Concetto di attività esclusiva ed esercizio abusivo della professione
( Cassazione , sez. VI penale, sentenza 15.04.2003 n° 17921 )
Gli atti rilevanti ai fini della configurabilità del reato di cui all'articolo 348 Cp (Abusivo esercizio di una professione) sono quelli riservati in via esclusiva a soggetti dotati di speciale abilitazione e cioè ai cosiddetti atti tipici, con esclusione delle attività "relativamente libere", solo strumentalmente connesse a quelle tipiche.
I Fatti:
G.L., condannato per esercizio abusivo della professione forense, ricorreva in cassazione sostenendo l' insussistenza del reato in quanto la prestazione da lui effettuata (consulenza scritta in una materia in cui egli era particolarmente esperto quale autore di pubblicazioni) non sarebbe riservata alla professione forense, pur essendo alla stessa connessa, ed era inoltre svolta occasionalmente, e non continuativamente.
La Corte accoglieva il ricorso, in parziale dissenso con una precedente pronuncia (sezione VI 1151/02), che aveva affermato (in contrasto con l' orientamento prevalente) che l'ambito dell'attività riservata agli esercenti una determinata professione comprende non soltanto gli atti "tipici" della professione, ma può estendersi anche agli atti "relativamente liberi", e cioè non esclusivi del professionista pur se solitamente collegati alla sua attività tipica, che possono essere compiuti anche da estranei soltanto a condizione che si tratti di attività sporadica ed occasionale; per cui costituisce esercizio abusivo della professione il compimento di atti del genere in forma continuativa ed organizzata.
L' orientamento prevalente, sottolinea la Corte, circoscrive gli atti rilevanti, ai fini della configurabilità del reato di cui all'articolo 348 Cp, alla sfera di quelli riservati in via esclusiva a soggetti dotati di speciale abilitazione e cioè ai cosiddetti atti tipici, escludendo dal novero delle attività esclusive quelle "relativamente libere", solo strumentalmente connesse a quelle tipiche.
In ogni caso, comunque, l' occasionalita' della condotta prestata non comporterebbe la configurazione del reato di cui all'articolo 348 Cp, posto che anche a mente di essa è pur sempre necessario l'esercizio di una attività sistematica e sia pure relativamente organizzata.
Per questo motivo la Corte annullava senza rinvio la sentenza di condanna.
[La sentenza riguarda in particolare la professione forense e comportamenti ad essa connessi, pero' la sua motivazione puo' essere estensibile a tutte le professioni: perche' si configuri il reato di cui all'articolo 348 Cp (Esercizio abusivo di una professione) occorre che vengano praticati da un soggetto non abilitato, con continuita', atti che rientrano tra quelli riservati in via esclusiva ai soli soggetti abilitati. Questi sono i cosiddetti "atti tipici", con esclusione delle attività "relativamente libere", solo strumentalmente connesse a quelle tipiche.]
Daniele Zamperini