University Baptist Medical Center di
Winston-Salem, North Carolina - USA.
Lo studio ha considerato 77 depressi gravi, sottoposti a test valutativi e analisi
cliniche effettuate sia prima l'elettroterapia che immediatamente dopo e successivamente a
due e quattro settimane.
Il 66 per cento dei pazienti ha presentato un miglioramento relativamente a tono
dell'umore, stato cognitivo e qualità della vita già a partire dalla seconda settimana
post trattamento.
fonte: The British Journal of Psychiatry (2004) 185: 405-409
Link: http://bjp.rcpsych.org/cgi/content/abstract/185/5/405
segnalato da: NEWSLETTER MDF News
Commento di Luca Puccetti
Corsi e ricorsi non solo storici, ma anche scientifici o per meglio dire parascientifici.
Il Britain's National Institute of Clinical Excellence (NICE), ha raccomandato forti
limitazioni all'impiego dell'elettroschock, sconsigliandone un utilizzo come terapia di
mantenimento nella depressione.
http://www.nice.org.uk/pdf/59ectfullguidance.pdf
Già nel 2003 una revisione sistematica ad opera di John Geddes, Department of Psychiatry,
University of Oxford, pubblicata su Lancet (Lancet 2003; 361: 799-808 ), aveva rilevato
che la terapia elettroconvulsivante è efficace nel trattamento della depressione e
persino migliore dei farmaci nel breve periodo, tuttavia erano stati evidenziati deficit a
carico della memoria.
L'elettroshock è in uso dal 1930 ed è stato spesso oggetto di feroci polemiche e
diatribe più ideologiche che scientifiche.
In Italia la polemica divampò nel 1999 allorquando l'allora ministro Rosi Bindi emanò
una circolare, indirizzata agli assessorati regionali alla sanità e ai servizi
psichiatrici, nella quale si trasmetteva il parere del CSS che definiva l'elettroschock un
"un presidio di provata efficacia in patologie specifiche tra le quali alcune forme
di depressione". Nella circolare si raccomandava: «un'attenta vigilanza sui
possibili abusi, sottolineando che la terapia elettroconvulsivante pone controindicazioni
di natura strettamente medica alquanto limitate, non provoca danni fisiologici e ha
effetti collaterali moderati e circoscritti nel tempo. Il suo impiego è quindi motivato
dall'obbligo primario e ineludibile di salvare la vita del paziente e di tutelarne la
salute, primo tra gli obblighi deontologici del medico. L'evidenza d'efficacia pone anche
la questione se sia giusto relegare l'intervento al ruolo di ultima scelta sottoponendo i
pazienti a lunghi periodi di tentativi farmacologici e inutili sofferenze».
http://www.no-guide.info/xstop/Stampa%20e%20articoli/Il%20Manifesto.php
Tra i più accesi oppositori ci fu l'onorevole Antonio Guidi, psichiatra e membro della
Commissione affari sociali della Camera che sentenziò: «Da decenni l'uso e l'abuso
dell'elettroshock appartengono alle forme più deteriori della psichiatria ed ora questa
tecnica obsoleta e dannosa viene avallata e diventa una terapia di stato.».
Speriamo che questo ulteriore contributo riporti la questione dove dovrebbe stare ossia
nell'ambito di un dibattito scientifico e non di una discussione emotiva e preconcetta su
argomenti che purtroppo meritano invece tutto il nostro rigore metodologico e la nostra
indipendenza di giudizio professionale. Chi ha avuto la ventura di imbattersi in un
catatonico grave puo' rendersi conto di quando la ECT sia una strada da praticare o meno.
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P - I nottambuli
hanno la salute a rischio
Se la maggior parte delle persone può decidere quando andare a dormire, lo stesso non
succede per quanto riguarda lora di svegliarsi. Infatti lora della sveglia è
determinata da molti fattori, sociali e lavorativi, che non consentono alle persone di
poterla determinare liberamente. Ma il risveglio del corpo corrisponde sempre al risveglio
della mente, o vi è un certo lasso di tempo prima che la mente raggiunga il ritmo
lavorativo ideale?
La cronopsicologia ha individuato due fondamentali tipologie di individui: i serotini ed i
mattutini. Le due tipologie differiscono fra loro fondamentalmente per luso che
fanno del tempo allinterno della giornata. I serotini tendono a vivere di sera e di
notte, andando a letto tardi e svegliandosi più tardi. Al contrario, i mattutini tendono
ad andare a letto presto la sera, svegliandosi freschi e riposati al mattino presto.
La letteratura internazionale mostra come i tipi serotini tendano ad utilizzare con
frequenza maggiore, rispetto agli altri, sostanza psicoattive, quali caffeina, teina,
alcool, nicotina, ecc.
Allo scopo di rivelare se queste tendenze sono presenti anche in Italia, e per valutare se
effettivamente luso di queste sostanze sia differente a seconda del cronotipo, è
stata condotta una ricerca alluniversità di Bologna da Esposito, Martoni e Natale,
su un campione di 205 studenti universitari.
Lo studio è stato svolto mediante la somministrazione di due questionari: il primo indaga
i ritmi di vita, e consente di ricavare il ritmo circadiano del soggetto
(Morningness-Eveningness Questionnaire), il secondo, con domande a scelta multipla, indaga
le abitudini riguardanti luso delle sostanze psicoattive.
I risultati confermano lo stesso trend rilevato dalla letteratura internazionale: i tipi
serotini tendono ad utilizzare con più frequenza alcune sostanze psicoattive (per la
maggior parte nicotina ed alcool). Non risulta, però, un consumo differenziato in
funzione delleffetto delle sostanze (attivazione o relax, ad esempio), tra i tipi
serotini e i tipi mattutini. Emerge chiaramente, comunque, il maggiore uso delle sostanze
psicoattive da parte dei serotini, che si espongono a comportamenti alimentari che possono
essere dannosi per la loro salute e per il loro benessere.
Guido Zamperini. Fonti:
La tipologia circadiana come fattore di rischio nel consumo di sostanze psicoattive (Esposito,
Martoni, Natale); Psicologia della salute, 2002, Franco angeli editore.
Vizi e stravizi dei serotini (Chiambretto), Psicologia contemporanea N.186, Giunti
editore
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Q - Interferone
alfa efficace nel morbo di La Peyronie
Un ciclo di infiltrazioni intralesionali di interferone alfa riduce la curvatura
peniena e migliora la soddisfazione sessuale in due terzi dei pazienti affetti da malattia
di La Peyronie.
Lawrence Hakim, urologo della Cleveland Clinic, Florida ha trattato 30 pazienti con raggi
di curvatura del pene tra 10 e 75 gradi iniettando ogni due settimane cinque milioni di
unità di interferone alfa diluiti in 9 millilitri di fisiologica nelle placche. A seconda
della risposta al trattamento, il ciclo terapeutico è durato tre o sei mesi, per un
totale di 6 o 12 iniezioni. Nel 75 per cento dei pazienti è stata osservata una riduzione
della curvatura ed un miglioramento delle prestazioni sessuali. La cura con interferone
alfa ha evitato il ricorso alla chirurgia in quasi tutti i pazienti.
Effetti collaterali sono stati osservati nel 20% dei pazienti e sono consistiti in mialgie
e artralgie, che si riscontrano frequentemente in corso di terapie con interferone, che
sono state controllate efficacemente con la somministrazione di analgesici. E' in corso
uno studio più ampio e più prolungato per verificare questi risultati.
Ricerca presentata all'11° Congresso mondiale della Società internazionale per la
ricerca sessuale e sull'impotenza; 17 - 21 ottobre 2004, Buenos Aires, Argentina.
fonte: Reuters Health; segnalata da Il Medico di Famiglia 25/10/2004.
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Q1- Le
prime critiche alle nuove note AIFA (ex note Cuf) Di Massimo Tombesi
Oltre i confini dell'EBM c'e' l'opinabile, ma oltre i confini dell'opinabile c'e' il
ridicolo. La CUF si sarebbe quindi inventata la
categoria del "pregresso infartuato con ipertrigliceridemia", finora sconosciuta
nel mondo medico. Non ci credo finche' non lo vedo (queste sembrano le risposte della
Pravda nel 1960, tanto sono burocratiche), voglio una conferma "piu'" ufficiale.
La CUF farebbe bene ad ammettere le sue smaronate sull'ultima versione delle note, perche'
rischia di delegittimarsi da sola piu' di quanto non riescano a fare i suoi molti critici.
E' meglio che non la tirino troppo alla lunga, si fanno meno male: le sviste possono
sempre accadere, anche se una svista come quella di non mandare tre mesi prima su MIR il
testo integrale, e' davvero eccessiva :-)
Nota 1:
la gastroprotezione con IPP deve essere ammessa nei pazienti di oltre 75 anni in terapia
cronica o comunque protratta con FANS, perche' in base ai dati diponibili in letteratura
si tratta di soggetti che hanno un rischio analogo a quello di chi ha avuto una pregressa
emorragia das FANS. Questo non si applica ai pazienti in solo trattamento antiaggregante
con basse dosi di ASA, per i quali la gastroprotezione puo' essee indicata solo in caso di
precedente ulcera o emorragia. E' appena il caso di notare che comunque ci si chiede cosa
fare in caso di forte intolleranza soggettiva ai FANS in pazienti che ne dipendono
criticamente (artriti croniche, dolore oncologico, ecc.), anche alla luce delle recenti
"uscite" del Ministro Sirchia sul "dolore".
Nota 13:
1) devono dire chiaramente quello che si evince implicitamente dal testo della nota (e su
cui si concorda), e cioe' che nel diabete non si applicano le carte dell'ISS, almeno al di
sopra dei 50 anni. Si fa inoltre notare che il rischio valutato con le carte differisce
sensibilmente da quello valutato con il software dell'ISS.
2) devono dire che al di sopra dei 69 anni in mancanza di dati applicabili alla realta'
italiana vale il riferimento alle precedenti carte del rischio europee
3) gli omega 3 sono prescrivibili nel post-infarto indipendentemente dalla
trigliceridemia, che non ha alcun interesse nella stratificazione del rischio
cardiovascolare. Nessuno studio ha mai affrontato il caso di soggetti post-infartuati con
ipertrigliceridemia. Nella bibliografia si suggerisce di includere il GISSI-prevenzione.
Nota 48
deve prevedere il caso previsto nella nota 1 per quanto attiene l'eradicazione dell'HP:
uso di IPP assieme a terapia eradicante in soggetti HP positivi in cui sia indicata la
terapia antiaggregante o sia necessario l'uso protratto di FANS, come possibile
alternativa alla gastroprotezione. Questo fatto e' supportato in letteratura solo nei
soggetti con pregressa emorragia, pero' l'AIFA lo suggerisce in tutti i casi e quindi deve
permettere di farlo.
Nota 51
Ci si chiede se nel caso del cancro della prostata non avanzato i farmaci analoghi
del'LHRH siano indicati, e qual e' la documentazione che ne suggerisca l'efficacia
rispetto a qualunque end-point (progressione della malattia alla fase metastatica,
prolungamento della vita, ecc.).
Nota 66
deve essere specificato che nel dolore oncologico i FANS possono essere usati anche in
assenza di indicazione specifica nella scheda tecnica, in quanto nessuna scheda tecnica di
FANS risulta riportare questa indicazione.
Nota 78
il piano terapeutico deve essere abolito per i colliri antiglaucomatosi, in quanto
palesemente del tutto inutile al fine di ottenere una prescrizione piu' razionale e
responsabile da parte degli oculisti, e in quanto l'ottenimento risulta impraticabile dato
l'enorme uso di questi farmaci che interessa oramai almeno il 3% della popolazione (in
gran parte anche politrattata), senza che da questo si possa dedurre alcuna
responsabilita' della MG.
La prescrizione dei farmaci con registro USL o piano terapeutico deve escludere
esplicitamente ogni responsabilita' del MMG riguardo all'eventuale inosservanza delle
indicazioni delle note.
Salvo errori & omissioni, queste sono le osservazioni scaturite da MIR. Anche se
l'opzione preferita dai MMG e' l'abolizione delle note che li riguardano, si raccomanda in
futuro di chiedere pareri qualificati prima di licenziare nuove (e non auspicate)
versioni. Non e' detto infatti che questo equivalga ai pareri delle "organizzazioni
piu' rappresentative". Si segnala infine che "il criterio ispiratore di creare
un clima di condivisione del 'sistema note'" non ha avuto successo: le note non sono
condivise dagli utilizzatori e non sono conosciute da larga parte dei medici specialisti
ed ospedalieri, cosa che a 10 anni dalla prima emanazione richiederebbe una accurata
analisi critica, sia dell'efficacia, sia degli effetti perversi dello strumento ampiamente
lamentati dai MMG.
Massimo Tombesi, CSERMEG
dalla mailing-list MIR (Medicina In Rete)
[ Altre voci si sono aggiunte a quelle di Massimo Tombesi nelle more della pubblicazione,
e sembra che l' AIFA abbia manifestato la volonta' di venire incontro alle critiche e ai
suggerimenti ben motivati. I vari aggiornamenti saranno pubblicati man mano sul nostro
sito]
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Q2 - "Vedere il problema": fisiologia
dei Punti di Vista
La nostra vita si basa su delle verità, spesso banali, constatate giornalmente e
verificate mediante i nostri sensi. La forma di quello che ci circonda, il ricordo di
quello che ci viene detto, le mappe mentali che ci consentono di spostarci per la città,
vengono costruite empiricamente, e vengono giudicate coerenti con la realtà. Come
potremmo vivere, altrimenti?
In realtà capita, a volte, che qualcuno ci porti verità in contrasto con le nostre.
Informazioni, dati, che sono in contrasto con quello che vediamo e con quello che i nostri
ragionamenti ci portano a pensare. Possiamo credergli, o è vittima di un vizio di
ragionamento? Di solito ripercorriamo tutta la nostra catena di pensieri, dal ricordo
originario alla conclusione, e raramente troviamo un errore.
Sicuramente deve essere laltro ad essersi sbagliato.
Questa cosa non riguarda solo la gente comune e le attività sociali di base. Capita in
tutti i campi, dalla diagnosi medica alla ricerca scientifica, fino alla formulazione di
leggi fisiche.
Di solito durante le discussioni che scaturiscono da questi contrasti
"ideologici" salta fuori la frase "prova a guardare le cose dal mio punto
di vista", con tutte le varianti del caso. Il concetto alla base di questo invito è
che spesso, cambiando il punto di osservazione del problema, possono cambiare tutti gli
assunti che da questo derivano. Se questo aspetto della vita non interessa i lavoratori
"sicuri" (commercianti, bancari) sicuramente interessa (o dovrebbe interessare)
tutti quei lavori che fanno della ricerca il fine ultimo, dalla ricerca scientifica alla
ricerca della causa dei tali sintomi medici.
Marie-Christophe Parmentier e Jean-Francois Hamon (università di Reunion, Polinesia
francese), sono partiti dal presupposto che lappartenenza a due culture differenti
possa influire fisicamente sulla percezione e sullelaborazione degli stimoli, e
quindi sulla soluzione finale al problema.
Nello specifico la ricerca si basa sulla differenza percettiva che 230 ragazzi di 10 anni
hanno di una figura geometrica astratta e complessa (figura complessa di Ray). La
richiesta che è stata fatta loro è stata duplice: inizialmente dovevano copiare la
figura, in seguito riprodurla a memoria.
Il campione è stato suddiviso in tre sottogruppi: europei di Parigi, abitanti di Reunion
cittadini e abitanti di Reunion campagnoli. Lo svolgimento del compito ha evidenziato
differenze molto marcate e significative nel modo in cui le differenti culture
"vedevano" il problema.
Nel primo esercizio la differenza fondamentale sussisteva fra i "cittadini", che
vedevano la figura in maniera piu globale in contrasto con gli abitanti delle
campagne ce la vedevano piu suddivisa nelle singole parti, e quindi tendevano a
riprodurre la figura non globalmente ma ad elementi singoli.
Il fenomeno veniva ulteriormente accentuato nel secondo compito, dove sembrava quasi che
gli abitanti di campagna vedessero la figura diversamente rispetto a quelli di
citta.
Sembra proprio che la realtà è negli occhi di chi guarda
Guido Zamperini
Fonte: Psicologia contemporanea 179
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Q3 Come l' aggancio emozionale facilita la
rievocazione del ricordo
Come è noto, mediante la tecnica della risonanza magnetica funzionale (RMf) è
possibile visualizzare quali parti del cervello lavorano durante un determinato compito,
che può essere sia puramente mentale (una rievocazione, un calcolo matematico, un
qualsiasi compito che necessiti di sola intelligenza), sia pratico (attuare movimenti,
spostare oggetti) sia misti (precorrere mentalmente il movimento e poi compierlo,
prefigurarsi una azione, ecc.).
Utilizzando la tecnica della RMf è stato studiato il cervello durante un compito di
richiamo, più specificatamente durante un utilizzo della memoria autobiografica.
Per memoria autobiografica (MA) si intende, solitamente, quellinsieme complesso di
informazioni, esperienza e memorie che concernono la nostra vita ed il nostro vissuto, e
che ci consente di "viaggiare" nel nostro passato, rivivendolo anche a livello
emotivo.
Gli studi hanno mostrato che le aree maggiormente attive durante una fase di richiamo
della MA sono le aree prefrontali ed orbitofrontali: sono queste, infatti, quelle deputate
a richiamare alla mente i ricordi del nostro passato.
Oltre alla RMf, altre informazioni su questo sistema di memoria possono essere ottenute da
pazienti che hanno subito danni cerebrali, sia localizzati (ictus ischemici o emorragici),
che diffusi (traumi).
Lanalisi della capacità del richiamo della MA in questi pazienti ha confermato come
molto importanti siano le suddette aree per il corretto richiamo delle informazioni, della
consapevolezza, del riconoscimento del Se' e, soprattutto, dellelaborazione emotiva
del vissuto. Danni a queste aree del cervello portano, oltre ai disturbi sociali, una
mancata associazione fra il ricordo e la relativa emozione.
Studi portati avanti da un gruppo di ricercatori tedeschi (Markowitsh e coll.
"Cortex" 2003, 39), con lutilizzo della RMf hanno mostrato un legame molto
stretto fra lemozione e il ricordo.
Da questi studi emerge come il ricordo sia strettamente legato allemozione, e come
questi due aspetti concorrano strettamente al richiamo dellinformazione.
Questo risultato apre un campo di indagine abbastanza nuovo, anche se non nuovissimo
(alcuni indirizzi di pensiero, come ad esempio quelli legati alla Programmazione
Neurolinguistica hanno sostenuto da tempo l' esistenza di legami simili), in quanto sara'
necessario (o quanto meno utile) rivedere le tecniche pratiche di apprendimento, dovendosi
tener conto delle interazioni fra quello che si vuole ricordare e lemotività che
quellinformazione suscita.
Inoltre, gli studi portati avanti dal gruppo di Markowitsh mostrano come il cervello
"archivi" separatamente i ricordi connotati positivamente (parte mediale della
corteccia orbitofrontale) da quelli negativamente connotati (attivazione della porzione
laterale). Abbiamo quindi una zona "buona" ed una "cattiva" del
cervello?
Guido Zamperini
Fonti: Psicologia Contemporanea N.-182
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Q4 Il calo del triptofano innesca mutamenti dellattività
cerebrale.
Uno studio sul cervello condotto dai ricercatori del National Institute of Mental
Health (NIMH) ha dimostrato che un circuito cerebrale che regola le emozioni risulta
iperattivo nelle persone suscettibili alla depressione, anche quando non sono depresse.
Gli scienziati hanno scoperto lanomalia nei cervelli dei pazienti la cui depressione
presentava una ricaduta quando un messaggero chimico cerebrale veniva ridotto
sperimentalmente. Anche se in remissione, la maggior parte dei soggetti con una storia di
disturbi dellumore sperimentava una ricorrenza temporanea dei sintomi quando dai
loro cervelli veniva asportato sperimentalmente triptofano, il precursore chimico della
serotonina.
Simili cambiamenti di umore e di attività cerebrale non vengono innescati né da una
somministrazione di placebo nei pazienti, né da un calo di triptofano in volontari sani.
Le scansioni PET del cervello hanno rivelato che un circuito di elaborazione delle
emozioni risultava iperattivo soltanto nei pazienti in remissione, che sperimentassero o
meno i sintomi della depressione, e non nei soggetti di controllo. Poiché
lattività anormale non riflette lumore, la scoperta suggerisce che il calo di
triptofano mette alla luce una caratteristica innata associata con la depressione.
Lo studio, di Alexander Neumeister, Dennis Charney, Wayne Drevets e colleghi, è stato
pubblicato sul numero di agosto 2004 della rivista "Archives of General Psychiatry
www.lescienze.it
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R - News prescrittive di
Marco Venuti (dalla Gazzetta Ufficiale)
Fostimon -
Estese le indicazioni terapeutiche. Le nuove indicazioni sono:
sterilità femminile: induzione dell'ovulazione, in associazione con gonadrotopina
canonica, in pazienti affette da sindrome dell'ovaio policistico; amenorrea o stati
anovulatori da insufficienza della fase follicolare; altri stati di infertilità associata
ad un aumentato rapporto LH/FSH. Fostimon è indicato per la stimolazione dello sviluppo
follicolare multiplo in donne sottoposte ad induzione dell'ovulazione nei programmi di
fertilizzazione in vitro (IVF) ed altre tecniche di riproduziore assistita
(FIVET-GIFT-ZIFT)M
sterilità maschile: induzione dello spermatogenesi in uomini affetti da
ipogonadismo ipogonadotropo, in associazione alla gonadotropina corionica umana (hCG).
Medipo, Sinvacor, Sivastin, Liponorm, Zocor - Modificate le indicazioni
terapeutiche. Le nuove indicazioni sono:
Ipercolesterolemia: trattamento della ipercolesterolemia primaria o della
dislipidemia mista, come integratore della dieta, quando la risposta alla dieta e ad altri
trattamenti non farmacologici (es: esercizio fisico, riduzione del peso corporeo) è
inadeguata; trattamento della ipercolesterolemia familiare omozigote come integratore
della dieta e di altri trattamenti ipolipemizzanti (es. LSD aferesi) o se tali trattamenti
non sono appropriati.
Prevenzione cardiovascolare: riduzione della mortalità e della morbilità
cardiovascolare in pazienti con malattia aterosclerotica cardiovascolare manifesta o
diabete mellito, con livelli di colesterolo normali o aumentati, come coadiuvante per la
correzione di altri fattori di rischio e di altre terapie cardioprotettive.
Aplactin, Pravaselect, Selectin, Sanaprav, Prasterol - Modificate le
indicazioni terapeutiche. Le nuove indicazioni sono:
Ipercolesterolemia: trattamento della ipercolesterolemia primaria o della
dislipidemia mista, in aggiunta alla dieta, quando la risposta alla dieta e ad altri
trattamenti farmacologici (es: esercizio fisico, riduzione del peso corporeo) sia
risultata inadeguata.
Prevenzione primaria: riduzione della mortalità e della morbilità cardiovascolare
in pazienti con ipercolesterolemia da moderata a grave e ad alto rischio di primo evento
cardiovascolare, in aggiunta alla dieta.
Prevenzione secondaria: riduzione della mortalità e della morbilità
cardiovascolare in pazienti con storia di infarto del miocardio o angina pectoris
instabile e con livelli normali o elevati di colesterolo, in aggiunta alla correzione di
altri fattori di rischio.
Post-trapianto: riduzione dell'iperlipidemia post-trapianto in pazienti sottoposti
a terapia immunosoppresiva a seguito di trapianto d'organo solido.
Fluxum - Modificate le controindicazioni. Le nuove controindicazioni
sono:
L'anestesia loco-regionale per procedure di chirurgia elettiva è controindicata in quei
pazienti che ricevono eparina per motivazioni diverse dalla profilassi; generalmente
controindicato in gravidanza e nell'allattamento; Anamnesi positiva per trombocitopenia
con FLUXUM; manifestazioni o tendenze emorragiche legate a disturbi dell'emostasi, ad
eccezione delle coagulopatie da consumo non legate all'eparina; lesioni organiche a
rischio di sanguinamento (ulcera peptica, retinopatie, sindrome emorragica); endocardite
infettiva acuta (ad eccezione di quelle relative a protesi meccaniche); accidenti
cerebrovascolari emorragici; allergia al farmaco; nefropatie e pancreopatie gravi,
ipertensione arteriosa grave, traumi cranioenceflici gravi nel periodo post-operatorio;
pericolo di attività terapeutica delle antivitamine K; controindicazioni relative:
associazione con ticlopidina, con salicilati o FANS, con antiaggreganti piastrinici
(dipiridamolo, sulfinpirazone, ecc.)
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CASI CLINICI
S - I CASI DEL DOTT. CRETINETTI: Nando il fiumarolo (di Giuseppe Ressa)
[Continua la presentazione di casi clinici basati su esperienze concrete, che possono
offrire lo spunto a utili considerazioni metodologiche e pratiche. I personaggi di
Cretinetti e Falchetto sono stati ideati dal Dott. Giuseppe Ressa, che ha curato anche la
scelta e l'esposizione dei casi.
Il dottor Cretinetti è un medico che fa anamnesi approssimative, esami obiettivi volanti,
prescrive montagne di analisi ed esami strumentali; il dottor Falchetto è il suo opposto:
anamnesi ed esami obiettivi maniacali, connessioni diagnostiche mirabolanti, scorciatoie
fulminanti, esami diagnostici centellinati; a volte cerca diagnosi rarissime mancandone
altre più probabili e giuste.
Capita che Cretinetti e Falchetto coesistano schizoidamente nella stessa persona.]
A Roma, sul Tevere, si vedono remare i canoisti,
ai margini del fiume sono ancorate le zattere dei "fiumaroli" di una volta, ora
in parte trasformate in ristoranti galleggianti.
Di uno di questi e' titolare Nando; con una giovinezza i cui trascorsi erano stati
opportunamente oscurati dai parenti (si vociferava che facesse il protettore di alcune
prostitute trasteverine e altro).
Dopo un breve soggiorno a Regina Coeli (carcere romano) si era riciclato in queste nuove
mansioni di ristoratore e non disdegnava di fare anche dello sport sulle bionde acque per
temprare il suo fisico scultoreo.
Un giorno destate Nando chiamo' a domicilio il giovanissimo sostituto di Cretinetti,
il quale era in ferie da lurido massimalista, il medico accorse prontamente.
Trovo' Nando in preda a sintomi pseduoinfluenzali, riferiva: febbre
a 40 gradi, epistassi, tosse produttiva con espettorato strato di sangue, dolore toracico
e una violenta cefalea frontale; allesame obiettivo il medico rileva: faringe
infiammata, subittero con intensa soffusione congiuntivale, crepitii diffusi su tutto
lambito polmonare, epatomegalia.
Il vice Cretinetti, allarmato, diagnostica una polmonite con "sofferenza
epatica" e propone senzaltro il ricovero ma Nando rifiuta adducendo il fatto
che "A Ferragosto in ospedale non ce' nessuno e mi faranno morire come e'
successo alla mia povera mamma"; a quel punto si inizia una terapia antibiotica
prescrivendo nel contempo delle analisi che rilevano: transaminasi due volte il normale,
bilirubina a 3, prevalentemente coniugata, CK aumentata, piastrinopenia, azotemia 80 e
lieve proteinuria, i risultati dei markers dei virus epatitici tardarono qualche giorno ma
erano negativi.
Il vice Cretinetti si reco' di nuovo al domicilio di Nando per ricontrollarlo ma, mentre
stava scendendo le scale che lo conducevano alla zattera, gli venne incontro la moglie,
disperata, con le mani nei capelli, che urlava "Nando e' morto!!".
Il sostituto ebbe un malessere che a stento controllo', chiese
particolari sullaccaduto: Nando aveva avuto un violentissimo colpo di tosse, aveva
sputato moltissimo sangue, aveva perso conoscenza ed era rapidamente spirato.
Nel frattempo erano accorse numerose persone, attirate dalle grida disperate della donna,
e anche unautoambulanza del vicino ospedale.
Nando fu portato via, in barella, seguito da un inebetito vice Cretinetti che non sapeva
dove sbattere la testa, ci fu unautopsia e un funerale al quale il giovanissimo
medico partecipo'; per fortuna ci fu molta comprensione da parte della famiglia.
Non cosi' per la stampa che vesso' il povero medico; Cretinetti torno' a breve dalle ferie
e, saputo laccaduto con la relativa diagnosi, cerco' inutilmente di consolare il
collega che anche ora, a distanza di anni, gli ricorda quella drammatica sostituzione
estiva alla quale segui' un lungo periodo in cui non riusci' piu' ad esercitare la
professione.
Il paziente era affetto da leptospirosi.
Cretinetti tirò, cinicamente, un grosso respiro di sollievo perché
non era per niente sicuro che trovandosi lui nella situazione descritta sarebbe riuscito a
fare la corretta diagnosi. Forse lANAMNESI, ricca di dati in favore (fiumarolo e
canoista) poteva essere il piede di porco per scardinare il dilemma.
In seguito il giovane sostituto rifiutò, con risolutezza, altre proposte di sostituzione
nello studio di Cretinetti.
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APPROFONDIMENTI
AA1 - I farmaci generici: una diffidenza non del tutto ingiustificata
E noto come lavvento dei farmaci generici, molto diffusi in altre nazioni,
abbia riscontrato in Italia un atteggiamento di perplessita se non addirittura di
ostilita da parte della classe medica.
Questa reazione e in parte legata a motivi "psicologici" e in parte a un
atteggiamento di sospetto e di sfiducia del medico verso un farmaco di cui non si sente
completamente "padrone".
E importante analizzare quindi alcune problematiche che investono i farmaci generici
onde comprendere meglio i motivi di un atteggiamento tendenzialmente negativo.
Il farmaco generico e, palesemente, assai gradito alle autorita governative e
agli Enti erogatori di prescrizioni in quanto tendenzialmente portatore di benefici
economici.
Ma cose un farmaco generico? E veramente "uguale" al
corrispondente farmaco di marca?
In realta, in base alle normative vigenti in Italia, i farmaci
"generici" sono per definizione "essenzialmente simili" al prodotto di
marca originale ma non per questo perfettamente uguali.
[ Per chiarire la terminologia:
- Biodisponibilta': parametro biochimico che misura le curve di concentrazione
ematica del principio attivo utilizzando il parametro "area sotto la curva" e
altri parametri accessori ("concentrazione di picco massimo" e "tempo di
picco massimo").
- Bioequivalenza: equivalenza media di due farmaci aventi profilo di
bionisponibilita' accettabilmente simile (compreso circa nel 20% in piu' o meno dell' Area
sotto la curva).
- Equivalenza terapeutica: parametro presunto in base ad una bioequivalenza media
compresa nei parametri di accettabilita'.
Per una valutazione dettagliata dei parametri statistici, consultare i links in fondo alla
pagina].
La somiglianza prescritta per il farmaco generico si verifica allorche,
rispetto al farmaco di riferimento, il "generico" abbia una stessa composizione
quali-quantitativa in principio attivo e la stessa forma farmaceutica; ("equivalenza
farmaceutica") e presenti "bioequivalenza" rispetto al farmaco di
riferimento. Se un generico presenta una equivalenza farmaceutica e una bioequivalenza
rispetto al farmaco di riferimento, puo' essere considerato "essenzialmente
simile" a questo.
Da tale similitudine viene presunta una equivalenza terapeutica che puo'
verificarsi sia utilizzando degli "equivalenti farmaceutici" in senso stretto
(cioe farmaci chimicamente e farmacologicamente perfettamente uguali
alloriginale,
- "alternative farmaceutiche" che differiscono dalloriginale per la forma
chimica della frazione terapeutica (ad esempio una diversa salificazione o esterificazione
del principio attivo) o per la tecnologia farmaceutica impiegata (ad esempio capsule
invece di compresse, granulato anziche gel e cosi via).
La maggior parte dei prodotti generici registrati in Italia appartiene
al primo di questi due gruppi.
Bioequivalenza, biodisponibilita', equivalenza terapeutica
Il concetto di bioequivalenza, non del tutto chiaro, e uno di motivi di
perplessita per i medici prescrittori.
Le leggi di riferimento sono il D.leg. 323/1996 convertito in Legge 425/1996.
La "bioequivalenza" tra farmaco di riferimento e generico viene valutata
essenzialmente mediante lo studio della "biodisponibilita' ", che ne costituisce
preliminare indispensabile. La bioequivalenza, a sua volta, costituirebbe presupposto per
presumere una probabile "equivalenza terapeutica".
La valutazione di biodisponibilita di un prodotto generico rispetto
alloriginale viene valutata in base ad una serie di parametri chimici e fisiologici,
con procedure semplificate rispetto alla registrazione del farmaco originale. In
particolare la biodisponibilita di un prodotto farmaceutico viene valutata dal
profilo medio delle curve concentrazione-tempo del principio attivo misurato su un
campione di soggetti, generalmente volontari sani, e utilizzando il parametro "area
sotto la curva" come indicatore della quantita di farmaco reso biodisponibile;
vengono considerati anche altri parametri: la "concentrazione di picco massimo"
e il "tempo di picco massimo" come indicatore di velocita in cui il
principio attivo e reso disponibile.
Viene presunto che due prodotti con profili di biodisponibilita sufficientemente
simili (e quindi "bioequivalenti") siano anche "equivalenti dal punto di
vista terapeutico".
In altre parole l' "equivalenza terapeutica" viene presunta in base ad una
bioequivalenza tra i due farmaci confrontati. (Per definizione infatti il farmaco generico
deve essere "bioequivalente" rispetto al prodotto di riferimento).
Occorre sottolineare che gli studi tendenti a misurare la
bioequivalenza dei prodotti non utilizzano parametri clinici di efficacia ma si limitano a
confrontare la biodisponibilita sistemica di due prodotti, che puo' essere simile ma
non uguale, in quanto ci si basa sul concetto che due prodotti farmaceutici, pur avendo un
profilo di disponibilita anche diverso (purche' compreso in un certo ambito),
possano essere equivalenti anche sul piano terapeutico. Le norme internazionali, infatti,
stabiliscono un range di variabilita convenzionale come "intervallo
accettabile" di bioequivalenza.
Questo intervallo di variabilita' accettabile, indipendentemente dalla classe
farmacologia del principio attivo e dal parametro farmacocinetico considerato, e
fissato a livello internazionale nel range tra 080-1,25 quando si considera la media dei
rapporti individuali tra area sotto la curva del farmaco testato e area sotto la curva
della formulazione standard o, dopo alcune correzioni statistiche, entro la percentuale
del 20% in piu' o in meno.
L' entita' di questa variazione accettabile e stata stabilita in base al concetto
che la variabilita individuale della risposta terapeutica e generalmente molto
ampia, anche piu ampia del range di variabilita fissato per il test di
bioequivalenza.
Diversi Autori, tuttavia, hanno sottolineato il fatto che, almeno per alcuni farmaci
aventi una "finestra terapeutica" molto stretta, lattuale convenzionale
intervallo di bioequivalenza potrebbe essere troppo ampio e percio inadeguato a
garantire con sufficiente affidabilita che due prodotti bioequivalenti siano anche
terapeuticamente equivalenti.
E' possibile quindi affermare che la metodologia utilizzata attualmente
negli studi di bioequivalenza, consente di stimare la "bioequivalenza media" e
la "bioequivalenza di popolazione" ma non consente di valutare la
"bioequivalenza individuale".
In base a questa considerazione il medico e il paziente che utilizzino un farmaco
"bioequivalente" possono aspettarsi un risultato terapeutico "mediamente
equivalente" nella popolazione complessiva degli utilizzatori, ma non e' possibile
fornire informazioni circa la probabilita che la risposta del singolo paziente alle
due formulazioni diverse (farmaco di riferimento e generico bioequivalente) sia la stessa.
Il problema e particolarmente sentito, come gia' detto, per i farmaci ad uso cronico
dotati di scarsa maneggevolezza e di basso indice terapeutico.
Pur rimanendo quindi valido genericamente il concetto di sostituibilita tra il
farmaco di riferimento e un farmaco generico bioequivalente e evidente come possa
essere importante per il medico conoscere, per i singoli prodotti alternativi, il range di
scostamento dei parametri di confronto onde poter eventualmente scegliere il prodotto che
piu si avvicina a quello di riferimento.
Inoltre questa variabilita "interna" tra farmaci
generici non permette un diretto confronto tra di loro in quanto essi vengono confrontati
esclusivamente con la specialita' di riferimento e non e possibile estrapolare
automaticamente una equivalenza tra di loro. Il concetto di bioequivalenza non gode della
proprieta' transitiva: non e' possibile affermare, senza una verifica diretta, che due
prodotti, ciascuno bioequivalente con lo stesso standard di riferimento, siano
bioequivalenti tra di loro.
Questo criterio ovviamente e uno dei maggiori ostacoli alla libera
sostituibilita del prodotto da parte dei farmacisti con prodotti equivalenti.
Il problema degli eccipienti
La normativa vigente, basata sul DL 323 del 20/06/96 stabilisce che i generici
debbano avere "la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la
stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche.". Non vengono
dettate norme, invece, per quanto riguarda la composizione degli eccipienti.
Il problema non e di proprio conto, soprattutto per quanto riguarda alcune forme
farmaceutiche quali i granulati, le soluzioni orali, ma, in una certa misura anche le
compresse.
Questo perche la pratica medica e diventata sempre piu sensibile, in
questi anni, ai problemi di allergia o di generica intolleranza ai diversi tipi di
sostanza.
Laumentata diffusione di patologie che impongono restrizioni alimentari o evitamento
di sostanze particolari ha fatto si' che si presti sempre piu' attenzione a questo
problema.
In base alla normativa attuale e quindi facilmente ipotizzabile che due farmaci, pur
essendo tra loro bioequivalenti dal punto di vista del principio attivo, possano
presentare invece differenze e problemi notevoli per quanto riguarda la composizione dei
loro eccipienti.
Non e impossibile immaginare, ad esempio, che un medico prescriva un farmaco
granulato ad un diabetico in quanto a conoscenza che la specialita' di riferimento non
contiene zucchero o altre sostanze nocive a quel particolare paziente; una sostituzione
del farmaco fatto "alla cieca" dal farmacista o da un altro operatore potrebbe
invece, inconsapevolmente, sostituire quel prodotto con uno bioequivalente ma dolcificato
con zucchero, con conseguente inspiegabile alterazione dell' equilibri glicemico.
Sono parecchie altre le sostanze che impongono particolare attenzione: i pazienti affetti
da morbo celiaco, ad esempio, devono evitare lamido di grano (spesso utilizzato come
eccipiente di compresse e capsule).
Anche altri dolcificanti (oltre allo zucchero) presentano controindicazioni per alcune
categorie di pazienti: e' noto ad esempio che la saccarina puo' provocare allergia
crociata con i sulfamidici, e che l' aspartame e' controindicato nei soggetti affetti da
fenilchetunuria.
Una sostituzione "selvaggia" del prodotto provocherebbe quindi facilmente una
serie di disturbi iatrogeni legati a somministrazione involontaria dei principi proibiti.
Si andrebbe incontro ad una serie di problemi, anche di responsabilita
professionale, di incerta soluzione: chi potrebbe essere responsabile, ad esempio, dello
scompenso di un diabetico o di una reazione allergica per un paziente a cui e stato
prescritto correttamente un farmaco privo della sostanza dannosa, ma sostituito, in un
iter successivo, con un farmaco "bioequivalente"?
Il farmacista, del resto, non puo ne deve effettuare una diagnosi ne
entrare nel merito di una scelta terapeutica, lunico a rimetterci sarebbe quindi, in
definitiva, il paziente.
Sarebbe percio auspicabile una serie di modifiche alla normativa attualmente
vigente:
-Restringere il range di variabilita ammesso per i criteri di bioequivalenza o,
in alternativa, obbligare le aziende produttrici di farmaci generici a pubblicare i dati
di bioequivalenza del loro prodotto rispetto allo standard di riferimento. Questo sistema
consentirebbe al medico di scegliere piu oculatamente e obbligherebbe le aziende di
migliorare al massimo la qualita del loro prodotto.
- Regolamentare anche la tipologia degli eccipienti: si potrebbe ad esempio obbligare che
le aziende che vendono generici con eccipienti diversi dalloriginale segnalino
esplicitamente e in modo ben leggibile anche dal profano, queste loro differenze in modo
che il paziente possa tenerne conto per le sue particolari situazioni.
In mancanza di accorgimenti del genere e comprensibile latteggiamento di
diffidenza che molti medici hanno ancora verso i farmaci generici e verso la
possibilita di sostituzione indifferenziata dei farmaci stessi tra di loro.
Daniele Zamperini
-EMEA-26 Julie 2001-Note for guidance on the investigation of bioavailability and
bioequivalence
-http:// biocfarm.unibo.it/deponti /didattica/bioequivalenza.PDF
-www.salvelocs.it/farmacigenerici.HTM
-http://www.emea.eu.int/pdfs/human/ewp/140198en.pdf
-"Il Sole 24 ORE Sanita "- Dicembre 2003: in particolare Mario Eandi,
Ordinario di Farmacologia Clinica, Torino
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IL DIBATTITO
AA3 La guerra del latte artificiale
Alle recenti polemiche sul costo eccessivo del latte artificiale in Italia è seguita
l'iniziativa del ministro della Salute che avrebbe ottenuto una riduzione del prezzo al
pubblico del latte artificiale. La regione Toscana risponde con una delibera che impone
alle ASl di approvigionarsi di latte in polvere a spese della collettività rifiutando le
forniture gratuite da parte delle aziende produttrici e detta tutta una serie di
restrizioni sulla campionatura del latte ai medici e impedirebbe persino l'acquisizione di
crediti formativi ECM sponsorizzate dalle aziende produttrici.
L'obiettivo appare importante e nobile:favorire l'allattamento al seno. In nome di tale
asserito obiettivo la regione Toscana ha recentemente varato una delibera che disciplina
la materia con aspetti che non mancheranno di far discutere. L'atto farebbe seguito ad un
promessa fatta undici mesi fa in occasione di un'intesa stipulata con l'Unicef,
raccogliendo esplicitamente le raccomandazioni dell'Oms.
Latte artificiale gratis per tutti i neonati fino ai sei mesi, a seguito di certificazione
medica, quando "è sconsigliabile l'allattamento al seno". No alle forniture
gratuite delle aziende produttrici agli ospedali di sostituti e derivati del latte materno
e di alimenti e bevande per i biberon. Obbligo di acquisto diretto al dettaglio da parte
delle aziende sanitarie pubbliche. Anche dopo lo stimolo che nel 2000 cercò di imporre
l'allora ministro della Sanità, Umberto Veronesi, in favore dell'allattamento naturale.
L'erogazione diretta e gratuita di latte artificiale ai neonati fino a sei mesi di
vita, da parte di tutte le aziende sanitarie toscane, avrà per un anno carattere
sperimentale. A delimitare i casi in cui sussista la necessità di una "totale o
parziale alimentazione" con derivati del latte, sarà una speciale Commissione
"di alto profilo scientifico". Gli operatori sanitari non riceverebbero crediti
formativi se partecipassero a convegni con il contributo delle industrie produttrici di
latte. I pediatri ed i medici di medicina generale, non potrebbero più essere destinatari
di campioni.
fonte: Il Sole 24 ore 03/11/2004
Commento di Luca Puccetti
La recente delibera non mancherà di fare discutere per una serie di ragioni.
Alcune sono intuitive. Sarà interessante comprendere in quale modo una Regione possa
deliberare in merito alla campionatura di saggi presso studi privati o addirittura circa i
crediti ECM. Sarà parimenti interessante comprendere chi dovrà certificare la necessità
di allattare artificialmente. Il ginecologo della struttura ospedaliera (pubblica?) il
pediatra della neonatologia, il pediatra di base il pediatra di fiducia il medico di
medicina generale della madre? La reale portata del provvedimento deve essere valutata
alla luce della definizione dei casi in cui ci sarà la concessione diretta del latte. Se
il provvedimento sarà molto definito e restrittivo appare certamente limitata anche la
sua portata. Viceversa se la definzione fosse elastica potrebbe essere molto rilevante,
forse troppo per il bilancio regionale. Chi potrà poi definire il profilo psicologico
della madre? E' indubbio che in alcuni casi siano proprio motivazioni psicologiche o
psicopatologiche a giustificare il ricorso all'allattamento artificiale. Ebbene chi dovrà
certificare questa condizione? Forse un medico pubblico che non sa nulla della paziente?
Oppure il medico di fiducia qualunque esso sia con le ovvie implicazioni civili e penali
connesse? La madre avrà diritto a ottenere una prestazione senza sottoporsi ad un
giudizio di un medico che non ha scelto e che non la ha in cura? Potrà d'altro canto la
madre esercitare l'opzione di revoca qualora fosse il pediatra di base o il MMg a dover
certificare la sussistenza della condizione idonea ad ottenere il latte artificiale
gratuitamente?
Andiamo ad analizzare e commentare altre rilevanti questioni.
E' giusto che un ente pubblico decida di far pagare a tutti i cittadini un onere che prima
non sussisteva essendo le forniture di latte artificiale gratuite da parte delle aziende
produttrici ai reparti di neonatologia?
Se lo chiederebbe, secondo il Tirreno del 06/10/2004, il Professor Giorgio Rondini,
Presidente della Società Italiana di Neonatologia. Secondo il Messaggero del 25/10/2004
l'assessore Rossi, membro anche dell'AIFA, avrebbe definito questa scelta "Un piccolo
sacrificio finanziario, ma con un grande valore per la promozione dell'allattamento al
seno, che è l'obiettivo di fondo di tutta la manovra".
Sempre secondo il Messaggero in Italia il 25 per cento dei bambini verrebbe allattato fino
a uno-due mesi, il 15 per cento fino a tre mesi, il 10 per cento lino a 4, il 16 lino a
5-6 mesi e appena il 6 per cento oltre i 7 mesi. Il 23 per cento dei neonati italiani non
verrebbe mai allattato al seno.
Che cosa dicono invece i dati provenienti da fonte OMS?
paese |
costo latte
/Kg |
allattati solo
al seno a
4 mesi(%) |
Italia |
37,7 |
37 |
Spagna |
19,6 |
44 |
Francia |
18,9 |
15 |
UK |
18,6 |
28 |
Germania |
18,2 |
33 |
Dall'esame di questi dati emerge che è forte l'esigenza di una verifica seria delle fonti
per le informazioni dirette al pubblico da parte della stampa generalista onde evitare di
fornire notizie palesemente inesatte che possano fuorviare il convincimento della pubblica
opinione. Appare anche chiaro che la rilevante differenza di prezzo non sembrerebbe in
correlazione con la percentuale di allattamento al seno, essendo evidentemente implicate
molte altre variabili.
La pratica, da alcuni definita scandalosa, del regalo di latte in polvere alle neo mamme
al momento delle dismissioni, come forma di pubblicità, neanche troppo occulta, è
ampiamente diffusa anche se sarebbe vietata da una circolare del ministero della Sanità
datata 24 ottobre 2000. Ma a parte le valutazioni di legalità e di opportunità, queste
misure potrebbero essere efficaci? Ovviamente non resta che attendere i risultati della
sperimentazione, tuttavia è interessante notare che lo studio Puer potrebbe fornire
alcune risposte.
Il "Progetto Puer" è un'indagine a livello nazionale sull'allattamento al seno
in cui sono state coinvolte 1601 madri, che hanno dato alla luce un bambino nel novembre
1995. L'indagine è stata eseguita mediante un'intervista telefonica nei mesi di marzo,
giugno e settembre 1996 e nel mese di gennaio 1997, al compimento del 3¡, 6¡, 9¡ e 12¡
mese di vita del bambino. L'85% delle madri italiane allatta al seno, con differenze
significative tra le diverse aree geografiche, con progressivo decremento al 51% al
termine del primo trimestre di vita e al 31% a sei mesi; all'anno di vita del bambino
allattano ancora il 10% di mamme. Le percentuali più elevate si riscontrano nel Nord-Est
e nel Sud rispetto al Nord-Ovest e alle Isole. La differenza tra le aree geografiche è
statisticamente significativa.
CHI FORNISCE LE INFORMAZIONI ALLE MAMME?
Gli operatori sanitari che informano le mamme sull'allattamento al seno sono soprattutto
le ostetriche, i pediatri ed i ginecologi, rispettivamente nel 23%, 19% e 18% casi, ma in
ben il 43% dei casi nessuno ha mai affrontato l'argomento. Considerando il ruolo dei
mass-media, emerge che nel 66% dei casi le informazioni sull'allattamento al seno
provengono da riviste dedicate alla salute, in meno del 2% dei casi da Radio e TV.
Al momento della dimissione al 51% delle madri sono state fornite indicazioni
sull'allattamento al seno. Nell'80% dei casi è stata prescritta una formula adattata,
nonostante nel 75% circa dei casi le mamme allattassero al seno in maniera esclusiva. La
somministrazione di formula in attesa della montata lattea e la sua prescrizione al
momento della dimissione, sono correlate con un decremento nella percentuale di
allattamento materno.
Questa indagine sembrebbe dunque prospettare una correlazione tra il non prescrivere latte
artificiale alla dimissione e il non fornire informazioni circa il suo utilizzo e
l'allattamento al seno.
http://italia.danone-institute.com/progress/allattamento2.html
In Italia sembra che sia abbastanza soddisfacente la percentuale di donne che allattano al
seno all'inizio del puerperio, ma che tale allattamento si protragga per un periodo troppo
breve.
Sorgono dunque delle perplessità sia sull'utilità di alcune misure proibitive, che di
natura regolamentatoria dei prezzi. Strategie di informazione positiva sull'allattamento
al seno, fatte a tutti i livelli: mass media, gestazione, preparazione al parto, degenza
ospedaliera e puerperio potrebbero, come già registrato in altri paesi, promuovere una
pratica più protratta dell'allattamento al seno. Certamente da un punto di vista teorico
l'alto costo del latte artificiale potrebbe rappresentare una spinta verso l'allattamento
al seno. Attenzione dunque che in nome di alcuni nobili principi, non si finisca per
peggiorare la situazione! Forse sarebbe più opportuno riflettere su questo piuttosto che
accusare il Ministro Sirchia, come riportato dall'Unità del 02/11/2004, di voler fare uno
spot alle multinazionali nell'atto di convincerle a ridurne il prezzo.
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AA4
Quel virus sintetico che ci avvicina alla creazione
dell'uomo (di Massimiliano Fanni Canelles)
L'uomo sta raggiungendo le capacità del suo creatore. Oggi è in grado di costruire
una vita diventando a sua volta il Dio di nuovi esseri ed in seguito il passaggio a forme
di vita più complesse potrebbe essere solo formalità. Le notizie apparse recentemente
sulla "costruzione" di virus in laboratorio spingono i nostri pensieri verso
fantasie fantascientifiche che sconfinano con il soprannaturale. Già nel 2002 il mondo
scientifico mondiale era stato messo in allarme da una notizia comparsa sulle prime pagine
dei giornali americani che segnalava come un gruppo di ricercatori aveva assemblato in
modo artificiale il virus della poliomelite. Un nuova forma di vita costruita ad immagine
e somiglianza di quella già esistente; processo questo che è stato anche alla base della
"creazione" di PhiX, un virus sintetico identico a quello naturale, uscito
recentemente dai laboratori dell'università del Maryland.
Ma cosa si intende per essere vivente e cosè un virus? La vita come noi la
conosciamo esiste in funzione della replicazione dellessere, cioè solo chi è in
grado di generare una progenie può essere considerato un essere vivente. Ed è proprio
lessere vivi che permette allorganismo di potersi adattare alle mutazioni
dellambiente. Il regno vegetale ed animale evolve perché figlia, quindi perché
vive. Un vantaggio indiscutibile che ha però nella morte dei singoli organismi il
rovescio della medaglia. Gli elementi del regno minerale invece sono statici, non si
duplicano, non figliano, quindi non vivono e di conseguenza non muoiono. Una legge
inderogabile alla quale però un piccolo essere non vivente riesce a sfuggire: il virus.
Questo ha la staticità del regno minerale, non muore e quindi non vive fino a quando non
incontra un organismo superiore. Come i cristalli i virus rimangono inalterati nel tempo
fino a quando il loro involucro entra in contatto con una cellula animale o vegetale.
Quando questo avviene linvolucro spinge allinterno della cellula ospite un
piccolo codice genetico. Il virus quindi muore perché si priva dellunica molecola
che possiede, ma con questa operazione costringerà la cellula "infettata" a
costruire nuovi virus che in seguito la uccideranno per uscire.
Limportanza dei metodi che da circa un anno vengono messi appunto per la sintesi
artificiale di virus è dovuta al fatto che nulla di naturale viene utilizzato per il loro
assemblaggio. Fino ad ora per creare un virus in laboratorio si introduceva in cellule
animali o batteriche una sequenza di geni virali e si aspettava che la cellula costruisse
nuovi virus. Oggi invece non abbiamo più bisogno di una mamma-cellula per fare questo,
siamo in grado in laboratorio di costruire le scatole di contenimento e di introdurre
allinterno i codici genetici che vogliamo senza utilizzare la sintesi proteica della
cellula.
Questo ci permette virtualmente di ottenere qualsiasi tipo di virus, ma se
linvolucro che costruiamo non ha la forma esatta per attaccarsi alla superfice della
cellula che vogliamo "colpire" la nostra costruzione sarà molto più simile ad
un minuscolo sassolino che ad una piccola forma di vita. Infatti se il virus sintetizzato
non sarà in grado di attaccarsi ad una parete cellulare non potrà duplicarsi e quindi
non potrà vivere.
Le potenzialità di queste tecniche in campo medico sono molteplici, allinterno di
virus artificiali, opportunamente costruiti per attaccarsi, e quindi infettare cellule
bersaglio, possono essere inseriti i codici genetici mancanti o terapeutici necessari alla
cura di varie malattie. La difficoltà attuale è quella però di costruire degli
involucri capienti e capaci di poter interagire con le pareti cellulari umane ma diversi
da quelli naturali già esistenti. Prospettive affascinanti che stanno suscitando
l'interesse del governo statunitense e linquietudine di scienziati che vedono i
finanziamenti a queste ricerche un trampolino di lancio verso nuove strategie terapeutiche
ma anche verso nuove strategie militari.
Quello che luomo sta costruendo nei laboratori è quindi molto più simile ad una
costruzione di "meccano" che ad una nuova forma di vita. Luomo non è un
Dio e prima di tutto deve imparare il rispetto, poi assumere lumiltà e la
conoscenza dei processi naturali tenendo ben presente le conseguenze di quello che può
accadere continuando a giocare a fare il Dio.
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AA5 Rofecoxib: doveva essere ritirato
prima? La saga continua... (di Luca Puccetti)
In un lavoro pubblicato anticipatamente ed interamente on line alcuni ricercatori
dell'Università di Berna e Paul Dieppe, dell'Università di Bristol riaccendono le
polemiche fornendo i risultati di una metanalisi sulla correlazione tra rofecoxib e
infarto miocardico. Gli Autori affermano che il farmaco avrebbe dovuto essere ritirato
anni prima e che il rischio di infarto non si verificherebbe solo dopo impiego prolungato
del farmaco. L'indice viene dunque puntato sia contro l'Azienda produttrice che contro gli
Enti regolatori che avrebbero omesso di effettuare un monitoraggio continuo e di
aggioranre i dati con i risultati degli studi che via via erano pubblicati. La Merck ha
risposto prontamente criticando la metodologia della metanalisi e accusando gli autori di
non aver considerato tutti i dati.
Sono stati identificati 18 studi randomizzati controllati e 11 osservazionali. Per la fine
del 2000 (52 infarti miocardici, 20742 pazienti) il rischio relativo considerando gli
studi controllati era 2,30 (95%CI 1,22-4,33, p=0,010) un anno dopo (64 eventi, 21432
pazienti) era 2,24 (1,24-4,02, p=0·007). Vi erano scarse possibilità che rischio
relativo differisse a seconda del tipo di gruppo di controllo (placebo, non-naprossene
FANS, o naprossene; p=0,41) o della durata del trial (p=0,82). Negli studi osservazionali,
l'effetto cardioprotettivo del naprossene era piccolo (valutazione cumulativa 0,86 [ 95%CI
0,75-0,99 ]) e non avrebbe potuto spiegare interamente i risultati dello studio VIGOR.
Questi dati indicano, secondo gli autori, che il rofecoxib sarebbe dovuto essere ritirato
parecchi anni prima.
Fonte: Lancet 2004 pubblicato on line
Link: http://image.thelancet.com/extras/04art10237web.pdf
commento di Luca Puccetti
Le accuse contenute nell'editoriale sono gravi. Gli autori sostengono che le evidenze per
ritirare o sospendere il rofecoxib erano già presenti dal 2000. Sostengono anche che il
rischio si evidenziava anche dopo pochi mesi di assunzione e non solo dopo 18 mesi come
risultato dallo studio APPROVe. Affermano che i loro risultati non sostengono l'ipotesi
che la tossicità cardiovascolare del rofecoxib sia dose-dipendente (ricordiamo che la
somministrazione di 50 mg/die era stata limitata a 5 giorni). Ancor più grave il sospetto
avanzato dagli autori che non ci sia stata una corretta classificazione degli eventi
avversi quando il comitato di verifica non era indipendente. Ancora, per gli autori
l'effetto cardioprotettivo del naprossene se c'era era piccolo e non sufficiente a
spiegare completamente i risultati del VIGOR. sempre secondo gli autori le metanalisi
condotte finora, che non avevano rilevato un rischio del rofecoxib rispetto ai FANS
diversi dal naprossene o rispetto al placebo, sarebbero viziate dal fatto di aver
considerato un end point composito oppure da un'inadeguata composizione del pool di
pazienti da ottoporre alle metanalisi. Addirittura, e questo è davvero singolare,
sostengono che il concetto della superiorità delle metanalisi di pazienti sulle
metanalisi di studi debba essere rivisto alla luce dei loro risultati. Di particolare
interesse è il fatto che gli autori non hanno trovato un aumento significativo di ictus
(che è stato poi il motivo del ritiro). Gli autori sostengono inoltre che i trials su
rofecoxib sono stati condotti su popolazioni a basso rischio di malattie cardiovascolari,
mentre nella pratica questa molecola è largamente usata da soggetti ad alto rischio.
Pertanto, facendo riferimento ai dati del Tenessee, il rischio di un infarto ogni 556
pazienti riscontrato nei trials diventerebbe uno ogni 70 nella popolazione che ha assunto
nella pratica clinica il farmaco. Gli autori concludono accusando sia la Merck che la FDA
di aver tardato a ritirarare/sospendere il farmaco.
La risposta non si è fatta attendere. La Merck ha prontamente replicato pubblicando sul
suo sito internet una serie di valutazioni che smontano i risultati dello studio di Juni e
collaboratori bollato come metodologicamente inadeguato e incompleto di alcuni importanti
dati che porterebbero a conclusioni assai diverse.
http://www.merck.com/statement_2004_1105/lancet.pdf
La Merck accusa gli autori di aver compiuto il classico errore di sommare le pere alle
mele. Infatti sarebbe stato usato un test statistico inadeguato ad escludere che tra
Naprossene e gli altri FANS di comparazione sussistessero differenze per quanto attiene
l'incidenza di infarto miocardico. Quindi proprio per aver usato un test inadeguato gli
autori avrebbero erroneamente concluso che la frutta fosse tutta composta da mele invece,
secondo la Merck, usando un test statistico adeguato come l'analisi del rischio
proporzionale ci Cox su dati cumulativi di pazienti e non di studi, sarebbe chiara la
differenza tra naprossene ed altri FANS e quindi sarebbe scorretto mescolare tutto e da
questo trarre le conclusioni. La Merck fa inoltre notare che Juni e coll. non avrebbero
considerato tutti i dati disponibili, omettendo (volontariamente?) i risultati dello
studio del rofecoxib che è stato comparato con placebo nell'Alzheimer.
http://www.fda.gov/ohrms/dockets/ac/01/briefing/3677b2_01_merck.pdf
In questo studio 2000 pazienti sono stati trattati con rofecoxib o placebo per un anno e
si sono verificati 9 infarti nel gruppo rofecoxib e 12 nel gruppo placebo. Da notare che
questi dati sono stati disponibili dopo quelli del VIGOR. Pertanto la Merck conclude che
nonostante che anche i dati dello studio di Juni e coll. dimostrino che non c'è
differenza tra rofecoxib e placebo o tra rofecoxib e FANS diversi dal naprossene per
quanto concerne l'incidenza di infarto e che le uniche differenze emergano solo nel
confronto con il naprossene, tuttavia, si sia
proceduto a mettere insieme dati non omogenei arrivando pertanto ad una conclusione basata
su un metodo scientificamente inappropriato.
La Merck ribadisce che solo dopo 18 mesi di assunzione del rofecoxib, per la prima volta
è emersa nello studio APPROVe una differenza significativa con il placebo e che da quando
ciò è stato appreso la Merck ha impiegato una sola settimana a decidere il ritiro dal
mercato.
Queste argomentazioni non mancheranno di destare l'interesse dei legali che da una parte e
dall'altra si stanno preparando alla class action multimilardaria. Ma un'altra notizia
rialimenta le speranze dei fautori dei coxib allontanando il sospetto che la tossicità
cardiovascolare sia un effetto di classe.
Come è noto alcuni editoriali, anticipati con enfasi sul NEJM avevano adombrato, senza
tanti complimenti, il sospetto che la tossicità del rofecoxib fosse in realtà dovuta ad
un effetto di classe in quanto l'inibizione selettiva della COX2 sposterebbe la bilancia
tra trombossano e prostaciclina provocando un rischio maggiore di trombosi. Altri autori
avevano sollevato dubbi su questa ipotesi sostenendo che molti dati di studi clinici
pubblicati non supportano affatto una tale interpretrazione. Adesso è stato pubblicato su
Atherosclerosis 2004, 177: 235-243 un articolo nel quale si sostiene che solo il rofecoxib
ha una struttura molecolare (sulfone) tale da ossidare le LDL e inibisce l'attività
antiossidante naturale del plasma, mentre altri coxib (come celecoxib, valdecoxib) o FANS
non eserciterebbero questo effetto. Consci dell'importanza dei risultati gli autori hanno
voluto che i loro risultati fossero controllati da un laboratorio indipendente della Tuft
University. Sembra che gli autori non abbianmo ricevuto incarichi o grants per questo
studio che avrebbero condotto in modo indipendente.
Ma.. tanto tuonò che piovve... La FDA ha deciso di affidare ad un'Istituto di Medicina un
programma per valutare il proprio metodo di lavoro circa i farmaci e per selezionare ed
aggregare dati provenienti da revisori scientifici esterni alla FDA da sottoporre alla FDA
medesima. Insomma la FDA si mette in discussione....
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MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Rubrica gestita da D.Z. per ASMLUC: Associazione
Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica
ML1 - Il
medico e' innocente se il suo intervento non ha possibilita' di successo
(Sentenza)
Se l' intervento medico non ha possibilita' di successo, il sanitario non risponde dell'
insuccesso terapeutico.
Questo principio, apparentemente banale ma spesso disatteso
dalle Corti di merito, e' stato confermato dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n.
19133/2004 (III sez. civile) ha affermato che il medico non risponde di malpractice se si
prova che il suo intervento, correttamente svolto, non avrebbe comunque avuto apprezzabili
possibilità di successo.
I fatti: i genitori di una bimba, nata prematura (alla 33esima settimana) e diventata
cieca per una retinopatia si sono rivolti ai magistrati sostenendo che la cecità era
dovuta alla mancanza di cure appropriate e di accertamenti clinici.
Il Tribunale aveva condannato la ASL al risarcimento dei danni, ma la sentenza di primo
grado era stata poi ribaltata in appello, in quanto la Corte ritenne non provato il nesso
di causalita' tra lomissione del controllo oculistico e la cecita' insorta
successivamente.
I genitori ricorrevano in Cassazione, sostenendo che la bambina era stata sottoposta a
ossigeno-terapia (possibile causa di retinopatia) ma che non era stata sottoposta ad
adeguati controlli oculistici per cui non si era potuto provvedere a iniziare eventuali
terapie idonee ad evitare o diminuire la cecita'.
La Suprema Corte ha confermava invece la sentenza d' Appello: «Per affermare la
responsabilità dellente e dei suoi sanitari - afferma la Cassazione - non è
sufficiente dimostrare lomesso espletamento della visita oculistica sulla neonata,
ma è indispensabile provare che, se anche la visita fosse stata espletata e la
retinopatia fosse stata diagnosticata, le terapie che ne sarebbero seguite avrebbero avuto
unapprezzabile probabilità di successo». Invece tale prova era « del tutto
mancata», in base alle affermazioni del Consulente Tecnico, espressosi in senso negativo
circa la possibilita', con i trattamenti dell' epoca (chirurgia, laserterapia e
crioterapia) di evitare o lenire la cecità.
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ML 1a Privacy: prorogato il termine per
il Documento Programmatico della Sicurezza
Le misure minime di
sicurezza per la protezione delle banche dati, previste dal Codice della Privacy, slittano
al 30 giugno 2005. Lo prevede lart. 6 del Decreto Legge 09/11/2004 n. 266 pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. n. 264 del 10/11/2004. La proroga riguarda la redazione del
DPS ossia il Documento Programmatico sulla Sicurezza, che deve essere adottato da tutti i
soggetti che gestiscono dati sensibili o giudiziari. Nella previsione originaria del
Codice, il DPS avrebbe dovuto essere redatto entro il 30 giugno scorso, poi tale termine
fu prorogato al 31 dicembre di questanno. Adesso una nuova proroga motivata dal
fatto, si legge nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione, che
la redazione del DPS richiede adempimenti complessi e la predisposizione
di un sistema di protezioni e chiavi daccesso ancora in fase di realizzazione.
(Fonte: G.U. del 10/11/2004 e Il Sole 24 Ore
dell11/11/2004)
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ML4 - Il Documento Programmatico sulla Sicurezza: una formalita', ma fino ad un
certo punto
Da molte parti si sono levate voci preoccupate in merito alla
stesura del famoso (o famigerato) DPS (Documento Programmatico della Sicurezza), obbligo
che la recente legge sulla privacy metta a carico anche dei medici che gestiscano uno
studio professionale o un ambulatorio.
A complicare le cose, e' intervenuta la recentissima " Guida operativa per
redigere il Documento programmatico sulla sicurezza (DPS)" pubblicata sul sito
del Garante.
Fortunatamente il Garante stesso specifica chiaramente che si tratta solo di un'
indicazione, e che non e' vincolante!
La suddetta Guida (che qualcuno puo' supporre nata allo scopo di complicare le cose
semplici) si dilunga infatti per ben 18 pagine, gettando nello sconforto i poveri lettori
e dettagliando tutto con estrema pignoleria: basti pensare che, nell' elencazione dei
rischi prevede, per esempio, "movimenti tellurici, scariche atmosferiche,
incendi, allagamenti" eccetera.
Viene da chiedersi perche' non includere anche l' asteroide che scende dallo spazio o un'
eventuale guerra atomica. E viene da chiedersi quali provvedimenti si aspetta il Garante
che prenda un povero medico di famiglia al fine di neutralizzare tali eventi...
Alla fin fine pero', a guardar bene, quelle 18 pagine non fanno che dettagliare una cosa
molto semplice: bisogna descrivere: La tipologia della struttura (studio medico); i dati
che vengono trattati (dati personali e sanitari dei pazienti); quali sono i rischi a cui
sono soggetti (sottrazione, consultazione illecita, alterazione, perdita e altro che
certamente verra' in mente); quali misure vengono prese per ovviare (porte e cassetti con
chiusura a chiave, computer con password, copie di backup cifrate e protette con pw,
accesso limitato agli operatori, misure contro la negligenza della segretaria ecc.).
Alla fine, a ben guardare, quindi, tutto cio' si riduce a quei moduli-guida che da piu'
parti (anche dal sottoscritto, v. ad es. http://www.scienzaeprofessione.it
) sono stati diffusi. Ma nessuno di questi moduli (nemmeno quelli delle piu' alte
autorita') gode di assoluta autorevolezza, in quanto ciascuno deve adattarne il contenuto
alla propria situazione locale e, soprattutto, deve applicare quanto vi e' scritto.
Il vero problema, infatti, non e' quello di compilare un documento "di
fantasia", piu' o meno bello esteticamente o sintatticamente, quanto quello di
compilare un documento che, ad una eventuale verifica, dimostri di corrispondere alla
verita'.
L' importante, infatti, e' che i dati vengano effettivamente protetti da intrusioni,
alterazioni, perdite.
E' perfettamente inutile o addirittura controproducente compilare un modulo perfetto e poi
lasciare le ricette in vista di tutti nella "cassettina" della sala d' aspetto,
oppure lasciare il computer acceso in modo tale che estranei possano spiare i dati clinici
di qualche paziente.
Questo e' il vero problema.
Il Garante ha preannunciato che pubblichera' presto dei moduli "standard" per le
varie necessita'. Nell' attesa, pero', e' utile che ciascuno riempia il proprio modulo,
sostituendolo eventualmente in epoca successiva.
Daniele Zamperini
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ML5 Tassa sulle targhe professionali:
e' illegittima ma qualcuno ancora ci prova
Diffondiamo il testo di un esposto presentato dal Presidente della
FNOMCeO Del Barone contro una Societa' che pretendeva la riscossione della tassa.
" Con riferimento alla comunicazione n. 84 del 9 settembre
c.a., si comunica a tutti gli Ordini professionali che la Federazione ha ritenuto di
formulare un esposto - che si allega - alla Commissione per la tenuta dell'Albo delle
società incaricate della riscossione delle imposte comunali presso il Ministero
dell'Economia per sottoporre la questione relativa l'ICA s.r.l. stante l'invio, da parte
della suddetta società, ai medici, di avvisi di accertamento con immediata irrogazione
delle sanzioni per il non pagamento dell'imposta sulla pubblicità delle targhe.
Cordiali saluti.
Il Presidente
Giuseppe Del Barone
Disciplina tributaria delle targhe e delle insegne esposte dai professionisti per
l'individuazione della sede dello svolgimento dell'attività - esposto contro l'ICA s.r.l.
MINISTERO DELL'ECONOMIA
Commissione per la tenuta dell'Albo delle società
incaricate della riscossione delle imposte comunali
VIALE EUROPA
ROMA EUR
La Federazione Nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri chiede a
Codesta spettabile Commissione di verificare il comportamento dell'ICA s.r.l.,
concessionaria di accertamento e riscossione dell'imposta sulla pubblicità e dei diritti
delle pubbliche affissioni.
L'ICA, come da nota del 22 luglio 2004 (all.1), ha comunicato all'Ordine provinciale di
Reggio Emilia che, in ambito di disciplina tributaria delle targhe e delle insegne dei
professionisti, le targhe esposte dei medici debbano essere tassate adducendo una serie di
argomentazioni che disconoscono la chiarissima Circolare n.3/DPF del 3 maggio 2002 del
Ministero dell'Economia e delle Finanze nel punto in cui è esplicitamente sottolineato
che "godono del beneficio dell'esenzione dal pagamento dell'imposta comunale sulla
pubblicità e del canone di installazione dei mezzi pubblicitari - ex art.2 bis della
Legge 75/02 - i mezzi pubblicitari esposti dai professionisti (medici ecc.)... in quanto
assolvono al compito di individuare la sede dove si svolge un'attività economica".
La FNOMCeO, con nota del 28 giugno c.a. (all.2), chiedeva all'Ufficio Federalismo Fiscale
del Ministero dell'Economia autorevole conferma dell'interpretazione in merito
all'estensione del beneficio dell'esenzione in oggetto per i mezzi pubblicitari esposti
dai professionisti che nello specifico sono costituiti dalle targhe e dalle insegne.
Con nota del 30 luglio c.a. (all.3) il Ministero rispondeva ribadendo il principio
contenuto nella Sua Circolare n.3 e puntualizzava che le targhe esposte dai professionisti
rientrano nel dispositivo di cui all'art. 47 del DPR495/92 che detta la definizione di
insegna di esercizio in quanto assolvono al compito di individuare la sede ove si svolge
un'attività economica.
Con successiva nota del 5 agosto c.a. (all.4) l'Ordine provinciale di Vicenza, chiedendo
chiarimenti alla Federazione su quale comportamento suggerire ai propri iscritti ha
informato la FNOMCeO che l'ICA stava inviando ai medici iscritti al proprio albo degli
avvisi di accertamento con immediata irrogazione delle sanzioni per il non pagamento
dell'imposta sulla pubblicità delle targhe.
La Federazione ritiene pertanto che la richiesta di Pagamento dell'imposta sulla
pubblicità delle targhe, effettuata dall'ICA agli iscritti degli Ordini provinciali dei
medici chirurghi e degli odontoiatri, sia del tutto illegittima e chiede a Codesta
autorevole Commissione di verificare il comportamento della suddetta Società e di
intervenire per quanto di propria competenza affinché cessino le richieste di pagamento
di un'imposta che i nostri professionisti non devono pagare.
Rimanendo a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento e ringraziando per un
sollecito riscontro si inviano i più cordiali saluti.
Il Presidente
Giuseppe del Barone"
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ML1/b Il medico e la legge: cap. 3: Responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale:
distinzione e tentativi di superamento (Avv.
Nicola Todeschini)
Le due ipotesi di responsabilità per danni che qui interessano,
quella contrattuale e quella extracontrattuale, sono tradizionalmente distinte e
contrapposte per la differente disciplina che le caratterizza, anche se non mancano in
dottrina tentativi di superamento della distinzione in oggetto.
Accennerò brevemente alla distinzione per chiarire i punti della successiva analisi.
Si ha illecito extracontrattuale -o aquiliano, dal nome della Lex Aquilia che disciplinava
nel diritto romano tale responsabilità- quando sussista la violazione di un diritto o di
una situazione giuridica tutelata in modo assoluto -erga omnes-, mentre si ha
responsabilità contrattuale -o da inadempimento- quando ci si trovi al cospetto della
violazione di un diritto relativo[1].
Si deve tenere presente che comunque l'espressione "contrattuale",
riferita alla seconda delle due ipotesi di responsabilità, non deve far pensare alla
necessaria sussistenza di un contratto, integrandosi gli estremi della categoria di
responsabilità in oggetto anche quando si verifichi comunque l'esistenza di un pregresso
rapporto obbligatorio, a prescindere dalla fonte dell'obbligo violato: delitto, contratto,
atto unilaterale, o altro.
Peraltro, la chiarezza della distinzione parrebbe offuscata dal costante estendersi
della sfera di responsabilità contrattuale[2],
soprattutto quando si ponga attenzione agli artt. 1374 e 1375 cod. civ.[3], che rispettivamente disciplinano
l'integrazione del contenuto obbligatorio del contratto -relativa alle conseguenze
derivanti dalla legge, o in mancanza dagli usi e dall'equità- nonché l'esecuzione
secondo buona fede. Nella misura in cui quest'ultima risulta decisiva per la
determinazione del contenuto dell'obbligazione, risulta agevole apprezzarne il contributo
alla forza espansiva della relativa responsabilità ex contractu.
Le rilevanti differenze di disciplina che si sogliono ricollegare alla succitata
distinzione, abbracciano sia l'onere della prova che il termine prescrizionale della
relativa azione di responsabilità, nonché gli effetti giuridici relativi al risarcimento
del danno.
Quanto alla prima delle tre differenze, l'onere della prova nell'illecito contrattuale è
caratterizzato dalla presunzione di colpa nel caso d'inadempimento, superabile solo ove il
debitore provi che l'inadempimento o il ritardo non sono a lui riferibili per impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non
imputabile. Pertanto all'attore sarà chiesto di provare il suo credito e la scadenza
dell'obbligazione, mentre sarà il debitore che dovrà dimostrare l'impossibilità della
prestazione per una causa a lui non imputabile per potersi liberare da responsabilità.
Nell'illecito extracontrattuale l'onere della prova non è caratterizzato dalla presenza
della presunzione, ma dall'osservanza della regola di principio secondo la quale l'onere
di provare i fatti costitutivi della propria pretesa spetta a colui che l'avanza: è su
colui che pretende il risarcimento dei danni che grava il relativo onere. Cosicché
l'attore dovrà provare che il comportamento del convenuto gli ha provocato un danno e che
tale comportamento è stato caratterizzato da dolo o colpa (salvi i casi di c.d.
responsabilità aggravata o per fatto altrui)[4].
Venendo ora alla seconda delle differenze succitate, in specie quella inerente al
termine prescrizionale, l'azione di responsabilità per l'illecito extracontrattuale si
prescrive in cinque anni, mentre quella per l'inadempimento dell'obbligazione
nell'ordinario termine decennale.
Quanto alla determinazione del danno risarcibile, vi è un ulteriore differenza da
apprezzare, ricollegata al mancato richiamo, nell'art. 2056 cod. civ.[5], dell'art. 1225 cod. civ.[6]
Infatti l'art. 2056, disciplinante la valutazione dei danni
nell'illecito extracontrattuale, richiama al I c. le disposizioni degli artt. 1223, 1226 e
1227 cod. civ.[7], relativi
rispettivamente alla configurazione del risarcimento del danno emergente e del lucro
cessante in quanto conseguenza immediata e diretta, la valutazione equitativa del giudice
in mancanza della possibilità di provare il danno nel suo esatto ammontare, la
proporzionale diminuzione del risarcimento dovuto per concorso colposo del creditore
nonché, infine, l'esclusione del diritto al risarcimento per i danni che il creditore
avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.
E' agevole pertanto notare, in questo breve excursus dei criteri di risarcimento del danno
da inadempimento contrattuale, richiamati dall'art. 2056 cod. civ., la mancanza
dell'ulteriore criterio della prevedibilità del danno di cui all'art. 1225 cod. civ.,
secondo il quale il risarcimento è limitato al danno prevedibile nel tempo in cui è
sorta l'obbligazione ove l'inadempimento o il ritardo non dipendano dal dolo del debitore.
Sicché la limitazione ai danni prevedibili fissata dalla norma appena richiamata, non si
applica all'illecito extracontrattuale; con riguardo a quest'ultimo la valutazione del
danno risente piuttosto dell'esatta configurazione del criterio di causalità tra l'atto e
l'evento dannoso, sul quale si svolgeranno osservazioni più approfondite nel paragrafo
relativo.
Peraltro, secondo alcuni[8],
nell'ottica di una tesi di parziale vanificazione delle consistenti differenze di
disciplina tra le due forme di responsabilità, la formulazione dell'art. 1225 cod. civ.
consentirebbe, nonostante il suo mancato richiamo ad opera dell'art. 2056 cod. civ.,
l'estensione della norma anche all'illecito aquiliano sulla base della sussistenza
dell'identità di ratio. A sostegno di tale argomentazione si cita anche il caso
dell'affermata applicabilità dell'art. 2236 cod. civ. all'illecito extracontrattuale[9], precisando che il mancato esplicito
richiamo della norma non significa l'affermazione dell'assoluta impossibilità di
applicazione della norma stessa, non costituendo ostacolo insormontabile la semplice
mancata indicazione.
A prescindere dall'accennata contrapposizione dottrinale sull'asserita possibilità
di superamento[10] della distinzione
tradizionale tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, nel segno
dell'auspicabile uniformità di disciplina, e venendo ad un ulteriore profilo attinente al
tema di fondo, si discute in dottrina e in giurisprudenza sulla configurabilità del
concorso delle due responsabilità.
Secondo un'autorevole Autore[11],
coloro che in passato si sono pronunciati in senso negativo, fondando la loro
argomentazione ora sulla forza assorbente dell'obbligazione, ora sul rischio che la tesi
affermativa potrebbe compromettere l'efficacia del contratto, in realtà poggiano il loro
pensiero su di un errore di prospettiva, al quale bisogna replicare osservando che i
contraenti Qnon
prevedono certo l'azione dannosa di uno di essi e le relative conseguenzef,
pertanto non ne risulta in alcun modo compromessa l'efficacia del contratto; e ancora
considerando la mancanza di incompatibilità tra i due rimedi, non appare giustificabile
l'esclusione della ricorribilità ad entrambi.
Ad una esclusione dell'ipotesi di concorso osta anche un ulteriore considerazione:
ove ricorrano e i presupposti della responsabilità aquiliana e quelli della
responsabilità contrattuale, non si vede per quale motivo l'interessato non possa
scegliere quale rimedio esperire.
All'ulteriore obiezione secondo la quale il legislatore sancisce formalmente la
possibilità di scelta tra due rimedi, quando intende concederla, si oppone, secondo
l'Autore, una precisa replica: il legislatore prevede esplicitamente la possibilità di
scelta quando la seconda ipotesi sia configurata come
speciale[12] rispetto a
quella Qprincipalef,
mentre in questo caso sussistono autonomi e indipendenti requisiti per l'esercizio delle relative azioni.
Pertanto si deve concludere per la configurabilità del concorso di azioni, sussistendo in
capo all'interessato la facoltà di esercitare sia la prima che la seconda delle azioni,
ovvero assieme od alternativamente entrambe.[13]
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha poi sottolineato anche altri aspetti del
problema, osservando che <<la deduzione degli estremi oggettivi e soggettivi della
responsabilità è sufficiente ad indicare la "causa
petendi" di entrambe le forme di responsabilità>>[14], evitandosi in tal modo che la tutela
del danneggiato, sotto il profilo dell'azione per responsabilità contrattuale, sia
impedita dall'intervenuta prescrizione dell'azione di responsabilità extracontrattuale.
Altri autori hanno sostenuto che motivi per una soluzione opposta sarebbero da rinvenire
nel principio secondo il quale la norma che tuteli in modo specifico un interesse
prevarrebbe su altra disciplinante genericamente la difesa dell'interesse medesimo, e
ancora che la situazione particolare esplicitamente voluta dalle parti, che si instaura
con il contratto, assorbirebbe in essa la più generica tutela offerta da altre norme,
conseguendone l'inapplicabilità del concorso.
A tali posizioni ha replicato peraltro il De Cupis[15], osservando come non appaia
giustificabile la tesi della specialità della tutela apprestata in modo specifico da
talune norme con forza esclusiva dell'altra garantita da norme generali, poiché non si
vede come potrebbe ritenersi implicitamente posta una rinuncia alla tutela generale -ex
art. 2043 cod. civ.- per il solo fatto di
aver concluso un contratto, costituendo quest'ultimo un mezzo per conseguire un
rafforzamento, non già un esclusione, della propria tutela giuridica.
A margine delle osservazioni sopra illustrate, può essere interessante affrontare
un caso specifico[16], per la
soluzione del quale la Suprema corte di Cassazione ha operato in modo da avvallare le tesi
qui precedentemente prospettate.
Si tratta del delicato caso di un neonato che ha subito un danno cerebrale dovuto alla
prolungata permanenza del feto nel corpo materno. Tale danno sarebbe stato evitabile
operando attraverso un taglio cesareo tempestivo. La sentenza del Tribunale di Torino,
fondandosi sull'applicabilità dell'art. 1 cod. civ., negava la responsabilità
contrattuale dell'ente ospedaliero, in quanto il soggetto passivo non avrebbe potuto
concludere validamente un contratto con l'ente medesimo prima della nascita; al contrario,
riteneva sussistente una responsabilità extracontrattuale, peraltro non più azionabile
per l'intervenuta prescrizione.
La Corte d'Appello di Torino, investita in secondo grado, negava la sussistenza di
entrambe le responsabilità, sostenendo che il fatto della nascita si qualificava come
presupposto ineliminabile per l'acquisto della capacità giuridica, non sussistendo la
quale nessuna azione poteva essere esercitata. Appare in tutta la sua evidenza la
delicatezza che la fattispecie sottoposta alla Corte di Cassazione manifestava.
La scelta operata dai giudici della Suprema Corte ha adottato percorsi diversi,
identificando anzitutto il verificarsi del danno solo in parte al momento precedente la
nascita, sostenendo piuttosto il suo verificarsi con la nascita, andando pertanto ad
incidere su di un soggetto giuridicamente capace. A fronte di una situazione particolare,
nella quale non sussistevano comunque più gli estremi dell'azione di responsabilità
extracontrattuale, data l'intervenuta prescrizione, la Corte ha giocoforza intrapreso la
via dell'affermazione di una responsabilità contrattuale, in linea con le odierne
tendenze, evitando però di configurare un
contratto a favore di terzo, bensì riconoscendo l'esistenza di una <<contratto con
effetti protettivi a favore del terzo>>[17].
Dagli elementi fin qui esposti, peraltro sommariamente, emerge una conseguenza
interessante sotto il profilo dell'evoluzione delle forme di responsabilità, dovendosi
notare come di fatto con questa pronuncia si sottraggano, alla consueta area dei danni da
responsabilità extracontrattuale, fatti dannosi che al contrario vengono ricompresi nella
categoria della responsabilità contrattuale, a conferma dell'evoluzione dottrinaria e
giurisprudenziale in atto.
Avv. Nicola Todeschini
www.studiolegaletodeschini.it
membro dello Studio Legale
Consumerlaw
(Per motivi di spazio le note bibliografiche sono reperibili, con il testo completo dell'
articolo, su www.scienzaeprofessione.it e
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ML3 - Il medico e la
legge. Cap 4: L'art. 2236 cod. civ. e la sua applicabilità anche
al di fuori dell'ambito civilistico (Avv. Nicola Todeschini)
L'art. 2236 cod. civ.[1]
pone, come è noto, una limitazione di responsabilità del prestatore d'opera,
circoscrivendola ai soli casi di dolo o colpa grave, qualora si trovi di fronte a problemi
tecnici di speciale difficoltà.
Come osservato da M. Zana [2], la
norma, ad una prima lettura, da un lato sembra in contrasto con un'interpretazione rigida
dell'art. 1176 cod. civ., dall'altro non sembra accettabile che si preveda, in senso
generale, un limite di responsabilità proprio a fronte di problemi di particolare
incidenza, tanto più nel nostro caso, su interessi sì rilevanti del danneggiato.
A ben vedere, peraltro, la giurisprudenza[3]
e la migliore dottrina hanno operato, all'interno della previsione dell'art. 2236 cod.
civ., una distinzione che merita di essere ricordata: la norma si applicherebbe soltanto quando in discussione
sia la perizia del professionista, non quando, al contrario, ci si trovi di fronte
all'imprudenza o all'incuria, auspicandosi, in relazione a queste ultime, giudizi
<<improntati a criteri di normale severità>>[4].
Ma cosa si intende <<per problemi tecnici di speciale difficoltà>> ? Con riferimento alla professione intellettuale che
qui interessa, quella medica, integrano l'astratta previsione normativa i casi che, per
essere stati oggetto, nella stessa letteratura medica, di dibattiti e studi dagli esiti
tra loro opposti, per la novità della loro emersione, ovvero per essere caratterizzati
dalla straordinarietà e particolare eccezionalità del loro manifestarsi, non possono
considerarsi ricompresi nel doveroso -rectius diligente- patrimonio culturale,
professionale e tecnico del professionista, avuto riguardo, anche in questo caso, alle
peculiarità del settore ove svolge la sua attività, e ad uno standard medio di
riferimento[5].
Anche in questo caso quindi, la previsione legislativa deve di volta in volta trovare il
suo contenuto peculiare, giacché sono comunque diverse le caratteristiche salienti delle
categorie alle quali appartengono i prestatori d'opera, ed essendovi anche all'interno di
ognuna, tanto più in quella medica, delle specialità che meritano di essere trattate
apprezzandone, per l'appunto, gli aspetti caratterizzanti.
A questo proposito può essere ricordata una delle comprensibili doglianze di coloro che
vengono interessati da procedimenti relativi alla responsabilità professionale, ossia
quella della mancanza di uniformità, nelle varie sedi giudiziarie, quanto a preparazione
specifica dei magistrati e dei consulenti ai quali si affidano. Certo anche questo spunto
critico, già sottolineato in precedenza, non mancherà di suscitare perplessità, ma
ritengo debba essere preso in considerazione essendo comunque un problema pratico
riscontrato sul campo.
Quanto all'applicabilità delle limitazioni di responsabilità anche alla responsabilità
extracontrattuale, in senso affermativo si sono pronunciate dottrina[6] e
giurisprudenza[7].
In riferimento all'applicabilità anche in sede penale del principio della responsabilità
limitata alla colpa grave in caso di lesioni o morte come conseguenza dellesercizio
dell'attività professionale, qui per inciso intendo fare breve accenno alla risposta
affermativa che in dottrina alcuni[8]
danno, nonostante già la Cassazione penale[9]
abbia sostenuto linapplicabilità del principio di cui all'art. 2236 cod. civ.,
basandosi sullart. 43 cod. pen., in forza della previsione, ivi contenuta, della
semplice colpa lieve.
Come rilevato dal Finucci[10], tale posizione non è condivisibile alla luce
del principio di unità e razionalità dellordinamento giuridico, che verrebbe
altrimenti disatteso, senza sottacere le potenziali soluzioni aberranti che potrebbero
derivarne quanto al contrasto di giudicati, in considerazione degli artt. 74 e segg.,
nonché 651 cod. proc. pen.
Al contrario sembra preferibile lopinione di chi sostiene la necessità di
ricercare, proprio negli artt. 2236 e 1176, II c., cod. civ., lintegrazione
soggettiva della fattispecie di reato sotto il profilo della colpa professionale grave.
In questo senso, seppur con parziale diversa impostazione, pare muoversi la giurisprudenza
più recente[11].
Avv. Nicola Todeschini
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ML3/b Il medico e la legge. Cap 5 Spunti di riflessione sul concetto di
diligenza (Avv. Nicola Todeschini)
Il concetto di diligenza, richiamato dall'art. 1176 cod. civ.[1], riassume in sé il complesso di cure e
cautele che dovrebbero fondare il comportamento di ogni debitore al momento di soddisfare
la propria obbligazione, avuto riguardo alla natura del particolare rapporto e alle
circostanze di fatto che lo caratterizzano. Come chiarisce Rodotà[2], pur essendo il concetto di diligenza
un criterio obiettivo, va visto ed interpretato nell'ottica del particolare rapporto, in
funzione della sua specialità e della natura dell'attività esercitata, come prescritto
dall'articolo sopra richiamato.
Inoltre è proficuo, secondo l'Autore citato, considerare i rapporti tra tale concetto e
quelli di correttezza e buona fede, rispettivamente sanciti dagli artt. 1175 e 1375 cod.
civ.[3], per apprezzarne la reciproca
interferenza. Infatti, sulla scorta delle analisi già di Betti[4], bisogna valorizzare i concetti di
buona fede[5] e correttezza nella
loro funzione di ampliare o rispettivamente restringere il contenuto degli obblighi
letteralmente assunti mediante contratto, nei limiti in cui la loro attuazione possa
essere in contrasto con i principi di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ. Così anche il riferimento alla correttezza
verrebbe ad affiancarsi a quello della buona fede, come strumento per la definizione della
reale portata del rapporto obbligatorio.
E' quindi il caso di appurare la consistenza dei rapporti che questi due ultimi concetti
hanno con quello di diligenza. L'operatività dei criteri di buona fede e di correttezza
si pongono su piani diversi rispetto a quello occupato dalla diligenza, essendone diversa
la funzione[6]. Buona fede e
correttezza si pongono infatti sul piano degli strumenti d'integrazione del contenuto
dell'obbligazione, laddove la diligenza, al contrario, assolve alla funzione di valutare
<<la conformità del comportamento del debitore a quello dovuto>>, non con
funzione integrativa o correttiva, piuttosto delimitando <<ciò che deve ritenersi,
in quel singolo caso, esatta prestazione>>.
Ecco quindi che la diligenza, così come descritta più sopra, viene a porsi, al cospetto
del concetto di correttezza, come criterio guida per valutare in quali limiti vi sia stata
violazione della correttezza medesima, fondando così il proprio ruolo di criterio di
responsabilità.
Risulta confermata pertanto la valenza duplice[7] della diligenza, come parametro di
imputazione del mancato adempimento, e quale criterio di determinazione del contenuto
dell'obbligazione.
Si è osservato[8] anzi, in accordo
con quanto fin qui esposto, che lo sforzo diligente del debitore deve prodursi sin dalle
fasi c.d. preparatorie della prestazione, manifestandosi queste ultime come comportamenti
nell'interesse altrui e pertanto già giuridicamente doverosi, in quanto preparano il
terreno affinché la prestazione consegua il suo risultato. In quest'ottica rileva
l'utilizzabilità, da parte del creditore, dei mezzi di difesa contro l'inadempimento,
già nella fase preparatoria, ove essa manifesti caratteri di inadeguatezza o
difettosità, potendosi così rifiutare a ragione una prestazione preparatoria di tali
qualità, ovvero un inizio di prestazione tanto difettosamente preparata.
Un esempio che Bianca propone al fine di chiarire le osservazioni condotte, è quello
della negligente messa a punto -si legga preparazione- del mezzo che dovrà trasportare il
creditore; nel nostro caso potrebbe argomentarsi similmente la necessità di considerare
disponibili per il paziente quei rimedi contro l'inadempimento, cui si è fatto poc'anzi
riferimento, ove si verificassero le condizioni per affermare che, ad esempio, la fase
pre-operatoria sia stata caratterizzata da comportamenti inadeguati e difettosi, secondo
ciò che prescrive la miglior scienza e tecnica operatoria; o ancora, potrebbero
integrarsi tali condizioni qualora l'applicazione di un gesso fosse stata preceduta dalla
mancata sottoposizione ad adeguate e necessarie indagini radiografiche, ovvero quando la
prescrizione di una terapia non sia stata preceduta dall'acquisizione di adeguate
informazioni sullo stato di salute del paziente o sulla sua particolare sensibilità
all'assunzione di farmaci specifici.
Considerando poi che l'importanza dell'interesse strumentale violato, potrebbe altresì
legittimare già in questa fase la risoluzione del contratto per inadempimento, ove
l'inadeguatezza e la difettosità della fase preparatoria facciano presumibilmente
prevedere un esito finale negativo, si comprenderà che, nel caso della prestazione
professionale del medico, essendo gli interessi del paziente in gioco -tutela del bene
della salute- sì preminenti, i principi suesposti potrebbero trovarvi applicazione precipua.
Avv. Nicola Todeschini
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PROFESSIONE
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ML6 - Notificazione obbligatoria
rosolia congenita
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 259 del 04/11/2004
è stato pubblicato il Decreto 14/10/2004 recante Notifica obbligatoria della
sindrome/infezione da rosolia congenita che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2005.
Tale malattia è stata aggiunta allelenco delle malattie di cui alla terza classe
del Decreto Ministeriale 15/12/1990, e pertanto il medico che ha osservato il caso o ha
posto il sospetto di sindrome/infezione da rosolia congenita e di infezione da rosolia in
gravidanza deve segnalarlo entro due giorni allAzienda Sanitaria Locale in cui è
stato avanzato il sospetto diagnostico. (Fonte: G.U.
del 04/11/2004)
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ML6bis
Il Presidente FNOMCeO Del Barone difende i medici dalle facili accuse
Maggiore prudenza nelle dichiarazioni sugli errori medici e sull'impegno degli Ordini
professionali per arginare il fenomeno. Lo chiede il presidente della Federazione
dell'Ordine dei medici (Fnomceo), Giuseppe Del Barone, in una lettera inviata al
sottosegretario alla Salute Cesare Cursi che ha affermato, su alcuni organi di stampa, la
necessita' di ridurre i casi di errore medico, ''veramente troppi'' secondo le denunce.
Aggiungendo che ''bisogna coinvolgere direttamente l'Ordine dei medici che deve prendersi
le proprie responsabilità'' e consigliato, sempre agli Ordini, un atteggiamento di
severita' perche' si vedono ''pochissime risoluzioni, pochissime diffide, pochissime
sanzioni e quasi nessun caso di radiazione dall'Albo. E questo non va bene''.
Nella lettera Del Barone ricorda a Cursi che, quando una sentenza in terzo grado ''e'
negativa per il medico, l'Ordine fa immediatamente scattare le sanzioni previste che sono
l'avvertimento, la censura, la sospensione sino a nove mesi o la radiazione. Inoltre il
procedimento disciplinare, una volta iniziato, rimane aperto sino alla conclusione della
causa penale che, in piu' del 90% dei casi si conclude in modo favorevole al sanitario''.
Il camice bianco, inoltre, anche se assolto penalmente, ''puo' essere punito dall'Ordine -
continua Del Barone - per mancanze contro la deontologia. Del resto, se l'Ordine adottasse
provvedimenti contro un medico prima della sentenza e questa fosse poi di assoluzione, chi
ne pagherebbe i danni?''. E il presidente della Fnomceo fa alcuni esempi.''Alla Asl Na 1
dove un medico, assolto mesi or sono, e' stato sospeso per sei mesi dall'attivita'
convenzionale. I danni, se richiesti, sarebbero addebitati al direttore generale e allo
Stato, cioe' a noi! Posso aggiungere inoltre il caso di cinque medici della Asl Sa 2 che,
accusati, hanno ammesso la loro colpa di iperprescrizione farmaceutica e sono in attesa di
provvedimenti da parte del presidente di quell'Ordine''.
(Fonte: Doctornews)
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ML7 - LE NOVITA' DELLA LEGGE (Di Marco Venuti)
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