La responsabilita’ professionale dello psichiatra: un capitolo in evoluzione
Non sono frequenti le sentenze e i precedenti che riguardano comportamenti colposi del medico specialista in psichiatria, tuttavia esse non mancano del tutto e possono essere emblematiche di una tendenza "responsabilizzante" che, dopo aver interessato gli altri settori della medicina, si sta ora manifestando anche nel settore della psichiatria.
Il Tribunale di Como, nella sentenza n. 2831/00, depositata nel 9 Febbraio 2001, ha stabilito che rispondeva di omicidio colposo il medico psichiatra di una paziente affetta da una sindrome depressiva in quanto, dopo averne disposto il ricovero presso la Casa di Cura di cui egli era titolare, autorizzava la paziente ad uscire dalla Clinica in stato di diminuita custodia violando cosi’ un generico dovere di sorveglianza in seguito al quale si compiva il suicidio della paziente per defenestrazione. E’ da segnalare come la paziente fosse stata affidata ad una accompagnatrice volontaria., la quale era tuttavia priva di preparazione tecnica specifica, idonea a prevenire eventuali tendenze suicide della paziente.
Questa sentenza non e’ l’unica nel settore. Sono da ricordare altre sentenze sullo stesso argomento: - Tribunale di Bolzano, 9 Febbraio 1984, e’ stato ritenuto responsabile di omicidio colposo il medico di un reparto psichiatrico che aveva omesso di ordinare il ricovero di un ammalato poi suicidatosi.
- Corte D’Appello di Perugia, nel 9 Novembre 1984, veniva affermata la responsabilta’ penale per omicidio colposo del medico responsabile del Servizio di Igiene Mentale per aver omesso di proporre un Trattamento Sanitario Obbligatorio in regime di degenza ospedaliera e per essersi comunque astenuto dal prescrivere idonee misure terapeutiche alternative nei confronti di un paziente schizofrenico resosi responsabile due giorni dopo di un accoltellamento letale ai danni della madre.
- Cassazione Sez. I, 10 Giugno 1998 n. 11024, ha ritenuto responsabile di omicidio colposo il medico psichiatra che in presenza di gravi, preesistenti ed evidenti sintomi, non ha previsto, specie dopo l’insuccesso della protratta terapia antidepressiva la grave patologia del paziente.
Ci sono state del resto anche sentenze assolutorie:
- La Corte D’Appello di Bologna 1 Luglio 1975, ha escluso la responsabilita’ colposa dello psichiatra nel caso di suicidio di un ricoverato.
- La Cassazione Sez. IV, 5 Maggio 1987, ha escluso la responsabilita’ per omicidio colposo del responsabile di un Servizio di Igiene Mentale.
- Il Tribunale di Brindisi, 5 Ottobre 1989, ha stabilito che non rispondono di omicidio colposo i medici, gli infermieri e il direttore del Servizio di Salute Mentale nonche’ alti funzionari del Servizio che avevano omesso di adottare misure atte a impedire i ripetuti suicidi di pazienti ricoverati nel reparto di psichiatria.
- Viene riferita anche una sentenza della Corte d’Assise di Parma, 10 Novembre 1991, che ha assolto dall’imputazione di omicidio colposo il medico responsabile del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura degli Ospedali Riuniti di Parma che aveva omesso di avvisare la Forza Pubblica dell’arbitrario allontanamento dal reparto di un malato che, dopo qualche giorno, uccideva la propria moglie.
Di fronte a queste contraddittorie pronunce giurisprudenziali il medico puo’ trarre motivi di confusione e di incertezza in quanto non viene a trarne un chiaro indirizzo comportamentale.
E’ da sottolineare comunque come esista una evoluzione giurisprudenziale tendente a non tener piu’ conto dei canoni classici del rapporto di causalita’ materiale dimostrato, ma si riferisca a generici concetti di "aumento di rischio" attribuiti o attribuibili anche a comportamenti che non sono strettamente previsti come obbligatori o come altamente raccomandati dalla prassi clinica e dalla normativa in oggetto.
E’ stato obiettato infatti alla sentenza dal Tribunale di Como come esulasse dai principi classici del trattamento sanitario obbligatorio la possibilita’ di trattenere in regime di ricovero una persona che non dimostrasse al momento la necessita’ e l’urgenza di terapie psichiatriche, come anche esulasse l’obbligo di affidarla a persone di elevata qualifica professionale qualora non se ne ravvisasse al momento la necessita’.
Indipendentemente comunque dall’una o dall’altra ragione, questa incertezza normativa non puo’ che causare sconcerto negli operatori del settore e costituire argomento di ulteriore confusione e sfiducia.
("Rivista Italiana di Medicina Legale" n. 3- 2002 pag. 907 e seg.)