La bugia: pratica da
condannare o atto che contribuisce a salvare il mondo?
La domanda è difficile, e
la risposta lo è ancora di più. Per poter rispondere, dobbiamo prima definirela
bugia e condiderare cosa implica e come si sviluppa.
La definizione di bugia,
secondo il Garzanti online, è la seguente: “affermazione intenzionalmente
contraria alla verità; menzogna:dire bugie ... pietosa bugia, quella che si
dice per nascondere qualcosa di increscioso...”.
L’area semantica del
termine, da come si puo vedere, investe due aree differenti. La prima, riguarda
il semplice discostarsi dalla realtà in maniera volontaria (sono escluse,
quindi, le informazioni errate date in buona fede), la seconda riguarda invece
il nascondere qualcosa di increscioso agli altri.
La bugia avrebbe quindi
una utilità pratica per il bugiardo: soprattutto nella seconda accezione la
bugia ha lo scopo di nascondere alla società aspetti di noi stessi che
giudichiamo contrastanti con la “pubbica morale”.
Ma come si sviluppa il
senso della menzogna?
Da un punto di vista
psicodinamico, il bambino fino a 5 anni ha un senso di realtà molto confuso.
Non è in grado di discernere pienamente quello che è vero da quello che è
immaginato, e la bugia non ha quindi senso. Il bambino mente non per coprire qualcosa
di increscioso, ma semplicemente perchè non in grado pienamente di distinguere
il vero dal falso; non si tratta quindi di una “vera” bugia ma di errore in
buona fede.
In seguito il bambino
affina il senso di realtà, e a questo punto si puo cominciare a parlare di
bugie dette in piena coscienza. Intorno ai 6 / 7 anni, il bambino comincia ad
andare a scuola, ed è in grado di distinguere il vero da falso: il bambino che
mente, a questa eta’, lo fa
consapevolmente e per fini ben precisi.
Sutter individua
differenti motivazioni alla base della bugia: la menzogna generosa, finalizzata
a non causare un dolore al prossimo; quella per timidezza e timore, legata a
dinamiche evitanti verso situazioni ansiogene; quella per scherzo, finalizzata
al divertimenti spicciolo e quindi poco articolata e presto scoperta; quella
per liberarsi da un sentimento penoso, anche questa legata all’evitamento di
sensazioni come la vergogna e l’umiliazione; la menzogna nevrotica, legata ad
una situazione conflittuale.
Ma mentono solo i
bambini? Ovviamente no. E qual’ è, allora, il significato della menzogna
“adulta”?
Dobbiamo tenere conto che
la bugia è una distorsione della verità all’interno di una comunicazione, dove
per verità si intende l’esatto succedersi degli eventi nella realtà.
Per comprendere meglio il
sistema comnicativo, possiamo utilizzare la formalizzazione di Shannon che per
primo ha ideato “un sistema per la generazione e trasmissione delle
informazioni in forma di modello, che comprende una sorgente dell’informazione,
un codificatore, un canale di trasmissione, un decodificatore e un osservatore,
il quale, rilevando, interpretando e utilizzando l’informazione per fini
propri, interagisce con essa, contribuendo in parte a determinarne il contenuto
trasferito.”
Che senso ha comunicare
una versione alternativa alla verità?
Puo’ sembrare strano, ma
gli scopi sono gli stessi dei bambini; cambiano solo gli oggetti delle
informazioni.
Ottenere vantaggi,
escludere gli svantaggi, dare una buona immagine di se’, sono alla base delle
menzogne adulte. Una situazione che porta piu’ svantaggi che vantaggi viene
cambiata in modo da minimizzare gli aspetti negativi. Svolgiamo quindi un
lavoro migliore del vero, nascondiamo una relazione pericolosa, creiamo insomma
un mondo ideale e cerchiamo di spacciarlo come reale al prossimo. Ovviamente
questo non influenza direttamente la realtà, quanto semplicemente la percezione
che il ricevente del messaggio alterato ha della realtà stessa. A questo punto,
per la fortuna (o la sfortuna) del mentitore entrano in gioco altri aspetti,
quali le fonti alternative di controllo degli eventi a disposizione del
ricevente.
Dobbiamo però dire che il
processo di alterazione volontaria della realtà, ovvero il “dire bugie”, non è
necessariamente un aspetto immorale, o non etico, tutt’ altro! Spesso infatti
le menzogne possono essere espresse al fine di migliorare le condizioni del
soggetto, senza con cio’ recare danno diretto o indiretto ad altri soggetti; a
volte la bugia e’ addirittura “benefica”, come quando contribuisce a salvare
certe importanti convenzioni sociali. Se si dicesse sempre tutto cio’ che si
pensa degli altri la societa’ si disgregherebbe, con ogni probabilita’, in una
miriade di faide personali. E’ il buon senso inteso come custode delle convenzioni
sociali a suggerire, con cautela a solo nei casi indispensabili, quando e’ il
momento di dire una bugia.
La cautela e’ un aspetto
fodamentale, perche’ se anche la verità non è sempre utile e necessaria,
certamente una bugia puo essere ancor piu’ pericolosa.
Guido Zamperini
Bibliografia
J. Piaget, Lo sviluppo
mentale del bambino, Einaudi, 1967
J. Sutter , Le mensonge
chez l’enfant, PUF, Parigi, 1956
Shannon, teoria
dell’informazione: http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_761577650/Teoria_dell'informazione.html
http://www.garzantilinguistica.it/interna_ita.html