Si rincorrono sui giornali le notizie sulle denunce a carico dei
medici "iperprescrittori" e delle iniziative delle varie Regioni
finalizzate al risparmio farmaceutico a tutti i costi.
Ma, pur volendo trascurare il fatto che la spesa farmaceutica e' solo una delle
spese secondarie per il SSN, a fronte di altre voci ben piu' consistenti, le
tecniche di risparmio stanno assumendo aspetti che possono denotare grande
astuzia o grande incompetenza, tra cui la pressante campagna all' uso dei
farmaci "generici".
I generici sono farmaci contenenti lo stesso principio attivo dei farmaci di
marca, con differenze minime stabilite per legge.
Si fa credere allora che la prescrizione di "generici", a causa del
loro prezzo inferiore, sia in grado di portare un notevole risparmio alle casse
dello Stato.
Cio' e' assolutamente falso!
E quali motivi possono esserci, per sostenere cosi'
spudoratamente il falso?
Infatti, in base alle leggi vigenti, lo Stato paga la stessa
cifra sia per il generico che per il farmaco di marca (cosiddetto
"griffato"), mentre l' eventuale differenza e' a carico del cittadino.
Perche' allora insistere tanto?
Gli ipocriti possono sostenere magari che alleggerire dalle spese il cittadino
fa bene anche allo Stato, ma si tratta di una ulteriore falsita': infatti il
cittadino puo' sostituire liberamente, in farmacia, il farmaco di marca con il
"generico" equivalente, senza pagare quindi neppure un centesimo.
Ma l' equivoco sorge proprio qui, quando vengono fatte
coincidere le definizioni di "generico" e di
"equivalente".
E' sul termine di "equivalente" che si gioca, in modo poco corretto,
il gioco al massacro!
Quando la Parte pubblica fa campagna per la prescrizione di farmaci "equivalenti", infatti, non si riferisce ai "generici" come sopra definiti, ma vuole indicare (senza dirlo) ben altra cosa: i cosiddetti "farmaci di riferimento di categoria".
Si tratta, in poche parole, di scegliere un farmaco a basso costo per ciascuna categoria farmacologica (per esempio, un Inibitore di Pompa Protinica, un Sartano, un antibiotico betalattamico e cosi' via) e di addossare al SSN solo il prezzo di questo farmaco, lasciando il resto a carico dei cittadini o addirittura (come ci dicono stia succedendo in alcune Regioni) prevedendo sanzioni o comunque pressioni a carico del medico che prescriva "griffati".
Molto scorrettamente si fa campagna in favore dei
"generici" rimarcandone l' uguaglianza terapeutica con i farmaci di
riferimento, poi si fa slittare questo concetto di uguaglianza sui farmaci
"equivalenti di categoria", lasciando intendere appunto che anch' essi
siano uguali a quelli di riferimento.
Ma la situazione e' ben diversa: in una categoria farmacologica esistono
farmaci che, sebbene simili, NON SONO AFFATTO UGUALI, al punto che talvolta
portano in scheda tecnica indicazioni e avvertenze diverse.
Vi sono IPP con l' indicazione alla protezione gastrica da FANS, mentre altri
non ce l' hanno; alcuni sartani hanno indicazione per lo scompenso cardiaco,
altri no. E non dimentichiamo il "Caso Cerivastatina", statina
ritirata dal commercio per effetti tossici mortali mentre tante altre statine
restano in commercio.
Come e' possibile sostenere che i farmaci di una categoria siano tutti uguali
tra loro e che, in linea di principio, le prescrizioni possano essere limitate
solo a un farmaco di riferimento, dimenticando che ciascun individuo e' diverso
da un altro e puo' avere bisogni, intolleranze, biodisponibilita' differente
dagli altri?
Non per questo il principio e' da buttare: chi scrive ha
proposto gia' alcuni anni fa (inascoltato) l' adozione di un sistema del genere;
e' necessario tuttavia che una simile operazione non venga effettuata
brutalmente d' autorita', pena gravi rischi per la salute pubblica, ma che venga
portata avanti a piccoli passi, con la collaborazione meditata e approfondita di
esperti del settore, di societa' scientifiche e culturali, delle categorie
mediche maggiormente interessate.
Vanno interessati piccoli gruppi di farmaci, realmente omogenei per indicazioni
e controindicazioni (e non solo per categoria farmaceutica), con liberta' per il
medico di prescrivere al di fuori di questi vincoli in soggetti che ne abbiano
reale necessita'. La vita e la salute dei cittadini devono sempre rimanere al di
sopra di problemi economici di bassa lega.
A questo punto possono sorgere altre spontanee domande. La
confusione tra generici ed equivalenti puo' essere voluta a fini strumentali,
per far passare gli equivalenti come generici, ma perche' si insiste tanto sulla
prescrizione da parte del medico di generici?
In altre parole, cui prodest?
Ricordiamo che, come ha evidenziato Francesco Medici in altro
articolo (www.scienzaeprofessione.it/sanita_ricchezza.htm)
la sanita' porta anche ricchezza allo Stato, addirittura maggiore della spesa,
in termini di occupazione, valore aggiunto, aumento del PIL.
La campagna assillante in favore dei generici non fa altro che spostare i
finanziamenti pubblici (miliardi di Euro, crediamo) da Aziende di grandi
dimensioni ( le stesse che finanziano i corsi ECM, le riviste del settore, la
ricerca scientifica e tante altre iniziative di utilita' pubblica e privata)
verso una miriade di aziende finora sconosciute, alcune delle quali nate proprio
in seguito ai mutamenti legislativi, talvolta di piccolissime dimensioni, dai
bilanci limitati e finora piuttosto restie a impegnare i loro capitali in
iniziative analoghe o altre piu' o meno utili.
Questo spostamento di denaro avviene, lo ribadiamo, senza alcun risparmio per le
casse del SSN.
Ma allora, perche' tanta pressione?
E, ci chiediamo ancora, cui prodest?
Daniele Zamperini - 21/1/2007