Il lavoro che un tempo amavo...
Se si è
fortunati, può capitare di trovare il lavoro dei nostri sogni. Poco conta
quanto sia difficile, o quanto distante da casa, o quante responsabilità
comporti: se il lavoro che troviamo ci è congeniale, questo basta
a farcelo piacere. Ma è un idillio eterno, o le cose possono cambiare
nel tempo?
Purtroppo
l’idillio puo cessare, e quando cessa, dopo un tempo sempre difficile da
predire, lo stesso lavoro che prima era pieno di spunti, di possibilità e di
ricchezza diventa noioso, ripetitivo, e sterile.
Qualcuno ha, però, tentato di indagare e di spiegare cosa succede durante il
processo di disamoramento verso il proprio lavoro, e questo qualcuno sono gli
esperti della Sirota Survey Intelligence - che mediante una indagine che ha
coinvolto piu di un milione e 200 mila dipendenti di 52 tra le più importanti
imprese statunitensi hanno stabilito che bastano sei mesi per far si che
l’idillio abbia termine.
La
domanda a cui rispondere adesso è cosa influenzi questo legame: se pensiamo ad
un legame affettivo possiamo ipotizzare che la colpa sia dei partner; in un
legame lavorativo, quali sono i fattori che influenzano l’attaccamento?
Prima di tutto la colpa è dei manager: le stesse persone che gestiscono le
aziende sono le responsabili del calo dell’entusiasmo del nuovo entrato.
Sono incapaci di motivare efficacemente i propri sottoposti, di distribuire
adeguatamente i riconoscimenti adeguati.
Secondo “Harvard Management Update”
gli impiegati sarebbero oltretutto limitati dalla enorme quantità di permessi
ed autorizzazioni necessarie per portare a compimento ogni atto del proprio
lavoro, oltre che da orsi di formazione spesso non sufficienti per il lavoro
effettivo che devono svolgere.
A condire il tutto va aggiunta una scarsa efficienza del sistema di diffusione e
trasmissione delle informazioni, e
che poche volte i responsabili sono in grado di delegare parte del proprio
potere.
Il
quadro che ne viene fuori è desolante:
nel sistema organizzativo aziendale sono carenti i settori fondamentali per un
buon lavoro.
Gli impiegati, infatti, comunicano male fra loro e con i superiori, ricevono
premi non adeguati e mal distribuiti, hanno pesanti obblighi burocratici da
assolvere per ogni fase del proprio lavoro, che a sua volta viene portato avanti
con una formazione scarsa, e non hanno possibilità di vedersi assegnare
incarichi decisionali anche minimi.
Non stupisce, a questo punto, come il burnout sia dietro l’angolo…
Una
situazione leggermente differente la troviamo in Italia, ove secondo la ricerca
realizzata da Carrieri, Damiano e Ugolini pubblicata nel libro “Il lavoro che
cambia” (Ediesse), gli italiani sono mediamente soddisfatti del proprio
lavoro, anche se non mancano le note dolenti.
Infatti, in Italia la prima causa di burnout è lo stress lavorativo, seguita
dalla burocrazia interna, la
scarsezza di relazioni con i superiori e la ripetitività di mansioni.
Gli italiani sono, tra gli europei, quelli che meno si dichiarano soddisfatti
degli orari di lavoro in rapporto agli impegni fuori dall’ufficio
Oltre a questo risulta importante un inadeguato sistema di retribuzione e
premi, e l’impossibilità di intervenire nell’organizzazione del lavoro.
Guido
Zamperini
Fonti: http://www.kataweb.it/lavoro/index.jsp?s=dossier&idContent=1611605
http://lavoro.repubblica.it/