"Scienza e Professione"
Mensile di informazione e varie attualita' - Reg.
Trib. Roma n. 397/2004 del 7/10/2004
Resp.: Daniele Zamperini O.M. Roma
19738 - O. d. G. Lazio e Molise 073422
Privacy e foto segnaletiche. Sentenza della Corte dei diritti Ue
La diffusione di foto segnaletiche alla stampa viola l'articolo 8 della Convenzione
europea dei diritti dell'uomo
Trasmettere agli organi di stampa fotografie di una persona accusata in un procedimento
penale costituisce una violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo.
Il principio è stato affermato in una recente sentenza della Corte europea dei diritti
dell'uomo (50774/99, 11 gennaio 2005) originata dal ricorso di un'insegnante italiana -
fermata e posta agli arresti domiciliari con l' accusa di associazione a delinquere,
evasione fiscale e falso - la cui fotografia, scattata durante le indagini, era stata
diffusa nel corso di una conferenza stampa delle forze dell'ordine e quindi pubblicata su
diverse edizioni di due quotidiani locali.
La sentenza conferma i principi già sostenuti in numerosi provvedimenti dal Garante
italiano, il quale è più volte intervenuto stabilendo il divieto di diffondere le foto
segnaletiche, anche nell'ambito di conferenze stampa, se non ricorrono fini di giustizia e
di polizia o motivi di interesse pubblico. (v. Provv. 19 marzo 2003; Comunicato stampa: 26
novembre 2003 - 8 aprile 2003)
I giudici di Strasburgo hanno messo in evidenza che rispetto ad altri casi oggetto di
precedenti pronunce della Corte (cfr. Von Hannover/Germania, 59320/00, 24 giugno 2004) la
fattispecie in esame presentava alcune peculiarità: essa, in primo luogo, non riguardava
un personaggio pubblico; inoltre, la foto pubblicata proveniente dal fascicolo d'inchiesta
era stata fornita ai giornali da agenti della Guardia di finanza.
Il fatto che, nel caso di specie, la ricorrente non fosse un personaggio pubblico -
secondo la Corte - giustifica una contrazione della legittima "zona di interazione
tra l'individuo e i terzi" (più ampia, evidentemente, nel caso di persone celebri)
che non può espandersi in ragione del coinvolgimento della donna in un procedimento
penale.
Per accertare la lamentata ingerenza nella sfera privata, la Corte ha valutato -
conformemente alla sua giurisprudenza - il rispetto dei requisiti previsti dall'Art. 8(2)
della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Tale comma stabilisce, infatti, che si
possa interferire con la vita privata di una persona soltanto se ciò è "previsto
dalla legge", e "necessario, in una società democratica" per raggiungere
gli scopi indicati nello stesso comma (pubblica sicurezza, protezione dell'ordine, della
salute o della morale pubblica, o protezione dei diritti e della libertà altrui.).
In particolare, quanto al primo punto, i giudici hanno ravvisato l' inapplicabilità al
caso in oggetto dell'eccezione al segreto degli atti di indagini prevista dall'articolo
329(2) del codice di procedura penale italiano. Tale eccezione riguarda unicamente la
circostanza in cui la pubblicità di uno degli atti sia necessaria ai fini della
prosecuzione dell'
indagine, il che non è sostenibile nel caso di specie. Pertanto, la Corte non ha
riscontrato la presenza di previsioni normative che giustificassero l 'ingerenza nella
vita privata della ricorrente, e non ha ritenuto di doversi pronunciare sull'altro
requisito imponendo allo Stato italiano di risarcire l'insegnante delle spese processuali.
Newsletter - N. 240 del 3 - 9 gennaio 2005