Chiamare 'cicciona' una paziente non e' offensivo se e' vero ed ha valore terapeutico
La Cassazione ha recentemente annullato con formula piena "perche' il fatto non sussiste" (sentenza 4990/2007) la condanna per ingiurie inflitta ad un medico di Trieste che era stato giudicato colpevole per aver offeso una sua paziente con frasi poco urbane.
Sottolineando il fatto che la paziente presentava un peso certamente sproporzionato, il medico l' aveva apostrofata con termini come: "con tutti quei chili di troppo pretende di non avere il mal di schiena.. con lei perdo solo tempo, chi vuole che la guardi, chi vuole che la tocchi, lei deve dimagrire...non le e' ancora venuto un infarto, ma chi l'ha assunta, ma come puo' prestare questo servizio...lei e' un peso per la societa'...visitarla e' una perdita di soldi per l'Inail".
La Corte ha sottolineato che i toni del professionista potevano essere stati "poco urbani" e tutt'al piu' censurabili da un punto di vista deontologico, ma non potevano essere condannabili in sede penale perche' "un medico non puo' porsi il problema dell'offensivita' della mera constatazione della condizione patologica del paziente".
Anche il giudice di merito, del resto, aveva riscontrato la realta' dell' esistenza di un peso eccessivamente sproporzionato.
In definitiva, se un medico si rivolge in maniera rude denunciando una reale situazione di fatto, non lo fa "in maniera offensiva" ma solo per spronare a intraprendere un percorso terapeutico.
Per la condanna penale, dicono i giudici, "non e' sufficiente l'astratta idoneita' delle parole a offendere, ma e' necessario che esse siano a cio' destinate". Se lo scopo non e' quello di offendere, non puo' esserci condanna penale
DZ Fonte: Adnkronos