INDICE GENERALE
PILLOLE
A - L'
Uso di antibiotici per lunghi periodi è correlato con il rischio di
carcinoma mammario B - Cellule
staminali e calvizie. C -
Alcool
e gravidanza. D - L’uso
di antibiotici potrebbe essere correlato allo sviluppo della malattia di
Crohn E - Alterata
attività mitocondriale nella prole insulino-resistente di pazienti affetti
da diabete di tipo 2 F - Il
Campylobacter jejuni è associato alla malattia immunoproliferativa
dell’intestino tenue. G - Il
sovrappeso puo' causare fallimento della contraccezione
orale H - Aumentato
rischio di linfoma nelle donne che hanno usato prima del 1980 prodotti per
la colorazione dei capelli I - Induzione
dell’ovulazione con elettrocauterio nelle donne con ovaio policistico e
resistenza al Clomifene L - Incidenza
di malattie autoimmuni nei pazienti con cistite interstiziale M - Tromboembolismo
venoso sintomatico nei pazienti tumorali sottoposti a
chemioterapia N - Elevata
PCR, maggiore rischio di ipertensione O - Un
farmaco contro l’antrace P - Un
modello cellulare per il Parkinson Q -
La
corretta prescrizione dei farmaci – Sintesi aggiornata a febbraio 2004
(Di Marco
Venuti)
I CASI CLINICI DEL DOTT. CRETINETTI (di
Giuseppe Ressa) R - N.
11: Quelle strane coliche renali
APPROFONDIMENTI
AA1 - Elettrosmog:
mito o realta'? (Di Luca
Puccetti)
MEDICINA
LEGALE E NORMATIVA SANITARIA Rubrica gestita da D. Z. per
l'ASMLUC: Associazione Specialisti in Medicina Legale Università
Cattolica
ML1 - Privacy:
Aboliti alcuni obblighi di notifica (Daniele Zamperini)
ML2 - Omissione
di atti d' ufficio: i parametri della Cassazione per il medico
pubblico (sentenza Cassazione)
ML3 - Concetto
di attività esclusiva ed esercizio abusivo della professione
ML4 - News
prescrittive (dalla Gazzetta Ufficiale, a cura di Marco Venuti)
ML5 - Le
novita' della legge (Marco
Venuti)
PILLOLE
A - L' Uso di antibiotici
per lunghi periodi è correlato con il rischio di insorgenza del carcinoma
mammario L’uso di antibiotici può essere
associato al rischio di carcinoma mammario a causa degli effetti sulla
funzione immunitaria, sull’infiammazione e sul metabolismo degli estrogeni
e dei fitochimici. Tuttavia, i dati clinici riguardo a questa relazione
sono scarsi. Lo scopo dei Ricercatori è stato quello di esaminare la
correlazione che intercorre tra l’uso di antibiotici ed il rischio di
insorgenza di carcinoma mammario. Lo studio caso-controllo ha coinvolto
2266 donne di età superiore ai 19 anni, con carcinoma mammario invasivo,
primario. I casi sono stati selezionati dal Surveillance, Epidemiology
and End Results Cancer Registry. E’stata osservata una relazione tra
durata della terapia antibiotica ed incremento del rischio di incidenza di
carcinoma mammario. Un uso di antibiotici compreso tra 1 e 50 giorni
era associato ad un odds ratio ( OR ) di insorgenza di carcinoma mammario
1,45 , mentre tra i 501 ed i 1000 giorni l’OR saliva a 2,14. L’aumento
del rischio è stato riscontrato per tutte le classi di antibiotici
studiati. Tra le donne con più alti livelli di tetracicline o impiego
di macrolidi, quelle che facevano uso di antibiotici esclusivamente per
acne o rosacea non presentavano un rischio di carcinoma mammario elevato
rispetto alle donne che invece impiegavano gli antibiotici esclusivamente
per il trattamento delle infezioni del tratto respiratorio ( OR= 0.91
). Questo studio non ha chiarito se l’uso di antibiotici è casualmente
correlato al tumore alla mammella o se la modalità d’uso, l’indebolimento
totale della funzione immunologica o altri fattori abbiano favorito una
predisposizione alla malattia. ( Xagena2004 ) JAMA 2004 ; 291:
827-835
B - Cellule staminali e
calvizie. Dopo aver individuato cellule staminali a lunga vita nei
follicoli piliferi dei topi, alcuni scienziati del Medical Center
dell’Università della Pennsylvania sostengono di essere in grado di
identificare le stesse cellule negli esseri umani, il che potrebbe portare
a una cura per la calvizie e forse per altri tipi di malattia. Secondo i
ricercatori, i follicoli piliferi dei topi contengono cellule staminali
adulte con la potenzialità di trasformarsi non solo in nuovi capelli ma
anche in altri tipi di tessuto. Quando gli scienziati hanno trapiantato
le cellule nei topi, sono germogliati peli dove in precedenza non ve ne
erano. Un esame accurato ha permesso a George Cotsarelis e colleghi di
dimostrare che le cellule erano in effetti cellule staminali. In un
articolo pubblicato sul numero di aprile della rivista "Nature
Biotechnology", Cotsarelis spiega che nelle cellule staminali erano attivi
determinati geni che non lo erano in altri follicoli piliferi o cellule
della pelle. Farmaci in gradi di colpire questi geni negli esseri umani
potrebbero rappresentare un nuovo metodo per controllare la crescita dei
capelli. E il tracciamento dei geni consentirebbe di individuare le stesse
cellule negli umani. "Definendo questi marcatori molecolari - conclude
Cotsarelis - potremo isolare cellule staminali umane dai follicoli
piliferi". Il suo team aveva già mostrato qualche anno fa che i follicoli
umani contenevano cellule staminali, ma finora non si sapeva come
identificarle. www.lescienze.it
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C - Alcool e
gravidanza. Bere alcolici in grandi quantità durante la gravidanza
può provocare seri danni al bambino in fase di sviluppo. Ma una nuova
ricerca pubblicata sul numero di marzo della rivista "Alcoholism: Clinical
& Experimental Research", indica che anche una quantità minima o
moderata di bevande alcoliche può interferire con lo sviluppo
dell'apprendimento e la memoria del bambino fino all'adolescenza, in
particolare nel campo uditivo/verbale. "Sappiamo da tempo - spiega
Jennifer Wilford, psichiatra dell'Università di Pittsburgh e prima autrice
dello studio - che bere alcool in gravidanza può condurre a seri
deterioramenti nella crescita, nel comportamento e nelle funzioni
cognitive del bambino. Ma ora abbiamo scoperto che anche piccole quantità
di alcolici possono avere un impatto significativo sullo sviluppo del
bambino". I dati esaminati sono stati raccolti nell'ambito del Maternal
Health Practices and Child Development Project (MHPCD), uno studio
longitudinale di 580 bambini e delle loro madri. Il progetto esamina gli
effetti dell'esposizione prenatale ad alcool, marijuana, tabacco e altre
droghe, sulla crescita, il comportamento e lo sviluppo cognitivo della
prole. I ricercatori hanno preso in considerazione lo stato demografico,
le caratteristiche psicosociali materne, l'ambiente casalingo e l'uso
delle sostanze a diversi
intervalli. www.lescienze.it
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D - L’uso di antibiotici
potrebbe essere correlato allo sviluppo della malattia di Crohn Da
alcuni dati osservazionali è emerso che l’uso di antibiotici possa
rappresentare un fattore di rischio per l’insorgenza della malattia di
Crohn. Questi dati , tuttavia , sono stati ottenuti attraverso
questionari ed hanno valore scientifico limitato. Lo scopo della
ricerca è stato quello di valutare la relazione tra impiego di antibiotici
e malattia di Crohn con dati raccolti in modo prospettico. La selezione
dei casi di malattia di Crohn è avvenuta consultando il General Practice
Research Database.L’analisi è stata effettuata su 587 pazienti con
malattia di Crohn e 1460 controlli. Il 71% dei pazienti con malattia di
Crohn aveva fatto uso di antibiotici 2-5 anni prima della diagnosi contro
il 58% dei controlli. L’odds ratio ( OR ) , aggiustato , è risultato pari
a 1.32. Una relazione simile a quella con gli antibiotici è stata anche
trovata con i contraccettivi orali, con i farmaci cardiovascolari e con i
farmaci neurologici. Gli Autori hanno trovato un’associazione
statisticamente significativa tra la malattia di Crohn ed il precedente
impiego di antibiotici. Gut 2004;53:246-250
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E - Alterata attività
mitocondriale nella prole insulino-resistente di pazienti affetti da
diabete di tipo 2 La resistenza all’insulina sembra essere il
miglior predittore per lo sviluppo di diabete nei bambini dei pazienti con
diabete di tipo 2, ma non è noto il meccanismo che ne sta alla base. E’
stato eseguito un clamp euglicemico-iperinsulinemico in associazione ad
infusioni di glucosio marcato nella prole , sana , giovane , magra ,
insulino-resistente di pazienti affetti da diabete di tipo 2. La
percentuale di glucosio insulina-stimolato assunta dai muscoli è stata
approssimativamente più bassa del 60% nei soggetti insulina-resistenti
rispetto ai controlli insulina-sensibili ( P <0.001 ).Tale variazione
era associata ad un aumento di circa l’80% del contenuto lipidico
intramiocellulare.L’aumento del contenuto lipidico intramiocellulare è
stato attribuito ad una disfunzione mitocondriale. A livello mitocondriale
è stata osservata una riduzione del 30% della fosforilazione .I dati
emersi dallo studio confermano l’ipotesi che la resistenza all’insulina a
livello del muscolo scheletrico nella prole insulina-resistente di
pazienti con diabete di tipo 2 sia correlata ad una disfunzione del
metabolismo intramiocellulare degli acidi grassi, probabilmente a causa di
un difetto ereditario nella fosforilazione ossidativa mitocondriale.
N Engl J Med 2004; 350:664-671
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F - Il Campylobacter jejuni
è associato alla malattia immunoproliferativa dell’intestino
tenue. La malattia immunoproliferativa dell’intestino tenue è nota
anche come malattia dell’alfa catena , ed è una forma di linfoma che
insorge a livello del tessuto linfoide, associato alla mucosa intestinale
del tratto tenue. La malattia, allo stadio iniziale, risponde al
trattamento antibiotico, suggerendo un’origine batterica. Attraverso
studi di biologia molecolare e di tipo immunochimico, è stato cercato
l’agente responsabile su campioni di biopsie intestinali, provenienti da
un paziente che presentava la patologia e che aveva dato una risposta
negativa al trattamento antibiotico. E’ stata individuata la presenza
di Campylobacter jejuni. Una successiva analisi retrospettiva su
campioni conservati di biopsie intestinali ha rivelato specie di
Campylobacter in altri pazienti, affetti da tale malattia. Questi
risultati dimostrano che Campylobacter e la malattia immunoproliferativa
dell’intestino tenue sono correlati. N Engl J Med 2004;
350:239
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G - Il sovrappeso puo' causare
fallimento della contraccezione orale I Ricercatori del
Department of Epidemiology dell’Università di Washington a Seattle hanno
compiuto un’analisi retrospettiva per verificare l’ipotesi che un elevato
peso corporeo possa aumentare il rischio di fallimento della
contraccezione orale. L’analisi di coorte è stata eseguita
selezionando in modo causale 755 donne che nel periodo 1990-1994 erano
state sottoposte ad un’intervista ed avevano compilato un questionario
riguardante la dieta seguita, nell’ambito di uno studio caso-controllo
sulle cisti ovariche. Tra le 2.822 persone-anno di uso della pillola
contraccettiva, si sono avute 106 gravidanze (3,8 per 100 persone-anno di
esposizione). All’analisi le donne con peso uguale a 70,5 kg o
superiore presentavano un aumentato rischio di fallimento della
contraccezione orale (RR 1,6, 95%CI, da 1,1 a 2,4) rispetto alle donne con
peso corporeo inferiore. Il rischio maggiore di fallimento
dell’effetto contraccettivo è risultato essere associato ad un elevato
peso corporeo e all’uso di contraccettivi a bassissimo dosaggio ( RR 4,5,
95%CI, da 1,4 a 14,4 ) e a basso dosaggio ( RR 2,6, 95% CI, da 1,2 a 5,9
). Da questa analisi si evince che il peso corporeo può influenzare il
metabolismo in modo da compromettere l’efficacia contraccettiva.
Obstet Gynecol 2002; 39: 820-827 Torna
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H - Aumentato rischio di
linfoma non-Hodgkin nelle donne che hanno fatto uso prima del 1980 dei
prodotti per la colorazione dei capelli Uno studio è stato
effettuato nel Connecticut tra il 1996 e il 2002 allo scopo di verificare
l’ipotesi che l’uso di prodotti per la colorazione dei capelli durante la
vita aumentasse il rischio di insorgenza di linfoma non-Hodgkin. Nel
corso del periodo di osservazione sono stati osservati 601 casi di linfoma
non-Hodgkin. E’ stato riscontrato un aumento del rischio di insorgenza
di linfoma non-Hodgkin tra le donne che avevano fatto uso di prodotti per
la colorazione dei capelli , prima del 1980 ( odds ratio, OR= 1.3
). L’OR è stato 2.1 per quelle donne che hanno usato tinture permanenti
per capelli più scure, per un periodo superiore ai 25 anni , e 1.7 per
quelle donne che hanno fatto più di 200 trattamenti. Non è stato invece
riscontrato un aumento del rischio di linfoma non-Hodgkin tra le donne che
hanno iniziato a fare uso di coloranti per capelli dopo il 1980. Non è
chiaro il motivo per cui l’aumento del rischio di insorgenza del linfoma
non-Hdgkin sia stato riscontrato solo tra le donne che hanno iniziato ad
usare tinture per capelli prima del 1980. Studi futuri sono volti a
mostrare se tale correlazione abbia un riscontro nel cambiamento dei
contenuti delle tinture durante gli ultimi 20 anni , o se le donne che ne
hanno fatto uso di recente, siano ancora nel loro periodo di induzione e
di latenza. Am J Epidemiol 2004; 159:148-154.
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I - Induzione dell’ovulazione
con elettrocauterio nelle donne con ovaio policistico e resistenza al
Clomifene Ricercatori del Department of Obstetrics and Gynaecology
dell’Academic Medical Centre di Amsterdam hanno confrontato l’efficacia
dell’induzione dell’ovulazione con una strategia basata
sull’elettrocauterio , o con l’ormone stimolante il follicolo ,
ricombinante ( rFSH ), nelle pazienti con sindrome dell’ovaio
policistico.La sindrome dell’ovaio policistico è caratterizzata da
oligomenorrea o amenorrea, infertilità, irsutismo, acne, cisti
ovariche. La sindrome colpisce il 4-9% delle donne in età
fertile. Il farmaco di prima scelta per indurre l’ovulazione è il
Clomifene, ma in circa il 20% dei casi la terapia non produce effetto.
Nelle pazienti resistenti al Clomifene vengono impiegate le
gonadotropine. Più recentemente è stata proposta la strategia con
elettrocauterio per via laparoscopica. Il principale svantaggio della
strategia con elettrocauterio è rappresentato dalla necessità di
intervento chirurgico sotto anestesia generale. In mancanza di
ovulazione dopo elettrocauterio ed assunzione del Clomifene, le pazienti
possono essere trattate con gonadotropine, prima di procedere alla
procedura di fertilizzazione in vitro e del trasferimento dell’embrione (
embryo transfer ). Un totale di 168 pazienti consecutive hanno preso
parte allo studio; 83 sono state allocate alla strategia con
elettrocauterio, mentre 85 al trattamento con l’ormone stimolante il
follicolo. Il 54% ( 45/83 ) dei pazienti del gruppo elettrocauterio
hanno presentato anovulazione persistente o cicli anovulatori e sono stati
trattati con Clomifene; il 47% ( 21/45 ) di questi ha successivamente
ricevuto rFSH. A 12 mesi la percentuale cumulativa di gravidanza dopo
trattamento con l’ormone stimolante il follicolo è stata del 67%, mentre è
stata del 34% con il solo elettrocauterio. Nel gruppo allocato alla
strategia con elettrocauterio la percentuale è aumentata al 49% dopo
Clomifene e al 67% dopo rFSH. A 6 mesi il trattamento con gonadotropine è
risultato più efficace della strategia con elettrocauterio, ma a 12 mesi
non si sono osservate differenze. Secondo gli Autori le gravidanze
multiple possono essere prevenute sottoponendo le donne
all’elettrocauterio e al trattamento con Clomifene prima di somministrare
l’ormone stimolante il follicolo. A differenza della strategia con
elettrocauterio , l’induzione dell’ovulazione con gonadotropine è una
procedura non invasiva, e certamente più sicura. BMJ 2004;
328:192
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L - Incidenza di malattie
autoimmuni nei pazienti con cistite interstiziale La cistite
interstiziale sembra essere associata a malattie autoimmuni come: lupus
eritematoso sistemico, sindrome di Sjiogren , malattie autoimmuni della
tiroide. L’obiettivo dello studio , eseguito presso il Dipartimento di
Urologia dello Sahlgrenska University Hospital di Goteborg in Svezia, è
stato quello di stimare l’incidenza di malattie autoimmuni associate alla
cistite interstiziale secondo i criteri del National Institute of
Arthritis, Diabetes , Digestive and Kidney Diseases / NIH . Hanno preso
parte allo studio 129 pazienti con cistite interstiziale classica e 93 con
cistite interstiziale non ulcerosa. L’allergia è risultata la più comune
condizione associata alla cistite interstiziale, interessando il 41% dei
pazienti con cistite interstiziale classica ed il 47% dei pazienti con
cistite interstiziale non-ulcerosa. L’artrite reumatoide era presente nel
13% dei pazienti con cistite classica e nel 4% di quelli con cistite
non-ulcerosa. La malattia infiammatoria dell’intestino non è stata
diagnosticata in nessuno dei pazienti con cistite interstiziale non
ulcerosa, mentre il 2,3% dei pazienti con cistite classica presentava
colite ulcerosa o malattia di Crohn. Da questo studio emerge che i
pazienti affetti da cistite interstiziale hanno una maggiore incidenza di
malattie autoimmuni rispetto alla popolazione generale. J Urol
Nephrol 2003 ; 37 :60-6
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M - Tromboembolismo venoso
sintomatico nei pazienti tumorali sottoposti a
chemioterapia L’esatta incidenza del tromboembolismo venoso nei
pazienti affetti da tumore non è nota. Il trattamento profilattico
trova indicazione nei pazienti con tumore da sottoporre ad intervento
chirurgico a causa dell’elevata incidenza di tromboembolismo
venoso. Uno studio retrospettivo ha valutato se anche i pazienti
sottoposti a chemioterapia necessitassero di un simile trattamento
profilattico. Sono state analizzate le cartelle cliniche di 206
pazienti con neoplasia , consecutivi, trattati con chemioterapia. Il
7.3% ( 15/206 )dei pazienti ha presentato tromboembolismo venoso durante o
entro 3 mesi dal trattamento chemioterapico. L’incidenza annuale è
stata del 10.9%. L’incidenza di tromboembolismo venoso si è dimostrata
particolarmente alta nel 19% dei pazienti con carcinoma colorettale ,
sottoposti ad una combinazione di Fluoruracile e Leucovorin. Arch
Intern Med 2004;164:190-194 Torna
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N - Elevata
PCR, maggiore rischio di ipertensione L’obiettivo dello
studio è stato quello di verificare se l’ipertensione di nuova diagnosi
fosse associata ai livelli della proteina C-reattiva ( CRP ) , un marker
di infiammazione sistemica. Sono state esaminate 20.525 donne,
partecipanti al Women’s Health Study , di età uguale o superiore ai 45
anni, che presentavano normali livelli pressori all’inizio dello studio (
pressione sistolica < 140 mmHg, pressione diastolica < 90 mmHg ,
nessuna storia di ipertensione o di trattamento antipertensivo ). Il
periodo osservazionale è stato di 7,8 anni. Nel corso del periodo di
follow-up , 5.365 donne hanno sviluppato ipertensione. E’ stata
osservata una relazione diretta tra l’aumento dei livelli di CRP ed il
rischio di sviluppare ipertensione. Le donne con livelli di CRP che
superavano i 3,5 mgL avevano un rischio relativo ( RR ) di 2,50.
JAMA 2003; 290:2945-2951
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O - Un farmaco contro
l’antrace Alcuni ricercatori dell'Università di Chicago hanno
scoperto che un medicinale approvato nel 2002 per la cura dell'epatite B
cronica può bloccare l'azione di una tossina dell'antrace. nell'edizione
online della rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences"
(PNAS), un team guidato da Wei-Jen Tang mostra come l'Adefovir dipivoxil
(commercializzato con il nome di Hepsera®) in vitro sia in grado di
ridurre con efficacia gli effetti del fattore edema, una delle due letali
tossine prodotte da Bacillus anthracis, il batterio
dell'antrace. "Queste tossine - spiega Tang - rendono estremamente
dannosa l'inalazione di antrace. Per la prima volta abbiamo un prodotto
clinicamente approvato che, almeno in colture di tessuti, sradica
completamente una delle due tossine. E lo fa in dosi non
tossiche". Nelle prime fasi dell'infezione da parte del microbo, il
fattore edema interferisce con la risposta immunitaria dell'ospite
consentendo al batterio di diffondersi, di moltiplicarsi e di produrre
altre tossine. Più tardi, il fattore edema causa forti danni ai tessuti,
compreso il rilascio di fluido nei polmoni e le lesioni necrotiche che
danno il nome alla malattia (dal greco anthrakos,
"carbone"). www.lescienze.it
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P - Un modello cellulare
per il Parkinson Per la prima volta alcuni scienziati
dell'Università della Virginia hanno modificato delle cellule in modo che
sviluppino le caratteristiche patologiche che si osservano nei neuroni dei
pazienti di Parkinson. La ricerca sui corpi di Lewy, minuscole sfere di
proteine danneggiate che si trovano solo nel cervello, scoperte più di
novant'anni fa, consentirà agli scienziati di avere d'ora in poi un
modello "in provetta" dei mutamenti patologici caratteristici del morbo di
Parkinson, e di usare questo modello cellulare per esperimenti che
potrebbero indicare il modo di trattare o di invertire gli effetti della
malattia. Lo studio è stato pubblicato sul numero di febbraio 2004 della
rivista "Journal of Neurochemistry". "Il modo miglior per studiare il
Parkinson - spiega Patricia Trimmer, principale autrice dello studio - è
attraverso un modello che replica le proprietà patologiche della malattia.
In precedenza l'unico metodo per studiare i corpi di Lewy era quello di
usare campioni di cervello di pazienti deceduti con Parkinson allo stato
avanzato. Questa sistema di coltura di cellule ci fornisce invece un nuovo
strumento, un modello patologico vivente". www.lescienze.it
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Q - La corretta
prescrizione dei farmaci – Sintesi della normativa aggiornata a febbraio
2004 (dott. Marco Venuti, con la collaborazione del dott.
Daniele Zamperini) In questa sede, data l' ampiezza del
problema, viene esposta solo una sintesi generale. Le normative
dettagliate sono riportate all' indirizzo: http://www.medicoeleggi.it/pillole/freeconsult.htm
Le regole di corretta prescrizione dei farmaci sono state
riscritte dal decreto legislativo 539 del 30 dicembre 1992 che individua
le seguenti tipologie:
farmaci soggetti a prescrizione medica
ripetibile, farmaci soggetti a prescrizione medica da rinnovare volta
per volta, farmaci soggetti a prescrizione medica speciale, farmaci
vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di
specialisti, farmaci utilizzabili esclusivamente in ambiente
ospedaliero o ad esso assimilabile, farmaci utilizzabili esclusivamente
dallo specialista, farmaci non soggetti a prescrizione
medica.
E’ il Ministero della salute che, tramite le autorizzazioni
all’immissione in commercio e le successive modifiche, stabilisce
l’appartenenza di un farmaco all’una o all’altra delle sopramenzionate
tipologie.
Quando si prescrivere un farmaco bisogna porre attenzione,
oltre al "regime di dispensazione al pubblico", anche alle seguenti
sezioni contemplate dalla scheda tecnica: "indicazione terapeutica" e
"posologia e modalità di somministrazione". Infatti, i farmaci possono
essere prescritti senza alcun ulteriore problema solo quando il loro
utilizzo sia conforme alla indicazione / posologia / modalità di
somministrazione contemplata in scheda tecnica; in tutti gli altri casi
bisogna adeguarsi alla normativa vigente (legge n. 94 dell’8 aprile
1998).
L’esistenza di un Sistema Sanitario Nazionale introduce
ulteriori norme legate alla possibilità di dispensazione gratuita dei
farmaci. Al riguardo, i farmaci vengono classificati in due classi:
classe A (rimborsabili dal SSN quando prescritti per una indicazione /
posologia / modalità di somministrazione contemplata in scheda tecnica e
in ottemperanza ad eventuali note CUF, talvolta multiprescrivibili) e
classe C (non rimborsabili dal SSN, con una sola eccezione, quella degli
invalidi di guerra). Il SSN non si dimentica però di altre condizioni
in cui la somministrazione di un farmaco potrebbe risultare risolutiva,
pur in situazioni ancora non ben studiate e standardizzate: sono stati
emanati, infatti, provvedimenti che cercano di regolarizzare l’utilizzo
di:
farmaci innovativi e sperimentali, medicinali
sottoposti a sperimentazione clinica, per un uso terapeutico, farmaci
esteri. preparati magistrali
La prescrizione di farmaci e la privacy del
paziente: nella ricetta di farmaci soggetti a prescrizione medica
ripetibile non bisogna più indicare le generalità del paziente, a meno che
il medico non le ritenga indispensabili. Per quanto alle ricette del
SSN, circa il problema dell' anonimizzazione, sono attese norme
attuative. Da non scordare, infine, tutta la problematica inerente il
doping: moltissimi sono i farmaci interessati. Una trattazione estesa
di questi argomenti è consultabile al seguente indirizzo web http://www.medicoeleggi.it/pillole/freeconsult.htm
dove l’argomento è esposto in maniera dettagliata e costantemente
aggiornato con la normativa più recente. Dott. Marco
Venuti
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I CASI CLINICI DEL DOTT.
CRETINETTI (del dott. Giuseppe
Ressa)
Il dottor Cretinetti è un medico che fa anamnesi
approssimative, esami obiettivi volanti, prescrive montagne di analisi ed
esami strumentali; il dottor Falchetto è il suo opposto: anamnesi ed esami
obiettivi maniacali, esami centellinati, scorciatoie diagnostiche
fulminanti; a volte cerca diagnosi rarissime lisciandone altre più
probabili e giuste; capita che Cretinetti e Falchetto coesistano
schizoidamente nella stessa persona. I casi Cretinetti non sono un
ennesimo irritante quiz e soprattutto non vogliono insegnare nulla a
nessuno, rimarcano solamente le QUATTRO regole auree del ben operare nella
professione, esse sono ineludibili, pena figuracce clamorose e danni a
volte irreparabili: 1) ANAMNESI 2) ESAME OBIETTIVO 3)
RAGIONAMENTO CLINICO 4) EVENTUALI SCORCIATOIE DIAGNOSTICHE Il medico
moderno ha, oltre ai sensi naturali, le "armi" diagnostiche fornitegli
dalla tecnologia, ma non deve mai dimenticare che non sono le macchine che
fanno le diagnosi ma il suo cervello. In caso contrario egli
assomiglierebbe a un soldato, fornito di equipaggiamento di prim’ordine,
che pero’ ha gli occhi bendati e spara a casaccio, prima o poi centra il
bersaglio, ma casualmente, mentre il buon diagnosta prende la mira e
colpisce il segno, le altre cartucce rimangono nel suo caricatore per le
prossime battaglie diagnostiche con risparmio di risorse e meno angosce
per il paziente.
R - Quelle strane coliche
renali
Il paziente e' un pimpante epicureo 50 enne che gode di ottima salute
salvo un'insufficienza venosa agli arti inferiori; nell'anamnesi familiare
si rilevano una forte familiarita' flebopatica e calcolotica
urinaria. Un giorno il paziente si reca, piegato in due dal dolore,
nello studio di Cretinetti il quale, sulla base ai sintomi e dei segni
clinici fa diagnosi di colica renale, mette in opera la terapia di
emergenza, da' i soliti consigli del caso e prescrive una Rx diretta
addome, un'ecografia renale e vescicale, un esame delle urine. Il
paziente scompare e si rifa' vivo dopo un mese, non ha fatto gli esami
diagnostici e accusa lo stesso dolore ma dall'altro lato, in piu' afferma
che "a causa del maledetto lavoro che mi tiene 12 ore in piedi" le gambe
sono sempre piu' gonfie; Cretinetti riprescrive la solita terapia piu'
diosmina, dice al paziente di fare questa benedetta ecografia che rileva
solo una dilatazione calicopielica bilaterale addebitata alle pregresse
coliche, si consiglia un' urografia che in paziente non
esegue. Contemporaneamente il malcapitato si reca anche da un suo
carissimo amico angiologo il quale consiglia senz'altro uno stripping
delle safene per l'insufficienza venosa ingravescente; subito dopo il
paziente torna da Cretinetti per riferire il tutto ed aggiunge che " mi si
sono gonfiate anche "le palle e il pisello", credo che sia dovuto al gran
"lavoro" sessuale che ho per le mani, speriamo non mi sia preso qualcosa
di brutto!!, mi fa fare il test per HIV ?". A questo punto una
lampadina si accende e una connessione diagnostica apre un nuovo scenario;
Cretinetti si trasforma in Falchetto e con due successivi esami
strumentali riesce a confermare il sospetto; a distanza di anni il
paziente e' vivo e piu' pimpante che mai.
Rx urografia: a sn
normale; a dx ritardo nell' eliminazione del mdc; nei radiogrammi tardivi
opacizzazione scarsa dell'uretere lombare fino all'apofisi trasversa L4-5
dove si interrompe la colonna, non calcoli.
Rx pielografia: vistosa calicopielectasia con stravaso del mdc,
regolare la parte prossimale dell'uretere mentre in corrispondenza
del tratto presacrale riduzione del calibro TC addome: in sede
perirenale dx falda ipodensa che nelle fasi tardive si opacizza con
marcato enhancement come per versamento urinoso; mediocalcinosi aortica
con diam max 2.7 cm ; quest'ultima, la cava, gli ureteri e le arterie
iliache comuni sono circondate da tessuto denso che mostra modesto
enhancement dopo mdc con piccole calcificazioni; uretere dx con
dilatazione fino a livello delle ultime lombari. Intervento chirurgico
per ureterolisi e rimozione parziale di tessuto fibroso che all'esame
istologico non dimostra atipie: diagnosi finale : FIBROSI
RETROPERITONEALE. Gli esami ematochimici non mostrarono nulla di
patologico in senso autoimmune. Dopo qualche mese la massa fibrosa
riaumento' di volume, fu iniziata una terapia con Nolvadex 20 mg x 2 per
12 mesi con quasi completa riduzione del tessuto fibroso. Il paziente sta
bene. Considerazioni: Quello che ha ingannato in questo caso e' il
fatto che il paziente avesse una forte familiarita' flebopatica e
calcolotica renale, ma non era quello il problema, e' possibile che la
fibrosi fosse iniziata anni prima dando una insuff. venosa agli arti inf.
, poi quando ha incarcerato gli ureteri e' scoppiato il finimondo; la
safenectomia bilaterale sarebbe stata inutile e dannosa.
Giuseppe Ressa
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APPROFONDIMENTI
AA1 -
Elettrosmog: mito o
realta'? (Di Luca Puccetti)
Cercherò di fornire un contributo per una
serena discussione, al riparo dagli eccessi polemici che spesso
contraddistinguono manifestazioni di cronaca che si fondano su un
atteggiamento che spesso rincorre mode e non si fonda su un convincimento
ponderato, ma su eccessi dialettici non sempre immuni da conflitti di
interesse o da strumentalizzazioni di partiti e movimenti. Prima di tutto
come cittadino, prima che come medico, sono preoccupato del fiorire di un
sentimento diffuso che permea sempre più la nostra società e che si
configura come una sfiducia, quasi aprioristica nei confronti delle
massime istituzioni scientifiche e sanitarie, spesso ignorate o derise e
talora demonizzate come Enti
asserviti al potere od a gruppi di interesse più o meno palesi.
La sfiducia verso queste Istituzioni è
particolarmente grave perché rischia di minare fin dalle fondamenta la
convivenza civile. Come potremo infatti stare tranquilli se L’Istituto
Superiore di Sanità, tanto per fare un esempio, l’Ente che addirittura
stabilisce se si può partire con una sperimentazione di un farmaco
nell’uomo, fosse, come viene talora dipinto, un portavoce di interessi di
parte, da screditare in quanto non allineato ai voleri delle mode dei
salotti più esoterici che contribuiscono ad alimentare ataviche paure
nelle folle ?
E veniamo allora allo specifico problema.
Un comitato di esperti nominato dal Governo Italiano nel febbraio del
2002 ha presentato un rapporto in cui si faceva presente che le
valutazioni nazionali ed internazionali di scienziati indipendenti sono
riconosciute dalla comunità scientifica come le più qualificate a fornire
informazioni attendibili e scientificamente sostenibili. Nel rapporto si
sostiene che i pareri individuali, anche quando forniti da scienziati, non
sono attendibili come quelli offerti da comitati multidisciplinari di
esperti. Gli stessi concetti sono stati espressi anche da
organizzazioni internazionali, consapevoli, ad esempio, che sono state
espresse opinioni personali presentate come parere di esperti.
Prima di tutto occorre distinguere nettamente
le conoscenze relative ai campi cosiddetti a bassa frequenza, come gli
elettrodotti, ma anche elettrodomestici, e quelle riguardanti i campi ad
alta frequenza, come televisione, radio, telefonia cellulare e
telecomunicazioni in genere. Per quanto riguarda il primo settore, si
è raggiunto un consenso. L'Agenzia internazionale per la ricerca sul
cancro (IARC), nel 2001, ha classificato i campi magnetici a bassa
frequenza come possibilmente cancerogeni per l'uomo. La conclusione è
basata su dati relativamente labili e la stessa IARC precisa che
l'espressione «possibilmente cancerogeno per l'uomo» significa che una
spiegazione in termini di causalità è credibile, ma non si può escludere
che altre siano le cause degli effetti osservati. Diverso è il caso
dei campi ad alta frequenza, su cui, anche se manca ancora un documento
formale dell'IARC, si è raggiunto un consenso della comunità scientifica
estremamente elevato, che indica, contrariamente alla percezione generale
dei cittadini, una totale assenza di evidenze di effetti nocivi.
L'Organizzazione mondiale della sanità, già nel 1998, affermava che in
base ad una propria valutazione e revisione dell'intero corpo della
letteratura scientifica, non vi fosse alcuna evidenza convincente che
l'esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza abbreviasse la
durata della vita umana né che inducesse o favorisse il cancro. Tale
valutazione riguarda tutti campi ad alta frequenza e, in modo particolare,
quelli della telefonia cellulare, su cui in anni recenti, successivamente
alla documentazione appena citata, sono stati pubblicati importanti lavori
scientifici, che hanno indicato una totale assenza di effetti tumorali.
L'Organizzazione mondiale della sanità ha ribadito il proprio parere e
l'Istituto svedese per la protezione dalle radiazioni, che ha fornito una
valutazione estremamente recente risalente al novembre 2002, sostiene che,
nel complesso, gli studi epidemiologici e di laboratorio abbiano escluso,
con ragionevole grado di certezza (si tratta di elementare prudenza
scientifica, non appartenendo la certezza alla scienza) che i telefoni
cellulari provochino il cancro, almeno per la durata d'uso fino a cinque
anni, quella fino ad oggi sperimentabile. Se ciò è vero per i telefoni
cellulari, ancora più nette sono le conclusioni per ciò che costituisce,
oggi, motivo di maggiore preoccupazione per i cittadini, cioè le stazioni
radio, le quali invece emettono minori radiazioni. Una commissione del
Parlamento francese ha pubblicato un ampio rapporto in cui si fa presente
che la maggior parte delle persone che si oppongono alle stazioni radio
base usano i telefoni cellulari e li lasciano usare ai propri bambini, non
comprendendo che, se esiste un rischio, esso è a livello di cellulari, che
provocano un'esposizione molto più elevata. Nel 1997 l'Istituto svedese
già citato sosteneva che le stazioni radio base non costituissero un
rischio per quanto riguarda la protezione dalle radiazioni. Nel 1999, in
Canada si sosteneva che non vi fosse alcun aumento coerente di rischio per
la salute, essendo le stazioni radio base d'intensità talmente bassa da
non lasciar prevedere effetti nocivi per la salute. Nel 2000 il
Consiglio sanitario nazionale dell'Olanda sosteneva che l'eventualità che
possano verificarsi effetti presso stazioni radio base è trascurabile. Nel
2000 il famoso rapporto Stewart concludeva che il complesso delle evidenze
indica che non vi sia alcun rischio per la popolazione che vive vicino a
stazione radio base. Infine, nel marzo 2003, l'Agenzia francese per la
sicurezza e la protezione ambientale sostiene le seguenti conclusioni:
l'esposizione della popolazione alle onde delle stazioni radio base non dà
luogo ad alcun rischio per la salute, confermando un precedente rapporto
del 2001. Si tratta di valutazioni che vanno dal 1997 al 2003. Nel
1996 l’Istituto superiore di Sanità
ha pubblicato un documento in cui si affermava che i risultati
della ricerca scientifica allora noti non suffragassero alcuna ipotesi di
effetti a lungo termine dei campi elettromagnetici.
Chiaramente
questi risultati non escludono la messa in atto, se si volesse, di misure
di prudenza e di precauzione. È importante che queste siano adottate con
equilibrio e saggezza e per questo la scienza e la tecnica possono dare il
loro contributo. Può essere il caso delle recenti antenne cosiddette
“intelligenti” od a schiere adattative che riducono l’intensità del
segnale dove non serve concentrandolo nel tempo e nello spazio laddove sia
necessario. In particolare
bisogna essere consapevoli, come sottolinea il rapporto della commissione
parlamentare francese, che reclamare l'allontanamento o l'eliminazione
delle stazioni radio base non può che aumentare l'esposizione tanto dei
telefoni cellulari quanto delle
stazioni radio base. È significativo in proposito quanto accaduto in
una scuola di Marsiglia, che aveva ottenuto lo smantellamento di
un'antenna installata sul suo edificio, ma ha constatato che il livello di
radiazioni misurate nel cortile era cresciuto in seguito a questa
operazione per l'aumento delle emissioni delle antenne vicine. In base
a questo la Francia ha abolito per le stazioni radio base il concetto dei
cosiddetti siti sensibili, perché non si vede una apparente
giustificazione per la specificità dei siti sensibili, essendo la
sensibilità legata alla percezione del rischio e non ad un rischio
sanitario identificato. La raccomandazione precedente, ossia di mantenere
le antenne lontane dai siti sensibili, che mirava a rassicurare, ha
sortito l'effetto opposto, aumentando le preoccupazioni. A fronte di
problemi ancora sul tappeto, in larga misura ipotetici, esiste un problema
reale di percezione del rischio con conseguenze sanitarie certe in termini
di stato di ansia, tensioni sociali e ciò che ne consegue per la salute.
Questo problema si collega strettamente con quello della corretta
comunicazione del rischio. Esiste dunque una percezione del rischio da
parte del pubblico, riconosciuta a livello internazionale, che è molto
diversa dalla valutazione che dello stesso dà la comunità scientifica.
L’evidenza scientifica di assoluta negazione di un effetto sulla
salute dei campi elettromagnetici ad alta frequenza è superiore
all'evidenza scientifica di molti altri settori. Ci sono migliaia di studi
che dimostrano che manca un effetto negativo sulla salute; non manca
l'evidenza scientifica e dire che essa è insufficiente significa affermare
il falso. Per quanto riguarda i campi a bassa frequenza un preliminare, ma
significativo calcolo, eseguito dalla Commissione nazionale italiana,
presieduta da un premio Nobel, aveva rilevato che se ci fosse
un'associazione con la leucemia, per esempio, si potrebbe correre il
rischio di avere un caso in più all'anno in tutto il paese. Qualsiasi
variazione del rischio difficilmente sarebbe misurabile in termini di
variazione di quel caso. L'effetto sulla salute probabilmente sarebbe
invisibile. Questo problema riveste tutta l'area dei campi magnetici.
Molti metodi epidemiologici di studio non sono adeguati a rilevare
fenomeni nel modo con cui sono presentati. Ad esempio vi sono studi di
mortalità in cui si rileva quanti morti di un determinato evento
patologico - come, ad esempio, di leucemia - vi sono in una certa area
geografica ed immediatamente li si mettono in relazione ad una misura di
campi elettromagnetici. Tali studi non forniscono mai la verità, perché,
metodologicamente, non hanno il potere statistico di rilevare l'effetto.
Perciò, alla fine, ciò che scaturisce da tali tipi di studi, mal condotti,
è il dubbio e non una risposta, positiva o negativa che sia.
Specialmente in Italia, nutriamo tanti dubbi, che sono quelli che
hanno alimentato tale falsa percezione di rischio che tutti gli studi
appropriatamente condotti e pubblicati dalla comunità scientifica negano.
Vi è una sorta di “fai da te” dell'attività di ricerca epidemiologica che,
specialmente in Italia, è in crescita. Qualsiasi regione, provincia o
comune acquisisce dati di mortalità, che oggi sono disponibili su
Internet, e afferma: «vi è un cluster di tumori nella mia area, poiché è
presente la fabbrica x, la stazione radio y o l'impianto z».
Ciò, purtroppo, sebbene non raggiunga mai un
livello di appropriatezza scientifica è più che sufficiente ad alimentare
una falsa percezione. È una percezione che trova basi filosofiche e
culturali nel «mistero» della radiazione. Che vi è di meglio del pensare
che onde invisibili facciano male alla salute? pensare che succeda lo stesso al
nostro cervello, in prossimità ad un telefonino o ad una stazione radio?
Vi è tale sorta di percezione, che oserei definire «magica», la quale non
ha nulla a che vedere con la scienza. Alcune regioni hanno legiferato
addirittura in assenza di quadri nazionali di riferimento
dettando criteri di precauzione notevolmente più alti di quelli suggeriti
a livello internazionale. Ciò anche grazie ad un uso distorto del
principio di precauzione che è la negazione della scienza. Quando non si
sa che affermare, si dice: «usiamo il principio di precauzione». Si tratta
di un'ipocrisia: si adottano decisioni, nonostante non vi sia l'evidenza
scientifica. Se le attività umane dovessero conformarsi al suddetto
principio l’uomo sarebbe ancora nelle caverne. Nessun sistema può
garantire l’assoluta innocuità di una nuova scoperta, tante sono le
variabili in gioco, le trasformazioni ambientali nel lungo periodo che
potrebbero verificarsi, dunque ciascuno è costretto ad accontentarsi delle
evidenze di sicurezza che vengono ritenute appropriate per minimizzare un
rischio, mai del tutto a priori eliminabile completamente, simulando uno
scenario di medio periodo. Di
fronte a noi si prospetta, invece, un mostro: si tratta proprio della
menzionata percezione, che determina numerosi problemi e richiede un
livello di comunicazione che, probabilmente, fino ad ora, non vi è stato.
In Italia è diffusa una cultura dell'inverosimile. I metodi usati in
Italia, e spesso, purtroppo, anche all'estero, sono originariamente
insufficienti a fornire risposte adeguate. Essi portano conseguentemente
al sorgere di dubbi. È esattamente ciò che non si deve fare...
In Italia abbiamo coniato parole non esistenti nel vocabolario
di altri paesi, come "elettrosmog"! Quando la comunità scientifica
nazionale ed internazionale, nelle sue massime espressioni, esprimerà un
giudizio diverso saremo i primi a prenderne atto. Quindi lungi da noi ogni
preconcetto a favore o contro, ma solo un radicato convincimento a favore
del valore del metodo scientifico e la più ferma determinazione a
sostenere la strutturazione libera, partecipata e interdisciplinare del
sapere.
Luca Puccetti, pubblicato su
http://utenti.lycos.it/PromedGalileo/index.html
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MEDICINA LEGALE E NORMATIVA SANITARIA
Rubrica gestita da D.Z. per ASMLUC: Associazione Specialisti in
Medicina Legale
Università Cattolica
ML1 - Privacy:
Aboliti alcuni obblighi di notifica
E' stata pubblicata, sulla G. U. n. 81
del 6/4/2004 la "DELIBERAZIONE n. 1 del Garante del
31 marzo 2004 "Casi da sottrarre
all'obbligo di notificazione al Garante". In essa viene ribadito
ufficialmente quanto preannunciato ufficiosamente nel corso di alcune
conferenze stampa: non sono soggette all' obbligo di notifica (con tutte
le conseguenze burocratiche ed economiche) alcune incombenze tipiche dei
Medici di Famiglia, anche se riguardanti alcuni settori (come il
trattamento dei dati genetici e quelli necessari a scopo di trapianto o
donazione di organo) in cui era prevista l' obbligatorieta' della
procedura. In una prossima occasione provvederemo ad un commento
dettagliato della deliberazione; per il momento e' utile sapere che
vengono esentati dall' obbligo di notifica i trattamenti "non sistematici"
qualora necessari per lo svolgimenti dei compiti primari, di assistenza e
cura. L' obbligo resterebbe, quindi, per le banche dati finalizzate
proprio alla loro raccolta. Percio', per il momento, i Medici
di Famiglia devono astenersi, per la loro attivita', da effettuare
comunicazioni al Garante. Daniele Zamperini
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ML2 -
Omissione di atti d' ufficio: i parametri della
Cassazione per il medico pubblico (sentenza Corte di cassazione 10
ottobre 2000 n. 10538.)
"Ai fini della sussistenza del rifiuto di atti
d'ufficio (articolo 328, comma 1, del codice penale) non è necessaria la
presenza di una esplicita richiesta d'intervento o di una sollecitazione
esterna: è sufficiente la sopravvenienza di uno dei presupposti che
richiedono l'intervento del pubblico ufficiale".
I FATTI:
Un medico, in servizio di reperibilità presso il reparto di ostetricia
e ginecologia di una struttura sanitaria pubblica, nonostante fosse stato
ripetutamente sollecitato in tal senso dall'ostetrica di turno, aveva
omesso di recarsi prontamente presso il reparto per visitare e soccorrere
una paziente in stato di gravidanza, ricoverata in via di urgenza per
minaccia di aborto. Situazioni simili, inerenti il reato di rifiuto di
atti d'ufficio, hanno avuto, in passato, difformi interpretazioni
giurisprudenziali, per cui la Corte ha ritenuto di dover portare dei
chiarimenti. La prima questione riguardava il significato da attribuire
al termine "rifiuto": se cioè questo possa essere ravvisato solo in
conseguenza di un'esplicita richiesta di intervento ovvero se sia
sufficiente un "oggettivo" dovere di intervento, anche senza richiesta o
sollecitazione esplicita. La Corte di cassazione ha adottato questa
seconda interpretazione: anche se il termine "rifiuto", utilizzato nel
comma 1 dell'articolo 328 del codice penale, sembrerebbe implicare un
atteggiamento di diniego a una richiesta di adempimento rimasta
insoddisfatta, il rilievo dato dalla norma all'oggettiva impellenza di
determinati interventi ("indebitamente rifiuta un atto... che deve essere
compiuto senza ritardo") induce a credere che la sollecitazione stessa
possa essere costituita, anche in mancanza di richiesta esplicita,
dall'evidente sopravvenienza di situazioni che richiedano oggettivamente
un intervento. In questo senso di fronte di un'urgenza oggettiva,
l'inerzia omissiva del medico viene ad assumere valenza di rifiuto da
parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio.
Il rifiuto preso in considerazione dall'articolo 328 del Cp non è,
quindi, necessariamente correlato a una previa richiesta, ma è da
intendere quale atteggiamento, anche implicito, di negazione consapevole.
L'altra questione, riguarda il fatto che "rifiuto" riguardi un "atto
dovuto", in considerazione dell' ampia discrezionalita' riconosciuta in
materia sanitaria. Infatti il rifiuto di un intervento non comporta
automaticamente il compimento del reato, in quanto il sanitario dispone di
una possibilita' di valutazione discrezionale in ordine alla fattibilità
dell'intervento. Inoltre occorre valutare se il rifiuto sia dipeso da
colpa professionale (errore diagnostico) in quanto proprio tale errore di
giudizio, se accertato, implica il venir meno del dolo richiesto per il
reato di rifiuto di atti d'ufficio. Questo "rifiuto", perche'
sanzionabile, deve essere "illegittimo", sotto l' aspetto oggettivo della
doverosità e indifferibilità della prestazione rifiutata e, sotto il
profilo soggettivo, all'accertata consapevolezza del soggetto di rifiutare
un atto del proprio ufficio violando una norma comportamentale imperativa,
di rango costituzionale e comunque primario. La valutazione della
doverosità dell'intervento va effettuata, senza trascurare la peculiarità
del singolo caso, in base alle indicazioni ricavabili dalla normativa
relativa (per il medico in servizio di reperibilità:'art. 25 del DPR 25
giugno 1983 n. 348; per il medico di guardia: art. 13 del DPR 25 gennaio
1991 n. 41), e dai criteri generali della condotta medica. La
Cassazione, in definitiva, non ha voluto sanzionare nel merito una scelta
terapeutica, bensì il comportamento omissivo del medico che, benché in
servizio di reperibilità e benché sollecitato telefonicamente da altra
operatrice sanitaria, aveva scientemente omesso (cioè rifiutato) di
compiere quanto impostogli dal suo ufficio: cioè recarsi nel reparto e
visitare la donna.
Non e' facile, per il Medico, poter valutare preventivamente la
liceita' (o meno) di un suo comportamento, stante le pronunce non sempre
concordanti della giurisprudenza. E' bene comunque riassumere
brevemente alcuni concetti.
Il medico deve rispettare due serie di obblighi:
-
Un obbligo "generale" derivante dalla sua condizione,
appunto, di medico, a cui lo Stato ha affidato, in esclusiva, la tutela
di un bene fondamentale e costituzionalmente rilevante, quale la salute.
Il medico, in quanto tale, ha quindi l' obbligo di prestare la sua opera
verso tutti i cittadini in tutti i casi in cui questa sia indispensabile
per motivi di necessita' o emergenza. Questo obbligo ha dei limiti, che
sono stati ben rappresentati, ad esempio, nella sentenza della Cass.
Pen. sez. V n. 20480 del 24 maggio 2002, oggetto di altro articolo.
- Un "obbligo di ufficio" derivante da un suo eventuale ruolo all'
interno del SSN. Si tratta di una materia insidiosa, in quanto il
medico, abituato a valutare la necessita' del suo intervento in base a
parametri clinici, mal si adatta ad un ragionamento di tipo "legale". Si
verificano cosi' i casi (giunti alle cronache in piu' occasioni) di
medici condannati per aver omesso una visita che risulto' poi, all'
esame successivo, effettivamente non urgente o non necessaria, ma
obbligatoria a causa del ruolo di ufficio del medico stesso.
Le
categorie piu' colpite sono, naturalmente, i medici di guardia, sia
ospedalieri che territoriali.
Non e' possibile fornire direttive precise, vista anche l' ampia
discrezionalita', in materia, dei singoli magistrati. E' solo
consigliabile evitare il piu' possibile, qualora si rivestano certi ruoli,
contenziosi e liti con gli assistiti.
Altre sentenze in materia: - Cassazione, sezione VI penale, 21
giugno 1999 e 2 maggio 1995, entrambe relative a un medico di guardia che
aveva omesso di intervenire personalmente presso il domicilio di un
paziente in gravi condizioni. - Cassazione sezione VI penale, 26
aprile 1996, relativa a un medico in servizio di reperibilità, che aveva
omesso di recarsi a prestare la propria opera sebbene sollecitata per la
ritenuta necessità di un intervento.
Daniele Zamperini (pubblicato con alcune modifiche su
Corriere Medico 19/2/04)
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ML3 - Concetto
di attività esclusiva ed esercizio abusivo della professione
( Cassazione , sez. VI penale, sentenza 15.04.2003 n° 17921 )
Gli atti rilevanti ai fini della configurabilità del reato di cui
all'articolo 348 Cp (Abusivo esercizio di una professione) sono quelli
riservati in via esclusiva a soggetti dotati di speciale abilitazione e
cioè ai cosiddetti atti tipici, con esclusione delle attività
"relativamente libere", solo strumentalmente connesse a quelle
tipiche.
I Fatti: G.L., condannato per esercizio abusivo della professione
forense, ricorreva in cassazione sostenendo l' insussistenza del reato in
quanto la prestazione da lui effettuata (consulenza scritta in una materia
in cui egli era particolarmente esperto quale autore di pubblicazioni) non
sarebbe riservata alla professione forense, pur essendo alla stessa
connessa, ed era inoltre svolta occasionalmente, e non
continuativamente.
La Corte accoglieva il ricorso, in parziale dissenso con una precedente
pronuncia (sezione VI 1151/02), che aveva affermato (in contrasto con l'
orientamento prevalente) che l'ambito dell'attività riservata agli
esercenti una determinata professione comprende non soltanto gli atti
"tipici" della professione, ma può estendersi anche agli atti
"relativamente liberi", e cioè non esclusivi del professionista pur se
solitamente collegati alla sua attività tipica, che possono essere
compiuti anche da estranei soltanto a condizione che si tratti di attività
sporadica ed occasionale; per cui costituisce esercizio abusivo della
professione il compimento di atti del genere in forma continuativa ed
organizzata.
L' orientamento prevalente, sottolinea la Corte, circoscrive gli atti
rilevanti, ai fini della configurabilità del reato di cui all'articolo 348
Cp, alla sfera di quelli riservati in via esclusiva a soggetti dotati di
speciale abilitazione e cioè ai cosiddetti atti tipici, escludendo dal
novero delle attività esclusive quelle "relativamente libere", solo
strumentalmente connesse a quelle tipiche.
In ogni caso, comunque, l' occasionalita' della condotta prestata non
comporterebbe la configurazione del reato di cui all'articolo 348 Cp,
posto che anche a mente di essa è pur sempre necessario l'esercizio di una
attività sistematica e sia pure relativamente organizzata. Per questo
motivo la Corte annullava senza rinvio la sentenza di condanna.
[La sentenza riguarda in particolare la professione forense e
comportamenti ad essa connessi, pero' la sua motivazione puo' essere
estensibile a tutte le professioni: perche' si configuri il reato di cui
all'articolo 348 Cp (Esercizio abusivo di una professione) occorre che
vengano praticati da un soggetto non abilitato, con continuita', atti che
rientrano tra quelli riservati in via esclusiva ai soli soggetti
abilitati. Questi sono i cosiddetti "atti tipici", con esclusione delle
attività "relativamente libere", solo strumentalmente connesse a quelle
tipiche.] Daniele Zamperini
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ML4 -
News prescrittive (dalla Gazzetta Ufficiale, a cura di Marco
Venuti)
Azitrocin - Nei bambini, nel trattamento della
faringite streptococcica, la posologia è stata aumentata a 20 mg/kg (fino
ad ora erano 10 mg/kg), sempre in unica somministrazione giornaliera e
sempre per la durata di 3 giorni.
Depakin - Sono state estese le indicazioni
terapeutiche. Le nuove indicazioni terapeutiche sono: epilessia
generalizzata, in particolare in attacchi di tipo: assenza, mioclonico,
tonico-clonico, atonico, misto; epilessia parziale: semplice o
complessa; secondariamente generalizzata. sindromi specifiche (West,
Lennox-Gestauf); trattamento e prevenzione della mania correlata ai
disturbi bipolari, relativamente alle confezioni "Chrono 500 mg" e "Chrono
300 mg" compresse a rilascio prolungato.
Colpogyn - Sono state modificate le indicazioni
terapeutiche. Le nuove indicazioni sono: trattamento a livello
vulvo-cervico-vaginale (vaginiti e vulvo-vaginiti senili, prurito vulvare,
ecc.) delle condizioni di carenza estrogenica; terapia pre e
post-operatoria in climaterio (interventi sulla vagina o per via
vaginale); profilassi delle esocerviciti erosive di incerta natura.
Atus , Fluixol, Tauxolo, Secretil, Muciclar, Fluibron,
Mucosolvan, Amobronc, Ambroxol RKG, Ambrotus - Per le fiale è
stata eliminata l'autorizzazione per uso intramuscolare e lasciata solo
quella per uso inalatorio; sono diventati farmaci non soggetti a
prescrizione medica.
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ML5 - LE NOVITA' DELLA
LEGGE (Di Marco Venuti)
PRINCIPALI NOVITÀ IN GAZZETTA UFFICIALE mese
di marzo - aprile 2004 |
La consultazione
dei documenti citati, come pubblicati in Gazzetta Ufficiale, è
fornita da "Medico & Leggi" di Marco Venuti: essa è libera fino
al giorno 22.05.2004. Per consultarli, cliccare qui |
DATA GU |
N° |
TIPO DI DOCUMENTO |
TITOLO |
DI CHE TRATTA? |
18.03.04 |
65 |
Ordinanza del
Ministero della salute 25.02.04 |
Misure urgenti
in materia di cellule staminali da cordone ombelicale |
......... |
31.03.04 |
76 |
Decreto-legge
n. 81 29.03.04 |
Interventi
urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute
pubblica |
......... |
06.04.04 |
81 |
Deliberazione
del Garante per la Protezione dei Dati Personali 31.03.04 |
Casi da
sottrarre all'obbligo di notificazione al Garante. (Deliberazione n.
1) |
......... |
Torna
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|