Resistenza all’aspirina in oltre un
quarto dei pazienti
La resistenza all’aspirina risulta molto elevata nei pazienti che
assumono ASA per patologie cardiovascolari e aumenta il rischio di
eventi cardiovascolari.
La resistenza all’ASA è stata riscontrata nel 27% di 468 pazienti con
patologia ischemica. Sono i pazienti più anziani, quelli con valori
lipidemici elevati e quelli in trattamento con basse dosi di ASA i
pazienti maggiormente interessati dalla resistenza all’ASA. Pertanto
sono proprio i pazienti a maggior rischio di patologie cardiache quelli
in cui il farmaco antiaggregante vede venir meno la sua funzione
antritrombotica.
Nei pazienti trattati con dosi di 300 mg di ASA o più, non si è
osservato il fenomeno.
Pertanto è urgente mettere a punto un test di screening per valutare la
resistenza all'ASA per poter approntare terapie personalizzate ed
efficaci in tutti i pazienti
ACC 2005 Annual Scientific Sessions: Abstract 1043-126, presentato il 6
Marzo, 2005; abstract 868.7.
Commento di Luca Puccetti
L'ASA è il trattamento maggiormente utilizzato per la prevenzione
secondaria dell'ictus. Essa è utilizzata anche nei pazienti con
fibrillazione atriale considerati a basso rischio con buoni risultati (SPAF
III).[JAMA 1998; 279: 1273-1277] Da vari anni è stato segnalato il
problema della "resistenza" all'ASA.[Stroke 1994; 25:
2331-2336] Alcuni pazienti, infatti, trattati con ASA mostrano segni di
laboratorio di inadeguata inibizione della funzione piastrinica. In
certi pazienti questa resistenza si sviluppa alcuni mesi dopo l'inizio
del trattamento. Ci sono diversi possibili motivi per i quali l'aspirina
può non essere efficace: una scarsa compliance, un dosaggio inadeguato,
una prevalente attivazione piastrinica attraverso vie metaboliche non
bloccate dal farmaco, interferenze farmacologiche, polimorfismi delle
glicoproteine piastriniche ed un aumentato turnover piastrinico.[J Am
Coll Cardiol 2003; 41: 966-968] Il termine "resistenza
all'aspirina" è usato per indicare la sua incapacità di produrre
una risposta attesa in uno o più parametri di laboratorio che misurino
l'attivazione e l'aggregazione piastrinica. Fino al 50% dei pazienti
sono stati definiti "resistenti" in vari studi. Tuttavia le
definizioni di laboratorio sono variate in base al test prescelto e
nessuno studio ha in passato validato in maniera prospettica il test
convenzionale di aggregazione piastrinica come predittore indipendente
di successivi eventi vascolari. Gum e coll.[J Am Coll Cardiol 2003; 41:
961-965] hanno fornito la prima evidenza affidabile che la resistenza
all'aspirina, diagnosticata come la mancata soppressione
dell'aggregazione misurata con metodo ottico, correli con una mancata
responsività clinica confermatata (e non presunta). Seppur su una
casistica limitata di pazienti ad alto rischio, la resistenza
all'aspirina (presente in questo studio in un paziente su 20) dopo un
follow-up di due anni si associava ad un eccesso di 3,1 volte di eventi
vascolari gravi (4,1 volte dopo aggiustamento per altri fattori di
rischio). In questo studio i ricercatori del Queen Mary Hospital di Hong
Kong che hanno presentato questi dati all’American College of
Cardiology 2005 di Orlando, hanno evidenziato che la resistenza
all'aspirina nei pazienti più a rischio sarebbe molto diffusa. Alla
luce di questi dati, i prossimi studi dovranno rispondere a nuovi
quesiti: i risultati di questo studio sono generalizzabili?
la definizione di resistenza all'aspirina può essere considerata come
standardizzata, valida e affidabile?
quali sono le reali implicazioni terapeutiche di una diagnosi di
resistenza all'aspirina?
è necessario ed opportuno procedere ad uno screening per resistenza
all'ASA in tutti i soggetti che debbono assumerla o solo in alcuni
subsets di pazienti?
è possibile superare la resistenza aumentando la dose ed in quali
pazienti?