Non e' ammissibile l' aborto "eugenetico", che prescinda dal pericolo per la madre

 E' inammissibile l'aborto eugenetico, che prescinda dal pericolo “serio” (entro 90 giorni) o “grave” (dopo i  90 giorni) derivante alla salute della madre dalle malformazioni del feto.

 La CORTE DI CASSAZIONE Sez. III Civile, 14/07/2006 con Sentenza n. 16123 ha stabilito un importante principio in occasione di una causa che vedeva contrapposti da un lato i genitori e dall'altro un medico che avrebbe omesso di informarli circa la sussistenza di anomalie dello sviluppo fetale. I genitori chiedevano un risarcimento per non essere stati posti nella condizione di emigrare in un paese meno restrittivo dell'Italia in tema di aborto ed un risarcimento sia per il malformato, per essere stato condannato a nascere e a vivere malformato (sic!), che per la sorella.

La Cassazione ha respinto le richieste sottolineando come non sia configurabile un diritto a “non nascere” o a "non nascere se non sano”, essendo per converso tutelato dall'ordinamento - anche mediante sanzioni penali - il diritto del concepito a nascere, pur se con malformazioni o patologie. E’ da escludersi pertanto la configurabilità del c.d. aborto eugenetico, che prescinda dal pericolo derivante alla salute della madre dalle malformazioni del feto.

 A norma dell'art. 6 lett. b) della legge n. 194 del 1978, per ricorrere all'interruzione di gravidanza dopo il novantesimo giorno non è sufficiente la presenza di anomalie o malformazioni del nascituro, ma è necessario che tale presenza determini processi patologici in atto consistenti in un "grave" pericolo per la salute fisica o psichica della madre.

La sentenza sottolinea che

-L'interruzione volontaria della gravidanza è finalizzata solo ad evitare un pericolo per la salute della gestante, “serio” (entro i primi 90 giorni di gravidanza) o “grave” (dopo i 90 giorni)

-L’ esercizio di tale diritto compete esclusivamente alla madre

-Le eventuali malformazioni o anomalie del feto rilevano esclusivamente nella misura in cui possano cagionare un danno alla salute della gestante, e non già in sé e per sé considerate, con riferimento al nascituro.

-E’ esclusa l’ esistenza di un “diritto di non nascere" o al "non nascere se non sano",  in quanto si tratterebbe di un diritto “adespota” cioe’ privo di titolare; cio’  in quanto la capacita’ giuridica che consente i diritti disciplinati dall'art. 1 e degli artt. 462, 687, 715 del C.C. si acquista solamente alla nascita, come pure i diritti conseguenti , sicché il cosiddetto diritto di "non nascere" non avrebbe titolare appunto fino al momento della nascita, allorche’ risulterebbe peraltro non esistere più. Ipotizzare un diritto a non nascere configurerebbe una posizione giuridica paradossale, non avente un titolare in caso di ottemperanza, avendolo solo in epoca postuma nel caso che tale diritto venga violato.

-Non è configurabile il diritto dello stretto congiunto (nel caso, sorella) del nato ad essere informato in ordine alle malformazioni del feto

-Puo’ essere configurato, al piu’, un "diritto a nascere" e a "nascere sani", inteso esclusivamente nella sua accezione positiva, della predisposizione di tutti gli istituti normativi di tutela idonei a garantire, per quanto possibile, di nascere sano.

Esiste al contrario ( e deve essere opportunamente tutelato in sede civile e penale) il diritto del concepito a nascere, pur se con malformazioni o patologie. 

 Il risarcimento del danno per il mancato esercizio del diritto all’ aborto non consegue automaticamente alla mancanza di informazione da parte del medico, essendo al riguardo necessaria la prova della sussistenza delle condizioni previste dalla legge per ricorrere all’ interruzione della gravidanza.

 Viene quindi esclusa la ammissibilità del c.d. aborto "eugenetico", prescindente dal pericolo derivante dalle malformazioni fetali alla salute della madre, rilevando che l'interruzione della gravidanza al di fuori delle ipotesi previste rigidamente dalla legge, oltre a risultare in contrasto con i principi di solidarietà e di indisponibilità del proprio corpo, costituisce reato anche a carico della stessa gestante (art. 19 legge n. 194 del 1978).

Verificatasi la nascita, il minore non può presentare come danno da inadempimento contrattuale per omessa informazione il fatto di essere affetto da malformazioni congenite, non essendo stata la  madre messa nella condizione ricorrere all'aborto, risultando invece assolto il dovere di protezione in favore del minore, tutelato in termini prevalenti rispetto ad altre norme contrattuali.

Il testo completo della sentenza: http://www.cortedicassazione.it/Documenti/16123.pdf

 

Daniele Zamperini– Guido Zamperini