D.: Cosa faccio se mi viene richiesto di certificare che un mio assistito e’ capace di intendere e di volere (o al contrario che non e’ capace di intendere e volere)?

 R.: Lo faccio tranquillamente, ovviamente certificando quanto corrisponde alla realta'.

 La legge non riserva a particolari categorie (come psicologi, psichiatri o medici legali) questo tipo di certificazione, anche perche’ la capacita’ di intendere e volere a scopi civilistici non e’ legata a precise diagnosi eziopatogenetiche di malattia o di disturbo mentale ma interessa soprattutto l’aspetto “funzionale”.

Si dichiara cioe’ che il paziente, per quanto riguarda la sua capacita’ civile, (testamenti, cessione o acquisto di beni ecc.) e’ consapevole di cio’ che sta facendo e intende veramente farlo.

Il medico puo’ percio’ accertare questa condizione con un colloquio preliminare con il paziente stesso e eventualmente (ma non obbligatoriamente) applicando dei test gia’ validati e di facile applicazione, quali lo SCAG o il MINIMENTAL TEST.  In mancanza di questi test puo’ ugualmente verificare quelle condizioni con una serie di domande tese a esplorare sia la capacita’ cognitiva del paziente (orientamento spaziale e temporale,  il riconoscimento delle persone a lui vicino ecc.) sia la capacita’ volitiva (consapevolezza dell’atto civile che vuole compiere e conferma della volonta’ di volerlo fare). Nei casi “border-line” in cui puo’ essere difficile effettuare una valutazione precisa, e’ effettivamente consigliabile che il medico chieda una consulenza specialistica, o demandi la certificazione ad uno specialista. Questa prassi pero’ non e’ assolutamente obbligatoria nei casi in cui il medico e’ capace di raccogliere tali elementi da solo.