Trattamento della depressione resistente ai SSRI
Due studi hanno esplorato quali siano le strategie per
trattare pazienti affetti da depressione maggiore non psicotica che non hanno
risposto ad una terapia con SSRI.
Nel primo studio sono stati arruolati 727 adulti che non
aveavno risposto o tollerato il citalopram. I pazienti sono stati trattati con
bupropione a rilascio prolungato, con sertralina oppure con venlafaxina. Circa
un paziente su quattro ha risposto al cambiamento della terapia andando incontro
ad una remissione dei sintomi depressivi. Tutti e tre i farmaci alternativi si
sono dimostrati di efficacia simile e
possono costituire una ragionevole linea di seconda scelta nei non responders
agli SSRI.
Nel secondo studio sono stati invece reclutati 565 pazienti
adulti che non avevano avuto una risposta durante trattamento con citalopram.
Alla terapia di base è stato allora aggiunto bupropione a rilascio sostenuto
oppure buspirone. In entrambi i casi si ebbe una risposta favorevole in circa
un paziente su tre; il bupropione sembra più utile del buspirone nel ridurre il
numero e la severità dei sintomi con una percentuale minore di effetti
collaterali.
Ref:
1. N Engl J
Med 2006 Mar 23; 354:1231-1242
2.N Engl J
Med 2006 Mar 23; 354: 1243-1252
Commento di Renato Rossi
Lo studio STAR D aveva arruolato oltre 4000 pazienti affetti
da depressione maggiore non psicotica, trattati con citalopram. Una risposta si
è avuta in circa il 30% dei soggetti. In una seconda fase lo studio ha valutato
quali potrebbero essere le strategie alternative nei pazienti che non
rispondono.
Osservando i due trials da una prospettiva ottimistica
possiamo dire che ora ci sono le basi per poter scegliere con cognizione di
causa una terapia alternativa (oppure un potenziamento della terapia già in
atto) nei casi che non trovano beneficio da un SSRI.
D'altra parte si può vedere anche il bicchiere come mezzo
vuoto: molti non rispondono neppure alla terapia di seconda linea e non
sappiamo quale sia il farmaco migliore da usare nei non responders visto che
all'incirca tutti i farmaci alternativi si sono dimostrati efficaci in una
percentuale sovrapponibile.
Nei due studi mancava poi un gruppo in trattamento placebo
che fungesse da controllo, anche se si potrebbe argomentare che tale scelta
sarebbe stata poco accettabile eticamente considerando che oltre il 70% dei
casi arruolati soffriva di depressione ricorrente da circa 16-17 anni. Infine
un dato francamente impressionante: quasi la metà dei soggetti era senza lavoro
e circa il 40% non aveva una assicurazione sanitaria e quindi mancava di una
qualsiasi possibilità di accedere alle cure mediche. Questo conferma che le
condizioni socio-economiche possono avere una importanza fondamentale nel
favorire la cronicizzazione del disturbo depressivo.