Il punto sulla terapia con
testosterone negli anziani: si ripete la storia degli estrogeni?
di Renato Rossi
In una recente pillola
abbiamo riferito di uno studio che suggerisce un ruolo del testosterone nel
ridurre il rischio di aterosclerosi carotidea.
Vale quindi la pena di fare
il punto sull'argomento.
Una ridotta produzione di
testosterone si verifica in circa il 30% degli uomini dopo i 55 anni ed è
associata ad una riduzione della massa muscolare, della densità ossea,
della libido.
Sintomi da carenza testosteronica possono essere anoressia, affaticabilità e
irritabilità, depressione.
La somministrazione di testosterone potrebbe, in alcuni casi, migliorare la
densità minerale ossea e ridurre il rischio di frattura. Per contro si teme che
una terapia dei questo tipo possa aumentare l'incidenza di patologie
prostatiche [1].
Uno studio suggerisce che le concentrazioni di testosterone libero sono ridotte
negli uomini che sviluppano una demenza di Alzheimer e che tale riduzione
avviene prima della diagnosi. Non è noto però se livelli più elevati di
testosterone offrano una qualche protezione contro la malattia [2].
Sicuramente la somministrazione esogena di testosterone può essere attraente
per alcuni soggetti e forse anche per i medici tuttavia per ora non ci sono
prove che possa essere di una qualche utilità [3].
Soprattutto non dobbiamo correre il rischio di comportarci come per la terapia
ormonale sostitutiva che veniva ampiamente consigliata alle donne in menopausa
pur in assenza di studi clinici randomizzati e controllati fino a che il
recente studio WHI ha chiarito che la TOS ha un profilo di rischio che supera i
benefici.
Contrariamente a quanto avviene nella donna per gli estrogeni, la diminuzione
del testosterone si verifica gradualmente nel corso di parecchi anni: a 30 anni
la concentrazione media plasmatica di testosterone è di circa 600 ng/dL mentre
a 80 anni è di 400 ng/dL. Non è noto però se tale riduzione sia fisiologica
(nel qual caso potrebbe portare anche a benefici sulla salute) o patologica (e
quindi produrre danni come la diminuzione della densità ossea, della massa
muscolare, dell'energia fisica e della libido). In alcuni studi preliminari il
testosterone somministrato ad anziani ha portato ad un aumento della massa
magra, a una riduzione di quella grassa e a un modesto incremento della densità
minerale ossea. Però non sono chiari i benefici sulla forza muscolare e sulla
libido nè è noto se si abbia una riduzione delle fratture.
Non è nota neppure la sicurezza a lungo termine di tale terapia che potrebbe
aggravare o provocare patologie ormonodipendenti come l'ipertrofia o il cancro
prostatico.
Vi è quindi qualche spazio, attualmente, per un uso terapeutico del
testosterone? Forse si nei casi di ipogonadismo primitivo però i criteri per la
diagnosi dovrebbero essere, negli anziani, molto rigidi (testosterone totale
< 200 ng/dL in almeno tre determinazioni - meno affidabile il dosaggio
del testosterone libero - associato a concentrazioni elevate di LH).
I pazienti in terapia sostitutiva devono essere attentamente monitorati; per
ora sembra prudente limitarsi a mantenere la concentrazione di testosterone
attorno ai 300 ng/dL . Inoltre i pazienti, prima di iniziare il trattamento
dovrebbero essere screenati per patologia prostatica e successivamemnte seguiti
sotto questo aspetto.
In ogni caso si tratta di una terapia da valutare attentamente fino ache non
saranno disponibili nuovi dati sulla sua efficacia e sicurezza a lungo termine.
1. J Clin Endocrinol Metab 2004 Feb; 89:503-510
2.Neurology 2004 Jan 29; 62:188-193
3. N Engl J Med 2004 Jan 29; 350:440-442