Il Codice Fiscale sulle ricette "bianche". Nuova assurdita' burocratica
Le nuovissime norme (Decreto Bersani,
coordinato con il nuovissimo DPEF)stabiliscono, oltre altre innumerevoli novita',
che il medico e' tenuto a riportare, nel caso di ricette ripetibili, anche se
"bianche", cioe' private, il codice fiscale dell' assistito.
Questa norma appare assurda, oltre che vessatoria, in quanto non si capisce bene
quale potrebbe essere la sua utilita'. Porterebbe invece una serie di problemi
quali l' allungamento dei tempi burocratici a scapito di quelli assistenziali, e
l' impossibilita' di prescrivere farmaci, seppur necessari, a pazienti che
avessero dimenticato a casa il tesserino col codice fiscale.
Questa
norma appare oltretutto illegittima, in quanto si scontra frontalmente con la
legge sulla privacy, che stabilisce in modo inequivocabile il diritto del
paziente all' anonimita' delle prescrizioni mediche; i lettori ricorderanno che
tale aspetto era stato addirittura, in un primo momento, prescritto come
obbligatorio.
Il fatto che venga inserito al posto delle generalita' il C.F. non cambia la
situazione in quanto e' gia' stato ampiamente chiarito in precedenza che esso
NON e' idoneo a garantire l' anonimita' in quanto facilmente decifrabile.
Ora una nota del Ministero della Salute ( n. 12573 dell' 11/07/2006) tenta (a
nostro avviso in modo piuttosto imbarazzato) di correggere tale disposizione
stabilendo che "l'indicazione, da parte del medico prescrittore, del codice
fiscale in luogo del nome e cognome è da ritenersi obbligatoria qualora
l'interessato non voglia far comparire le proprie generalità".
Questa soluzione ci sembra un' inutile "pezza" che non risolve
assolutamente la contraddizione con le norme sulla privacy.
L' unica soluzione ragionevole appare l' abolizione totale di questa inutile
disposizione.
DZ