Ostracismo a TOS: i ginecologi italiani non ci stanno
I ginecologi italiani assolvono la terapia ormonale sostitutiva (TOS), come
somministrata in Italia, contro i sintomi della menopausa.
Il professor Antonio Chiantera, segretario nazionale dell'Aogoi, l'Associazione ostetrici
ginecologi ospedalieri italiani ha dichiarato che dagli Usa arriverebbe un allarmismo
infondato, ''un'epidemia di paura'' che va assolutamente ridimensionata. Il rischio di
cancro del seno aumenterebbe appena dello 0,08% contro un aumento del 63% dovuto
all'obesità. Secondo il Prof. Chiantera i dati USA non possono essere considerati
rappresentativi delle donne a cui, solitamente, viene prescritta la TOS in Italia. Le
donne sarebbero ingiustamente private di un valido aiuto. Occorerebbe reagire a tale
situazione e garantire alle donne in menopausa un futuro, a detta del Prof. Chiantera,
migliore ed una qualità di vita che le donne in passato non hanno potuto avere,
sperimentando gli effetti devastanti della depressione in menopausa.Tali asserzioni
sarebberobasate sulle conclusioni del Progetto menopausa Italia (Pmi), uno studio durato
sette anni e condotto su 150 mila donne. I risultati della ricerca, pubblicati nel volume
''Menopausa e terza eta': up to date'', autofinanziato dall'Aogoi, evidenzirebbero le
differenze tra le donne italiane che si rivolgono ai centri menopausa e quelle arruolate
in particolare nel trial Usa Whi (Women health initiative) del 2002.
Dal Pmi, che ha elaborato oltre 200 mila dati provenienti da 440 strutture collegate in
rete - ha riferito Costante Donati Sarti, responsabile del progetto e coautore del libro
con Sonia Baldi - emerge nel dettaglio che ''l'eta' media delle italiane arruolate e' di
53,5 anni, contro i 63,3 anni in media delle americane reclutate nel Whi; le pazienti
obese sono il 13,4% del campione, contro il 34%; le diabetiche il 2%, contro il 4,4%; le
ipertese il 21,7%, contro il 35,7%; le cardiopatiche con un'esperienza di problemi
coronarici l'1,3%, contro il 5,5%; quelle in cura con farmaci ipolipemizzanti lo 0,7%,
contro il 12,5%, e quelle trattate con antiaggreganti piastrinici (la cosiddetta
'aspirinetta') il 2%, contro il 19%''.
In Italia la terapia ormonale sostitutiva sarebbe sempre stata utilizzata in modo mirato.
Nei centri specializzati sarebbe prescritta al 40-42% delle pazienti (contro percentuali
anglo-americane che arrivano a superare l'80%): solo in donne sane tra i 50 e i 54 anni,
se e quando serve (cioe' esclusivamente in presenza di determinati sintomi o per prevenire
l'osteoporosi) e per cicli di tre-quattro anni''. Insomma, ''vogliamo fare giustizia'', ha
affermato il professor Carlo Sbiroli, presidente dell'Aogoi. Da qui l'idea del volume, che
sara' distribuito agli specialisti e nelle librerie, e il cui contenuto sara' condensato
in una dispensa dedicata ai medici di famiglia. Ma il Pmi prevede anche la stesura di
linee guida 'ad hoc' e l'organizzazione di corsi di aggiornamento per ginecologi.
I dati Usa sui rischi della terapia ormonale sostitutiva, come pure quelli inglesi del
trial Mws (Million women study), hanno provocato ''un'epidemia di paura, ma anche di
sfiducia'', ha aggiunto la professoressa Alessandra Graziottin, responsabile del Gruppo di
studio sulla sessuologia all'interno del Pmi. Eppure, ha fatto notare l'esperta, sia dal
Whi sia dal Mws arrivano anche dati rassicuranti: ''Se dal primo studio emerge infatti che
le donne italiane trattate con ormoni sostitutivi sono piu' giovani e piu' sane delle
pazienti americane, seguono la cura per meno anni e solo in presenza di sintomi
menopausali marcati - ha commentato - dal secondo arrivano altre buone notizie: ne' la
terapia ormonale pregressa ne' la pillola contraccettiva ne' gli estrogeni da
somministrare per via vaginale fanno aumentare il rischio di cancro del seno''.
In conclusione, ''le donne italiane possono stare tranquille - avrebbe affermato la
Graziottin - Lo dimostrerebbe il fatto che 'chi lo sa lo fa', ovvero che l'uso degli
ormoni in menopausa e' elevato soprattutto tra chi sa leggere e interpretare gli studi
clinici: il 56,5% delle ginecologhe italiane in menopausa usa ormoni (una percentuale
sette volte superiore a quella generale, pari all'8,4%), come pure il 59% delle mogli dei
ginecologi italiani''.
Fonte: Opa/Adnkronos Salute)
Commento di Luca Puccetti
Francamente c'è da rimanere sorpresi da queste posizioni. Sarebbe come dire che se si
prendesse un prodotto anche potenzialmente nocivo e si evitasse di darlo agli anziani e ai
soggetti cardiopatici, diabetici, dislipidemici non succederebbe nulla mentre al contrario
se venisse sommnistrato ai malati o agli anziani ci potrebbero essere problemi. Non mi
pare fosse necessario fare uno sforzo così titanico come sembrebbe il PMI per scoprire
cose che qualsiasi agenzia di monitoraggio vendite farmaceutiche avrebbe potuto
agevolmente documentare. Era arcinoto a tutti che in Italia la percentuale di donne in TOS
erano mediamente più giovani delle nordamericane e che dunque ipso facto erano meno
inclini ad essere diabetiche, cardiopatiche e dislipidemiche. Era parimenti noto che la
durata media di una TOS in Italia era di 9 mesi contro durate assai più lunghe negli USA.
E meno male!
A parte queste facili considerazioni, mi sembra più opportuno cercare di portare un
contributo per cercare di interpretrare i risultati dei vari studi. La mia opinione è la
seguente. Nelle donne più giovani, non diabetiche, non dislipidemiche, lo stato
endoteliale al momento della menopausa è probabilmente piuttosto ben conservato e
pertanto la sommninitrazione della TOS non sbilancia sensibilmente la bilancia in senso
procoagulativo perchè mancano i focolai trombogeni. Laddove a causa di età,
dislipedemie, diabete l'endotelio è già compromesso e vi sono numerose placche, magari
fissurate o instabili, la somministrazione di TOS provoca un aumento sensibile del rischio
trombogeno con aumento relativo di eventi. Pertanto mi pare che gli orientamenti attuali
siano adeguati alle informazioni che sono ad oggi note. LA TOS dovrebbe essere prescritta,
informando adeguatamente la paziente, come sempre del resto, sui possibili rischi sul
piano individuale che le evidenze dei trials hanno indicato e solo per brevi periodi,
limitatamente al controllo dei sintomi quando essi siano di tale gravità da inficiare
significativamente la qualità della vita e comunque la paziente non possa o voglia
sopportare. A parte la prevenzione della TOS e del cancro del colon, la TOS ha fallito nel
dimostrare tutti i vantaggi che gli studi osservazionali degli anni 90 lasciavano
supporre. Poichè esistono presidi alternativi di provata efficacia sulla prevenzione
dell'osteoporosi e poichè solo poche donne presentano sintomi da deprivazione ormonale
tanto severi la TOS appare una terapia da riservare a casi particolari, limitattamente al
controllo della fase acuta dei sintomi climaterici ed in donne senza fattori di rischio
cardiovascolare.