Screening
mammografico: il dibattito continua
Lo scorso anno una giornalista americana di 53 anni ad un meeting
oncologico tenutosi a Cambridge ha affermato di non aver ancoro eseguito una mammografia
perché pur avendo letto la letteratura sull'argomento e ascoltato esperti da entrambe i
lati dell'Atlantico non aveva ancora avuto una risposta certa circa l'utilità dello
sceening mammografico.
La giornalista in questione non è certo sola nella incertezza.La letteratura
sull'argomento fornisce ampia opportunità per dogmi e incertezze e può tranquillamente
essere interpretata per provare sia i benefici che i pericoli della mammografia .
Esiste una risposta chiara sulla efficacia della mammografia nel ridurre la mortalità?
Un articolo pubblicato su Lancet a marzo 2002 fornisce ulteriori informazioni.
Lennart Nystrom e collaboratori hanno presentato nell'articolo i dati di un trial svedese
randomizzato di 15,8 anni di durata.
I risultati dei trial inclusi erano stati già presentati individualmente ed usati in
meta-analisi sulla efficacia dello screening e citati nel rationale per il programma di
screening nazionale .Con le 247.010 donne arruolate questi trials forniscono un
eccezionale database con un follow up a lungo termine attraverso il quale valutare
l'efficacia di uno screening mammografico ad invito rispetto a un specifico interevento di
screening.
Gli esiti finali globali dei trials furono di 511 morti per ca della mammella su 1.864.770
donne /anno tra le donne invitate allo screening contro 584 morti per cancro della
mammella su 1.688.440 donne /anno tra i controlli.
Tradotto in termini statistici questi risultati evidenziano una riduzione significativa
della mortalità per ca mammario di circa il 21% (RR 0.79, CI 0.70-0.89).Nello studio
Nystrom e collaboratori evidenziano anche le dimensioni e le correlazioni con l'età dei
benefici dello screening sulla mortalità per ca mammario.
I benefici sono reali ma modesti. A dispetto della riduzione della mortalità per ca della
mammella , la mortalità complessiva( per tutte le cause) mostrò un rischio relativo pari
a 0.98 tra le donne invitate allo screening.
Questi dati possono aiutare il medico e la donna che negli ultimi anni sono stati
bombardati di messaggi in favore o contro la mammografia dai media e dai convegni
scientifici ?
Lo screening mammografico identifica tumori di piccole dimensioni parecchi anni prima che
esssi possano essere riscontrati alla palpazione. Clinici, statistici, economisti dei
sistemi sanitari, editors , e le maggiori riviste scientifiche sono d'accordo nel
riconoscere che la storia naturale del tumore del seno ci dice che il risultato in termini
di riduzione di mortalità può essere riconosciuto solo molti anni se non decadi dopo
l'inizio dello screening.
La conferma della stabile riduzione della mortalità dopo lungo tempo è forse il dato
più importante dello studio di Nystrom e collaboratori.
I critici dello screening allegano la paura, l'aumentato numero di diagnosi dei casi di ca
in situ, l'alto numero di falsi positivi, come prodotti pericolosi dello screening
.L'ultima rassegna condotta da Nystrom, invece , mostra differenti livelli di benefici
stratificati a seconda dei gruppi di età e di come i gruppi vengono definiti.
Per esempio il gruppo di età compreso tra 45 e 54 anni sembra avere il minor beneficio,
ma analizzando i dati con il tradizionale metodo a coorti (40-49; 50-59) il beneficio
della mammografia appare simile in tutti gruppi di età tra 40 e 74 anni.
Questo è il riflesso di una ridotta efficacia dello screening nel periodo della
perimenopausa dovuto ai mutamenti ormonali oppure è una semplice variazione statistica?
Dal 1990 abbiamo osservato una riduzione della mortalità per cancro della mammella vicina
al 30% Quanto questa riduzione è dovuta allo screening e alla diagnosi precoce e quanto
al miglioramento delle terapie?
Oggi non si sa se i benefici della terapia adiuvante e dello screening siano cumulativi e
pertanto sono necessari studi di analisi di popolazioni per discriminare gli effetti
relativi dello screening e della terapia.
Ma a quale conclusioni ci porta lo studio di Nystrom e quale risposta potremmo dare oggi
alla giornalista confusa citata all'inizio dell'articolo?
Sia la American Society for Clinical Oncology che il PDQ che dipendono dal National Cancer
Institute statunitense oggi guardano ancora allo screening mammografico. L'ultima analisi
dei trials svedesi ci rassicura che i dati dello studio svedese sono credibili e ci
permette di usarli per lo sviluppo di linee guida. I dati confermano che le donne che
godono buona salute, soprattutto nella fascia di età tra 55 e 69 anni, e quelle che sono
più attente al cancro del seno dovrebbero essere incoraggiate a sottoporsi allo screening
e dovrebbe essere loro offerta la possibilità di effettuare la mammografia almeno ogni 2
anni.
Il dibattito continua sul possibile effetto benefico dello screening per le donne più
giovani (quelle sotto i 50 anni)
The Lancet.Vol 359. March 16,2002